Gli aerei da guerra italiani potrebbero prendere parte ai bombardamenti della coalizione internazionale sui territori controllati dallo Stato Islamico in Iraq. La notizia, riportata dal Corriere della Sera, sancirebbe il primo vero intervento dell’Italia e, contemporaneamente, consentirebbe al governo di Matteo Renzi di evitare anche i possibili tagli al budget per la Difesa. “La seconda motivazione è quella che veramente spiega un possibile intervento militare italiano – spiega il generale Fabio Mini, generale in pensione, già comandante della missione Nato in Kosovo (Kfor) – in una coalizione si deve fare la propria parte, ma non ci metteremo a litigare con i grandi”.
Generale Mini, si è parlato della possibilità di raid italiani in Iraq. Potrebbe veramente accadere o si tratta di una manovra del governo per evitare i tagli alla Difesa?
“La seconda che ha detto, anche se non escluderei comunque un intervento italiano. Certo, la possibilità di evitare i tagli al budget è una motivazione importante, ma non credo sia l’unica. Quando si è parte di una coalizione militare internazionale, come l’Italia per la Siria e l’Iraq, non si può semplicemente farne parte e rimanere a guardare. Matteo Renzi questo lo sa, ma sa anche che chi interviene in una rissa tra elefanti rischia di rimanere schiacciato”.
Quindi?
“Quindi è possibile che l’Italia porti avanti dei raid aerei nei territori del Califfato, ma non lo farà in Siria, dove la situazione è più complessa, e nemmeno nelle zone dell’Iraq più problematiche, come il Kurdistan iracheno, vicino al confine con l’Iran, o le aree dove si trovano i pozzi petroliferi. Bombarderemo territori prettamente desertici, lanceremo bombe su qualche sasso”.
Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha dichiarato che la guerra in Siria “potrebbe evolvere in conflitto di portata globale”. E’ plausibile?
“No. Le parole di Tusk sono le cosiddette ‘fughe in avanti’ di chi non capisce o non ha esperienza di strategia politica e militare. I movimenti militari a cui stiamo assistendo non sono determinati da alcuna rottura politica tra le parti. Prima di arrivare alla guerra, i soggetti in gioco devono smettere di parlarsi e passare alle minacce. Qui nessuno ha smesso di parlare, lo abbiamo visto durante l’Assemblea Generale dell’Onu: nonostante le divergenze, i colloqui vanno avanti. C’è più collaborazione che antagonismo, non si sono ancora ‘sparati per sbaglio’”.
Dopo la violazione dello spazio aereo turco da parte degli aerei da guerra russi, però, il presidente Erdoğan ha dichiarato che “se la Russia perde un amico come la Turchia, con cui ha portato avanti molti affari, perderà molto”. Questa suona come una minaccia.
“Quella di Erdoğan non mi sembra una minaccia. Anzi, la vedo una dimostrazione di amicizia. Sta dicendo a Vladimir Putin ‘guarda che siamo amici, cerchiamo di rimanere in buoni rapporti’. Se avesse voluto minacciarlo avrebbe fatto partire ‘lo sparo per sbaglio’, visto che i russi gli hanno anche offerto l’occasione. Ma non lo ha fatto, non è stata presentata una nota di protesta diplomatica, l’ambasciata russa ad Ankara è ancora aperta e nessun diplomatico di Mosca è stato cacciato”.
Mosca però ha stravolto le carte in tavola: è intervenuta a sostegno di Assad, ha bombardato, oltre a Isis, le postazioni dei ribelli alleati degli occidentali e ha violato lo spazio aereo turco: sembra non essere consapevole di quale sia il limite?
“Questo, in effetti, è uno dei principali problemi. Nessuno, tantomeno gli Stati Uniti, ha detto alla Russia quali sono i limiti che non deve superare, quindi può agire in maniera relativamente indipendente. Mettere dei paletti vuol dire circoscrivere il raggio d’azione ma, allo stesso tempo, legittimare ogni azione rientri entro questo raggio. E questo Obama non può concederselo: legittimare un certo tipo di azione militare russa in Siria gli causerebbe grossi problemi interni, con l’opposizione, e non solo, che lo distruggerebbe, portandolo all’impeachment. Non mettendo paletti, la Casa Bianca di fatto permette ai russi di agire come meglio credono”.
