La prima volta è stato portato via dal ciclone Cleopatra, due anni fa, la seconda – in fretta e furia – distrutto dalle ruspe mandate dal Comune. L’immagine simbolo della Sardegna e dell’Italia di fronte all’emergenza delle alluvioni è il piccolo ponte sul rio Siligheddu. L’acqua non dimentica – dice un detto sardo – e così succede anche a Olbia, “esplosa” a suon di piani di risanamento, ben 17 negli anni del boom, tra fine anni Novanta e il 2007, sindaco berlusconiano Settimo Nizzi. Quartieri a rischio, cemento sugli alvei di torrenti, rigagnoli tombati che quando crescono ritrovano la propria strada, trascinando tutto. Per ricostruire quel ponte che collega Olbia a una strada provinciale sono stati spesi 80mila euro, subito dopo l’alluvione del 2013, quella della strage dei 19 morti. Soldi pubblici, arrivati da fondi straordinari della Protezione civile con il vincolo esclusivo del ripristino senza modifiche, come denuncia il sindaco Gianni Giovannelli (Pd).
Così, poco tempo dopo il disastro, si è proceduto alla riapertura al traffico. In altri due anni non è stata trovata un’alternativa, fino alle ore di paura del primo ottobre. Quando d’urgenza il ponte che faceva da tappo è stato buttato giù, di nuovo. Così si è evitata una terza esondazione di fila, anche se nelle case comunque l’acqua ai piani bassi ha raggiunto oltre un metro. Le famiglie colpite sono, e non è un caso, le stesse di due anni fa: le prime ad alzare la voce contro la burocrazia, contro chi ignora i meccanismi del territorio e di una città che si è espansa senza rispettarne gli equilibri. Nessuna vittima stavolta, per fortuna: scuole chiuse e massima allerta col codice rosso in tutta l’isola per due giorni, ma è ancora la Gallura l’area più devastata. In campo il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, punta il dito sui condoni, stessa linea del presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che ha parlato di “speculazione”.
Finito il lavoro degli operai, parte quello della Procura di Tempio Pausania che, per il momento, ha sequestrato tutti gli atti sul ripristino del ponte nel 2013. La memoria della strage di due anni fa si è fatta ora più fresca. I numeri fotografano, ma non bastano: 19 morti, alcuni bimbi, migliaia di sfollati, danni per 600 milioni di euro. Tra Arzachena e Olbia 13 delle vittime, le altre nell’Oristanese e nel Nuorese. Finora Cleopatra ha tenuto banco nelle aule della politica e in quelle dei tribunali. Nelle prime si fa il punto sui soldi in arrivo, o promessi; nelle seconde si contano gli indagati, spesso amministratori. E a Olbia è ancora tempo di compromessi urbanistici tra lo spettro degli espropri e la rivolta dei proprietari con edifici in zone a rischio.
Intanto si tiene d’occhio la contabilità dei fondi in arrivo da Roma: sulla carta 81 milioni e 200mila euro, quelli sbloccati dal Cipe sono 16. E nel pacchetto rientra anche un fondo da 12 milioni per le demolizioni. Serviranno in parte per la mitigazione del rischio idrogeologico: lavori attorno alla rete di rii che attraversa la città e va verso il mare. Per l’intreccio di morte e distruzione gli avvisi di garanzia sono arrivati a decine dalle Procura di Nuoro e Tempio Pausania. Il ponte diventato voragine, dove è morto un poliziotto di scorta a un’ambulanza, è un altro caso da manuale: oltre 40 indagati per disastro colposo. Ci sono amministratori, dirigenti del Genio civile e progettisti. Per i sindaci di Olbia e Arzachena Giannarelli e Alberto Ragnedda il pm ha chiesto il rinvio a giudizio, in un’inchiesta che vede coinvolti anche assessori e tecnici. E poi i privati, come i due operai Anas per omissione di soccorso, e la proprietaria del seminterrato dove è morta un’intera famiglia brasiliana.
