Comunione ai divorziati risposati in astinenza sessuale. Nessuna ingiusta discriminazione per i gay. No a contraccettivi, aborto, eutanasia e unioni civili. Non lascia spiragli la relazione introduttiva del Sinodo dei vescovi sulla famiglia affidata dal Papa al cardinale di Budapest Péter Erdö. Francesco, nel suo saluto iniziale, ha ribadito che il “Sinodo non è un parlamento, dove per raggiungere un consenso si patteggia, si negozia e si cerca un compromesso”.

Per Bergoglio, infatti, “l’unico metodo che possiamo seguire è quello di aprirsi allo Spirito Santo, affinché sia lui a guidarci e illuminarci, adottando una coraggiosa ‘parresia’, lo zelo apostolico e seguendo la dottrina con saggezza e franchezza per cercare il bene della Chiesa e delle famiglie e la suprema lex: la salvezza delle anime. Non è un convegno né un parlatorio dove ci si mette d’accordo, ma è un’espressione ecclesiale: è la Chiesa che cammina insieme per leggere la realtà con occhi di fede, secondo il cuore di Dio. Guardando al deposito della fede non come un museo da conservare ma una fonte viva dalla quale dissetarsi”. Davanti alle critiche alla stampa per il suo modo di seguire il Sinodo, il Papa ha voluto ringraziare “i giornalisti presenti in questo momento e quelli che ci seguono da lontano per la loro appassionata partecipazione e ammirevole attenzione”.

Dopo il coming out del teologo dell’ex Sant’Uffizio, monsignor Krzysztof Charamsa, subito allontanato dal Vaticano, le parole destinate a fare più rumore sono quelle sui gay. “Non esiste fondamento alcuno – si legge nella relazione generale – per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Si ribadisce che ogni persona va rispettata nella sua dignità indipendentemente dalla sua tendenza sessuale. È auspicabile che i programmi pastorali riservino una specifica attenzione alle famiglie in cui vivono persone con tendenze omossessuali ed a queste stesse persone. Invece, è del tutto inaccettabile che i pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”.

Sul fronte dei divorziati risposati si ribadisce che non è “il naufragio del primo matrimonio, ma la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’Eucarestia”. Ma viene indicata una “via penitenziale” rivolta a “quanti divorziati e risposati, per necessità dei figli o propria non interrompono la vita comune, ma che possono praticare in forza della grazia la continenza vivendo la loro relazione di aiuto reciproco e di amicizia. Questi fedeli potranno accedere anche ai sacramenti della penitenza e dell’Eucarestia evitando però di provocare scandalo”. La chiusura alle unioni civili e alla convivenza è netta: “Va tenuta presente la grande differenza istituzionale riguardo ai tribunali della Chiesa, nonché il rispetto speciale verso la legislazione degli Stati, che a volte può diventare critica, se le leggi dello Stato si staccano dalla verità del matrimonio secondo il disegno del creatore”.

Chiusura netta anche su contraccezione, aborto ed eutanasia. Si ribadisce, infatti “l’apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l’amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. È su questa base che può poggiare un adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile”. “Riguardo al dramma dell’aborto la Chiesa riafferma il carattere inviolabile della vita umana”. “Ugualmente la Chiesa riafferma il diritto alla morte naturale, evitando allo stesso tempo sia l’accanimento terapeutico che l’eutanasia”.

Nella sua relazione introduttiva il cardinale Erdö non ha mancato nemmeno di sottolineare che la “società dei consumi ha separato sessualità e procreazione. Anche questa è una delle cause della denatalità. A volte discende dalla povertà, in altri casi dalle difficoltà di doversi assumere delle responsabilità. Mentre in Paesi in via di sviluppo si riscontra lo sfruttamento e la violenza esercitati sul corpo delle donne e la fatica imposta loro anche durante la gravidanza, e spesso aborti e sterilizzazioni forzate, nonché conseguenze negative con pratiche legate con la procreazione, (per esempio affitto dell’utero e gameti), in altri Paesi il desiderio di avere un figlio a ogni costo non ha portato a relazioni più felici e solide”. Il porporato ha ricordato che “la così detta rivoluzione bio-tecnologica ha introdotto nuove possibilità di manipolare l’atto generativo rendendolo indipendente dalla relazione tra uomo e donna. In questo modo la vita umana e la genitorialità sono divenute realtà componibili e scomponibili, soggette prevalentemente alle scelte di singoli o di coppie”. In questo contesto di “immaturità affettiva”, per il relatore generale, si collocano anche “la pornografia e la commercializzazione del corpo favorita da un uso distorto di internet”.

Twitter: @FrancescoGrana

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