Perché l’Occidente si è svegliato solo dopo l’intervento russo in Siria?
“Perché nessuno credeva che un intervento diretto di Mosca fosse possibile. Credo che la decisione di Putin di mandare l’esercito nel Paese sia il risultato di una grossa incomprensione tra lui e Obama. Questo perché non si parlano apertamente, ma cercano sempre di interpretare le intenzioni dell’altro attraverso i comportamenti. Credo, ad esempio, che un processo di transizione con Assad (presidente siriano, ndr) fosse una soluzione che poteva andare bene a tutte le parti in gioco. La Russia avrebbe svolto un ruolo da mediatore, come tra l’altro ha già fatto per gli accordi sul nucleare iraniano, per arrivare alla formazione di un nuovo governo senza il leader alauita. Obama questo non lo ha capito, come credo che Putin non abbia compreso che gli Usa potevano essere disposti a una transizione di questo tipo. Così si è arrivati a un’incomprensione che ha portato alla situazione attuale”.
Adesso che Usa e Russia si sono scontrate sul ruolo di Assad, crede che il presidente siriano abbia acquisito forza rispetto a qualche mese fa?
“No, questo non credo. Se pensiamo a Bashar Al Assad nei primi anni di conflitto vediamo un leader garante della sovranità nazionale. Oggi non è più così: il Paese è diviso e lui non è più in grado di offrire stabilità. Riguardo al ruolo futuro di Assad ho un’idea che non credo sia così peregrina. Penso che gli abbiano chiesto, e lui ci sta pensando, di proporsi come l’anti-Assad. Uno dei problemi degli Stati Uniti, ma anche della Russia, sarà quello di dialogare con le minoranze, soprattutto la comunità alauita di cui Assad è leader. Questa comunità, negli ultimi tempi, è stata colpita da diversi scandali, tanto da costringere lo stesso Assad a farne arrestare alcuni membri, compresi dei suoi familiari. Ecco, se il presidente siriano portasse avanti questa opera di pulizia e consegnasse nelle mani dell’Occidente una comunità unita, pulita e con la quale poter dialogare, allora avrebbe trovato il proprio ruolo nel processo di transizione”.
Quali sono allora le colpe dell’America e dell’Occidente in generale?
“L’errore più grande sulla Siria è stata la corsa al riconoscimento del Consiglio di Istanbul (il Consiglio Nazionale Siriano nato nel 2011, dopo le sommosse contro il regime di Assad, ndr) come il vero organo rappresentativo siriano. Il Cns ha ricevuto importanti finanziamenti e molti di quei soldi finivano nelle tasche di generali del Free Syrian Army che, abbiamo visto successivamente, era composto da diverse fazioni interne che si sono poi staccate. Molti di questi personaggi sono gli stessi appartenenti ai movimenti indipendentisti che, prima dello scoppio del conflitto, lo stesso Assad finanziava per cercare di mantenere dalla sua parte. Quando poi si è accorto di non poter competere con la valanga di denaro che arrivava dall’estero, ha cercato di mettere tutti in guardia dal pericolo che questi gruppi potevano rappresentare”.
Quindi si può fare un parallelo tra l’evolversi della situazione siriana e quella libica?
“Il parallelo è possibile. Tenendo conto che la comunità internazionale non riconosce più la legittimità del governo di Assad, in entrambi i casi siamo di fronte a una frammentazione interna del Paese, con numerose realtà che si fanno la guerra tra loro. In Libia, dopo la caduta di Muammar Gheddafi, si è assistito al fallito tentativo di normalizzazione attraverso la costituzione di un governo legittimo. Anche in questo caso si è portata avanti una ‘politica da bottegai’, nel senso che è emersa una mancanza di conoscenza della situazione che ha portato la comunità internazionale a dialogare solo con un numero ristretto di interlocutori, mentre non si è tenuto conto delle decine di fazioni pronte a farsi la guerra. Credo che i primi ad accorgersi dell’errore commesso siano stati proprio gli americani, dopo l’uccisione dell’ambasciatore Christopher Stevens a Bengasi”.