Ambiente & Veleni
Alluvione Olbia, la città “esplosa” in 10 anni: cemento fin dentro i torrenti. Pronti 81 milioni per cantieri, solo 16 sbloccati
L'acqua non dimentica, dice un detto sardo. E il piccolo ponte sul rio Siligheddu diventa il simbolo dell'ennesima esondazione. E' la terza volta che si allaga tutto, ma questa volta almeno non ci sono vittime, anche se i danni colpiscono sempre le stesse famiglie. La Gallura resta l'area più a rischio dell'isola: Galletti denuncia i condoni, Pigliaru la speculazione. Intanto i sindaci di Olbia e Arzachena sono sotto inchiesta per il disastro del 2013
La prima volta è stato portato via dal ciclone Cleopatra, due anni fa, la seconda – in fretta e furia – distrutto dalle ruspe mandate dal Comune. L’immagine simbolo della Sardegna e dell’Italia di fronte all’emergenza delle alluvioni è il piccolo ponte sul rio Siligheddu. L’acqua non dimentica – dice un detto sardo – e così succede anche a Olbia, “esplosa” a suon di piani di risanamento, ben 17 negli anni del boom, tra fine anni Novanta e il 2007, sindaco berlusconiano Settimo Nizzi. Quartieri a rischio, cemento sugli alvei di torrenti, rigagnoli tombati che quando crescono ritrovano la propria strada, trascinando tutto. Per ricostruire quel ponte che collega Olbia a una strada provinciale sono stati spesi 80mila euro, subito dopo l’alluvione del 2013, quella della strage dei 19 morti. Soldi pubblici, arrivati da fondi straordinari della Protezione civile con il vincolo esclusivo del ripristino senza modifiche, come denuncia il sindaco Gianni Giovannelli (Pd).
Così, poco tempo dopo il disastro, si è proceduto alla riapertura al traffico. In altri due anni non è stata trovata un’alternativa, fino alle ore di paura del primo ottobre. Quando d’urgenza il ponte che faceva da tappo è stato buttato giù, di nuovo. Così si è evitata una terza esondazione di fila, anche se nelle case comunque l’acqua ai piani bassi ha raggiunto oltre un metro. Le famiglie colpite sono, e non è un caso, le stesse di due anni fa: le prime ad alzare la voce contro la burocrazia, contro chi ignora i meccanismi del territorio e di una città che si è espansa senza rispettarne gli equilibri. Nessuna vittima stavolta, per fortuna: scuole chiuse e massima allerta col codice rosso in tutta l’isola per due giorni, ma è ancora la Gallura l’area più devastata. In campo il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, punta il dito sui condoni, stessa linea del presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che ha parlato di “speculazione”.
Finito il lavoro degli operai, parte quello della Procura di Tempio Pausania che, per il momento, ha sequestrato tutti gli atti sul ripristino del ponte nel 2013. La memoria della strage di due anni fa si è fatta ora più fresca. I numeri fotografano, ma non bastano: 19 morti, alcuni bimbi, migliaia di sfollati, danni per 600 milioni di euro. Tra Arzachena e Olbia 13 delle vittime, le altre nell’Oristanese e nel Nuorese. Finora Cleopatra ha tenuto banco nelle aule della politica e in quelle dei tribunali. Nelle prime si fa il punto sui soldi in arrivo, o promessi; nelle seconde si contano gli indagati, spesso amministratori. E a Olbia è ancora tempo di compromessi urbanistici tra lo spettro degli espropri e la rivolta dei proprietari con edifici in zone a rischio.
Intanto si tiene d’occhio la contabilità dei fondi in arrivo da Roma: sulla carta 81 milioni e 200mila euro, quelli sbloccati dal Cipe sono 16. E nel pacchetto rientra anche un fondo da 12 milioni per le demolizioni. Serviranno in parte per la mitigazione del rischio idrogeologico: lavori attorno alla rete di rii che attraversa la città e va verso il mare. Per l’intreccio di morte e distruzione gli avvisi di garanzia sono arrivati a decine dalle Procura di Nuoro e Tempio Pausania. Il ponte diventato voragine, dove è morto un poliziotto di scorta a un’ambulanza, è un altro caso da manuale: oltre 40 indagati per disastro colposo. Ci sono amministratori, dirigenti del Genio civile e progettisti. Per i sindaci di Olbia e Arzachena Giannarelli e Alberto Ragnedda il pm ha chiesto il rinvio a giudizio, in un’inchiesta che vede coinvolti anche assessori e tecnici. E poi i privati, come i due operai Anas per omissione di soccorso, e la proprietaria del seminterrato dove è morta un’intera famiglia brasiliana.
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.