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M5S, cosa fare per diventare grandi (e convincere chi li detesta)

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di maio 675

A dispetto di larga parte dei presunti esperti di politica italiana, il Movimento 5 Stelle non si sta rivelando fenomeno passeggero, come per esempio l’Uomo Qualunque di Giannini a cui veniva spesso accostato, ma una realtà forte e stabile. Nei sondaggi viene dato sopra il 20%, è la forza politica più gradita tra gli under 30 e paradossalmente l’Italicum – concepito per ucciderli – potrebbe portarli al ballottaggio e dunque alla vittoria, visto che finora ai ballottaggi comunali hanno sempre vinto (grazie ai voti della destra). Resta però irrisolto il quesito di fondo: okay, i 5 Stelle sono bravi a fare opposizione e strada facendo sono cresciuti, ma saprebbero governare il paese?

E’ questo, ancora, il punto debole che molti riscontrano nel M5S: non tanto il “dire solo no”, ma l’essere percepito come forza molto di lotta e poco di governo. Per carità, dopo decenni di finta opposizione à la Violante è già un passo avanti, ma non ancora abbastanza. La caricaturale arroganza twittatoriale-dittatoriale di Renzi sta dividendo il paese tra renziani e antirenziani proprio come ai tempi di Berlusconi, che del resto di Renzi è il maestro, ed è questo un humus ideale per i 5 Stelle.

Ma non basta. Il M5S perderebbe le elezioni proprio per quei milioni di italiani che, pur non amando Renzi, lo votano un po’ per abitudine (“Una volta il Pd era il Pci”) e un po’ perché non vedono alternative. Su questo tipo di elettore, quasi sempre over 50, i 5 Stelle non esercitano alcun ascendente. E forse mai lo eserciteranno. Devono però almeno provarci. Come? Strutturarsi come un partito è per loro inconcepibile, e di alleanze neanche a parlarne. Per allargare ancora il bacino elettorale, e quindi andare al governo (ipotetica del terzo tipo, anzi quarta o quinta), servirà allora continuare a sganciarsi – almeno mediaticamente – dalle figure di Grillo e Casaleggio, percepite da molti (a torto o a ragione) come respingenti. Un Di Maio in tivù garantisce molti più consensi di 100 post incendiari nel “sacro blog”. Proprio Di Maio incarna quell’approccio dialogante-scaltro che è l’unico a poter intercettare anche i voti di indecisi e moderati: col talebanismo duro e puro si vince la gara a chi ha più like su Facebook, ma al governo non ci si va mai.

Deve migliorare ulteriormente la classe dirigente: ascoltare Morra al Senato è un piacere, sentire un’intervista della Fucksia frantuma drammaticamente gli zebedei. E’ vero che quasi tutti i renziani sono peggio, ma i renziani hanno i favori dell’informazione e i grillini no. Aiuterà molto proporre, prima delle elezioni, una lista di governo con nomi noti e al contempo competenti: chi vorrebbero ministro della Difesa? Chi agli Interni, chi agli Esteri? E chi sarebbe il Premier? Di Maio? Vincere in una grande città (Roma? Napoli?) e dimostrarsi in grado di governarla sarebbe poi il lasciapassare definitivo prima della grande sfida con Renzi. Dove, comunque, partono largamente sfavoriti.

Il Fatto Quotidiano, 12 ottobre 2015

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