Twitter: @GianniRosini
Politica
Raid italiani in Iraq, Mini: “Lanceremo bombe su qualche sasso. E’ la strategia di Renzi per non tagliare fondi alla Difesa”
"L'Italia non interverrà nelle zone più problematiche - spiega l'ex comandante della missione Nato in Kosovo circa la possibile partecipazione dei Tornado alle operazioni della coalizione internazionale in Iraq - come il Kurdistan iracheno, vicino al confine con l’Iran, o le aree dove si trovano i pozzi petroliferi. Bombarderemo territori prettamente desertici"
Gli aerei da guerra italiani potrebbero prendere parte ai bombardamenti della coalizione internazionale sui territori controllati dallo Stato Islamico in Iraq. La notizia, riportata dal Corriere della Sera, sancirebbe il primo vero intervento dell’Italia e, contemporaneamente, consentirebbe al governo di Matteo Renzi di evitare anche i possibili tagli al budget per la Difesa. “La seconda motivazione è quella che veramente spiega un possibile intervento militare italiano – spiega il generale Fabio Mini, generale in pensione, già comandante della missione Nato in Kosovo (Kfor) – in una coalizione si deve fare la propria parte, ma non ci metteremo a litigare con i grandi”.
Generale Mini, si è parlato della possibilità di raid italiani in Iraq. Potrebbe veramente accadere o si tratta di una manovra del governo per evitare i tagli alla Difesa?
“La seconda che ha detto, anche se non escluderei comunque un intervento italiano. Certo, la possibilità di evitare i tagli al budget è una motivazione importante, ma non credo sia l’unica. Quando si è parte di una coalizione militare internazionale, come l’Italia per la Siria e l’Iraq, non si può semplicemente farne parte e rimanere a guardare. Matteo Renzi questo lo sa, ma sa anche che chi interviene in una rissa tra elefanti rischia di rimanere schiacciato”.
Quindi?
“Quindi è possibile che l’Italia porti avanti dei raid aerei nei territori del Califfato, ma non lo farà in Siria, dove la situazione è più complessa, e nemmeno nelle zone dell’Iraq più problematiche, come il Kurdistan iracheno, vicino al confine con l’Iran, o le aree dove si trovano i pozzi petroliferi. Bombarderemo territori prettamente desertici, lanceremo bombe su qualche sasso”.
Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha dichiarato che la guerra in Siria “potrebbe evolvere in conflitto di portata globale”. E’ plausibile?
“No. Le parole di Tusk sono le cosiddette ‘fughe in avanti’ di chi non capisce o non ha esperienza di strategia politica e militare. I movimenti militari a cui stiamo assistendo non sono determinati da alcuna rottura politica tra le parti. Prima di arrivare alla guerra, i soggetti in gioco devono smettere di parlarsi e passare alle minacce. Qui nessuno ha smesso di parlare, lo abbiamo visto durante l’Assemblea Generale dell’Onu: nonostante le divergenze, i colloqui vanno avanti. C’è più collaborazione che antagonismo, non si sono ancora ‘sparati per sbaglio’”.
Dopo la violazione dello spazio aereo turco da parte degli aerei da guerra russi, però, il presidente Erdoğan ha dichiarato che “se la Russia perde un amico come la Turchia, con cui ha portato avanti molti affari, perderà molto”. Questa suona come una minaccia.
“Quella di Erdoğan non mi sembra una minaccia. Anzi, la vedo una dimostrazione di amicizia. Sta dicendo a Vladimir Putin ‘guarda che siamo amici, cerchiamo di rimanere in buoni rapporti’. Se avesse voluto minacciarlo avrebbe fatto partire ‘lo sparo per sbaglio’, visto che i russi gli hanno anche offerto l’occasione. Ma non lo ha fatto, non è stata presentata una nota di protesta diplomatica, l’ambasciata russa ad Ankara è ancora aperta e nessun diplomatico di Mosca è stato cacciato”.
Mosca però ha stravolto le carte in tavola: è intervenuta a sostegno di Assad, ha bombardato, oltre a Isis, le postazioni dei ribelli alleati degli occidentali e ha violato lo spazio aereo turco: sembra non essere consapevole di quale sia il limite?
“Questo, in effetti, è uno dei principali problemi. Nessuno, tantomeno gli Stati Uniti, ha detto alla Russia quali sono i limiti che non deve superare, quindi può agire in maniera relativamente indipendente. Mettere dei paletti vuol dire circoscrivere il raggio d’azione ma, allo stesso tempo, legittimare ogni azione rientri entro questo raggio. E questo Obama non può concederselo: legittimare un certo tipo di azione militare russa in Siria gli causerebbe grossi problemi interni, con l’opposizione, e non solo, che lo distruggerebbe, portandolo all’impeachment. Non mettendo paletti, la Casa Bianca di fatto permette ai russi di agire come meglio credono”.
Perché l’Occidente si è svegliato solo dopo l’intervento russo in Siria?
“Perché nessuno credeva che un intervento diretto di Mosca fosse possibile. Credo che la decisione di Putin di mandare l’esercito nel Paese sia il risultato di una grossa incomprensione tra lui e Obama. Questo perché non si parlano apertamente, ma cercano sempre di interpretare le intenzioni dell’altro attraverso i comportamenti. Credo, ad esempio, che un processo di transizione con Assad (presidente siriano, ndr) fosse una soluzione che poteva andare bene a tutte le parti in gioco. La Russia avrebbe svolto un ruolo da mediatore, come tra l’altro ha già fatto per gli accordi sul nucleare iraniano, per arrivare alla formazione di un nuovo governo senza il leader alauita. Obama questo non lo ha capito, come credo che Putin non abbia compreso che gli Usa potevano essere disposti a una transizione di questo tipo. Così si è arrivati a un’incomprensione che ha portato alla situazione attuale”.
Adesso che Usa e Russia si sono scontrate sul ruolo di Assad, crede che il presidente siriano abbia acquisito forza rispetto a qualche mese fa?
“No, questo non credo. Se pensiamo a Bashar Al Assad nei primi anni di conflitto vediamo un leader garante della sovranità nazionale. Oggi non è più così: il Paese è diviso e lui non è più in grado di offrire stabilità. Riguardo al ruolo futuro di Assad ho un’idea che non credo sia così peregrina. Penso che gli abbiano chiesto, e lui ci sta pensando, di proporsi come l’anti-Assad. Uno dei problemi degli Stati Uniti, ma anche della Russia, sarà quello di dialogare con le minoranze, soprattutto la comunità alauita di cui Assad è leader. Questa comunità, negli ultimi tempi, è stata colpita da diversi scandali, tanto da costringere lo stesso Assad a farne arrestare alcuni membri, compresi dei suoi familiari. Ecco, se il presidente siriano portasse avanti questa opera di pulizia e consegnasse nelle mani dell’Occidente una comunità unita, pulita e con la quale poter dialogare, allora avrebbe trovato il proprio ruolo nel processo di transizione”.
Quali sono allora le colpe dell’America e dell’Occidente in generale?
“L’errore più grande sulla Siria è stata la corsa al riconoscimento del Consiglio di Istanbul (il Consiglio Nazionale Siriano nato nel 2011, dopo le sommosse contro il regime di Assad, ndr) come il vero organo rappresentativo siriano. Il Cns ha ricevuto importanti finanziamenti e molti di quei soldi finivano nelle tasche di generali del Free Syrian Army che, abbiamo visto successivamente, era composto da diverse fazioni interne che si sono poi staccate. Molti di questi personaggi sono gli stessi appartenenti ai movimenti indipendentisti che, prima dello scoppio del conflitto, lo stesso Assad finanziava per cercare di mantenere dalla sua parte. Quando poi si è accorto di non poter competere con la valanga di denaro che arrivava dall’estero, ha cercato di mettere tutti in guardia dal pericolo che questi gruppi potevano rappresentare”.
Quindi si può fare un parallelo tra l’evolversi della situazione siriana e quella libica?
“Il parallelo è possibile. Tenendo conto che la comunità internazionale non riconosce più la legittimità del governo di Assad, in entrambi i casi siamo di fronte a una frammentazione interna del Paese, con numerose realtà che si fanno la guerra tra loro. In Libia, dopo la caduta di Muammar Gheddafi, si è assistito al fallito tentativo di normalizzazione attraverso la costituzione di un governo legittimo. Anche in questo caso si è portata avanti una ‘politica da bottegai’, nel senso che è emersa una mancanza di conoscenza della situazione che ha portato la comunità internazionale a dialogare solo con un numero ristretto di interlocutori, mentre non si è tenuto conto delle decine di fazioni pronte a farsi la guerra. Credo che i primi ad accorgersi dell’errore commesso siano stati proprio gli americani, dopo l’uccisione dell’ambasciatore Christopher Stevens a Bengasi”.
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Stato islamico, Rete Disarmo: “Tornado italiani in Iraq? Alibi per non tagliare budget delle spese militari”
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Giustizia & Impunità
Prostituzione e droga ai clienti: arrestati la figlia di Wanna Marchi, Stefania Nobile, e l’ex. ‘Per una serata fino a 70mila €, anche delivery’
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Trump sospende gli aiuti militari a Kiev: l’Ucraina così ha riserve solo per 6 mesi. Von der Leyen presenta il piano per la Difesa ‘Rearm Europe’ da 800 miliardi
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Dazi Usa su Canada, Messico e Cina. Pechino e Ottawa rispondono, parte la guerra commerciale
Roma, 4 mar (Adnkronos) - "Aggiornamenti da Italia Viva. a) Enrico Borghi e Davide Faraone sono i nuovi Vicepresidenti nazionali di Italia Viva. Stiamo crescendo e finalmente abbiamo di nuovo il vento in poppa. Ma c’è ancora molto lavoro da fare ed Enrico e Davide gireranno presto su tutto il territorio. Forza! b) Proporrò oggi alla riunione dei parlamentari Maria Elena Boschi e Lella Paita come Presidenti dei gruppi alla Camera e al Senato". Lo scrive Matteo Renzi nella sua ultima enews.
Milano, 4 mar. (Adnkronos) - Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi, "è talmente a conoscenza degli 'affari sporchi' che avvengono all'interno del locale, compreso il fatto che alcuni vi consumano stupefacente, nonché del servizio di delivery svolto da Ariganello, da aver paura di essere oggetto di qualche indagine" e in un'intercettazione ambientale del 10 maggio 2024 - dopo aver litigato con l'ex compagno - 'prevede' il suo arresto. E' quanto emerge in un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare (domiciliari) firmata dalla giudice per le indagini preliminari di Milano Alessandra Di Fazio nei confronti dell'imprenditrice, dell'ex compagno Davide Lacerenza e di un collaboratore Davide Ariganello, per i reati di autoriciclaggio, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e detenzione e spaccio di droga.
In un'intercettazione serale, riportata agli atti, Stefania Nobile discute animatamente con Lacerenza, alla presenza di Ariganello, a causa dei lavori di ristrutturazione che avranno inizio la settimana nel locale 'La Malmaison' accanto alla Gintoneria, usato come privée per clienti facoltosi per consumare droga e prestazioni sessuali a pagamento. Al termine della lite restano Nobile e Ariganello e la donna manifesta le sue preoccupazioni rispetto all'ex compagno che addirittura pubblicizza sui social le attività illecite. Stefania Nobile teme che saranno arrestati.
"Ma ti rendi conto, ma possiamo continuare così Davide? Tanto da un momento all'altro arrivano, io me lo aspetto, cioè io non dormo, dormo mezz'ora mi sveglio, perché arrivano lo so, ma anche Jack (sembrerebbe un poliziotto non identificato, ndr) me l'ha fatto capire" dice Stefania Nobile. "lo son già stata in galera, lui (Lacerenza, ndr) scherza ride, ma lui non c'è stato, lui dopo due ore in galera si ammazza eh!" aggiunge.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - "Chi approfitta di questa crisi, passeggera, per tirar fuori il proprio antiameriKanismo per me è fuori dal tempo e dalla storia. L’alleanza atlantica non è in discussione. Ed è molto più forte dei cambi d’umore (o di interesse) di Donald Trump. Certo: questi Stati Uniti non ci piacciono. Ma la nostra relazione con Washington non dipende dall’inquilino pro tempore della Casa Bianca. L’importante è che l’Europa parli con una voce sola al tavolo con Trump". Lo scrive sulla Enews Matteo Renzi.
Milano, 4 mar. (Adnkronos) - Gli arresti domiciliari per Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi, sono giustificati "alla luce dei precedenti penali vantati e della personalità dimostrata". E' quanto emerge nelle esigenze cautelari dell'ordinanza di custodia cautelare firmata dalla giudice delle indagini preliminari Alessandra Di Fazio. L'inchiesta ha portato ai domiciliari anche l'ex compagno e imprenditore milanese Davide Lacerenza e un collaboratore Davide Ariganello, per i reati di autoriciclaggio, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e detenzione e spaccio di droga.
Nobile - deve escludersi che ha avuto un ruolo nella parte dell'inchiesta relativa al consumo di stupefacente - risulta la donna che amministra la Gintoneria, locale in via Napo Torriani finito sotto sequestro da parte della Guardia di finanza. Per la giudice l'imprenditrice è "a conoscenza di tutta l'attività illecita svolta all'interno del locale, non fa nulla per contrastare Lacerenza, con il quale sostanzialmente gestisce sia la Gintoneria che la Malmaison, ma anzi 'chiude gli occhi' di fronte a quella che è una palese attività criminosa pur di ottenere facili guadagni, al punto che appena dopo aver incassato i 70.000 da un cliente" - che chiama 'sconosciuto' perché sa che è stato sentito dalle forze dell'ordine - "ordina una nuova auto (oltre a compiacersi del fatto che con quell'incasso pagheranno i lavori del nuovo locale)". Nelle conversazioni intercettate "emerge il ruolo di dominus della Nobile nell'ambito della Ginto Eventi srl, che, forte degli ultimi guadagni ottenuti" per le attività illecite prende anche a noleggio una Lamborghini a suo uso esclusivo.
Per la gip Di Fazio, invece, Lacerenza ha dimostrato "di essere particolarmente spregiudicato, assumendo una condotta di vita al di sopra delle regole, caratterizzata quindi da insofferenza al rispetto dei precetti penali, certamente acuita dall'uso smodato di sostanze stupefacenti". Pur consapevole ormai che era in corso un'indagine nei suoi confronti, girava - lo scorso 31 gennaio - un video con un noto youtuber all'interno della Gintoneria mentre consumava droga e si intratteneva con giovani donne con abiti succinti. Nell'attività di prostituzione "era coinvolta anche una ragazza minorenne, alla quale, così come per le altre, Lacerenza offriva e cedeva sostanze stupefacenti, noncurante delle conseguenze che l'assunzione simultanea di alcol e droga avesse per la loro salute". Ariganello è ritenuto invece la "longa manus di Lacerenza" e si è dimostrato "pronto a tutto pur di ottenere facili guadagni".
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - "Ha dell’incredibile quanto accaduto in una scuola media di Verona. Un ragazzo di terza media, infatti, è stato accusato di omofobia per non aver voluto salire la scala arcobaleno. Si potrebbe pensare che a far sentire a disagio il 13enne, che la pensa diversamente e si è dichiarato ‘contrario alle istanze della Comunità Lgbt’, siano stati i coetanei. Invece no, parliamo del preside che, non contento di averlo ammonito -dopo una professoressa- per le sue opinioni, ha anche deciso di punirlo con una nota disciplinare. Non contenti di questo, dall’istituto sembrano uscire scuse paradossali e per niente verosimili. Per la Lega, tutto questo è inaccettabile". Lo denuncia Rossano Sasso, esponente del Carroccio capogruppo del partito in commissione Scienza, cultura e istruzione. della Camera.
"Non possiamo voler inculcare nei giovani, a forza, la cultura gender. E bene hanno fatto i genitori del ragazzo -aggiunge- a chiedere l’intervento di Valditara. Siamo certi che il ministro andrà fino in fondo in questa vicenda che, però, temiamo non sia un unicum all’interno dei nostri istituti. Per queste ragioni è stata approvata a settembre una risoluzione in commissione Cultura che vieta l'ideologia gender nelle scuole e per queste ragioni dopodomani, 6 marzo, la Lega presenterà una nuova proposta di legge”.
Roma, 3 mar. (Adnkronos) - "Amo quando le persone reagiscono. Ancora meglio quando reagisce un intero Paese. Quando un governo reagisce, significa che c'è sentimento. E il sentimento è sempre meglio di nessun sentimento". Così il cantante estone Tommy Cash risponde, in un'intervista all'Adnkronos, alle polemiche italiane sul fatto che il suo brano 'Espresso Macchiato', pieno di stereotipi sul nostro Paese, rappresenterà l'Estonia all'Eurovision Song Contest.
"Amo l'Italia: i vestiti italiani, le auto italiane, le città italiane, l'arte italiana, l'architettura italiana, la gente italiana, il cibo italiano e, naturalmente, il caffè italiano", dice Cash, rapper non nuovo alle provocazioni. "Non c'è niente di meglio che trovarsi in una piccola città italiana, entrare in un piccolo bar, ordinare un espresso macchiato, accendersi una sigaretta e prendersi un momento per sé".
Come affronti le polemiche e coloro che chiedono la tua squalifica dall'Eurovision?
"C'è così tanto da fare per la preparazione dell'Eurovision e tutto il resto. Sono un uomo molto impegnato, non ho tempo per fermarmi e pensare al dramma".
Alcuni interpretano il testo e il video come satira, altri come offensivi. Qual è il vero significato della canzone? Cosa speri che il pubblico ne tragga?
"Non mi piace quando un artista deve spiegare la propria arte. L'arte è fatta per essere compresa individualmente. Voglio che ogni persona ascolti la canzone, veda l'esibizione e ci trovi il proprio significato. Ci sono 99 significati: scegline uno".
Cosa ti aspetti da questa esperienza? Come pensi che il pubblico europeo reagirà alla tua esibizione?
"In questo momento, siamo la terza traccia più virale su Spotify a livello mondiale e sono passate solo due settimane. La gente la ascolta in tutta Europa, in tutto il mondo. Vedo i bellissimi video che le persone stanno realizzando, le cover che le persone cantano, le clip di persone vestite come Tommy. Mi piace".
Hai intenzione di modificare o adattare l'esibizione per l'Eurovision, soprattutto alla luce delle reazioni ricevute finora?
"Questo è sempre stato il piano per far evolvere la performance, proprio come una falena si evolve in una farfalla. Ma l'amore che le persone hanno già per Tommy così com'è ora rende tutto ancora più difficile. Detto questo, restiamo fedeli alla nostra visione originale. Elimineremo l'eccesso, manterremo ciò che funziona e modificheremo la performance per il palco dell'Eurovision".
Cosa pensi degli stereotipi culturali nella musica? Pensi che "Espresso Macchiato" li rafforzi o li decostruisca?
"Gli stereotipi sono pensati per essere decostruiti, ripensati, cambiati, giocati visivamente e concettualmente. Musicalmente, ci sono solo stili e linguaggi con cui sperimenti. Non abbiamo fatto riferimento a nessuna traccia italiana quando abbiamo creato Espresso Macchiato, è venuto tutto dal cuore".
Qual è il tuo rapporto con l'Italia?
"Ho navigato nei canali di una Venezia deserta di notte. Ho nuotato nelle spiagge di Capri. Ho visto la bellezza di Firenze con i miei occhi. Ho cavalcato tra i vigneti e le foreste d'Italia. Ho sorseggiato un caffè sul mio balcone a Positano, con vista sulla città, mentre il sole mi bruciava la pelle".
Come ti piace il caffè?
"Mi piace il caffè forte". (di Loredana Errico)
Milano, 4 mar. (Adnkronos) - Al via, nell'aula bunker di fronte al carcere milanese di San Vittore, il processo abbreviato a carico di 16 persone, tra cui gli ex capi delle curve di Milan e Inter arrestati lo scorso 30 settembre. Le due società sportive e la Lega Serie A chiederanno di far parte del processo come parti civili per ottenere eventuali risarcimenti da parte di chi avrebbe messo a rischio la sicurezza nello stadio e non avrebbe rispettato i valori dello sport.
Quella di oggi - davanti alla gup Rossana Mongiardo - si preannuncia un’udienza tecnica con al centro alcune questioni preliminari - come l’acquisizione di documenti e intercettazioni - e la possibile richiesta di abbreviato condizionato all’ascolto di alcuni testimoni. Tra gli imputati del processo a porte chiuse figurano, tra gli altri, Marco Ferdico e Andrea Beretta (quest’ultimo collaboratore di giustizia) per la curva nerazzurra e Luca Lucci capo della Sud milanista, oltre ad altri ultrà accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di reati, tra cui aggressioni ed estorsioni. Associazione con l'aggravante mafiosa per i tifosi interisti alla sbarra.
Intanto, sempre sul fronte dei processi alle curve, il Milan e la Lega Serie A hanno già chiesto di essere parti civili nel processo immediato a carico di tre ultrà rossoneri iniziato lo scorso 20 febbraio. Decisione su cui la corte deciderà nella prossima udienza.