“Neutralizzare Mantovani”, ponendo così fine ai fenomeni corruttivi. E’ questo il solo modo, secondo la Procura di Milano, di “interrompere il funzionamento della concatenazione delittuosa, posto che ognuno dei reati riconducibili al suo entourage lo riguarda anche direttamente, in veste di promotore, oltre che di beneficiario finale”. Sono pensati le parola del pm Giovanni Polizzi, sottoscritte dal gip Stefania Pepe, nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto del vicepresidente della Regione Lombardia, berlusconiano di ferro. Si parla di “interessi illeciti di Mantovani e dei suoi familiari”, di “fittissima rete di relazioni che il politico vanta nel territorio di Arconate (cittadina del milanese di cui è stato sindaco per oltre dieci anni, dal 2001 al 2014, ndr)”. Da ciò “risulta evidente che l’unica misura effettivamente in grado di prevenire sia la commissione di nuovi delitti che, soprattutto, le attività di condizionamento ed intervento sulla genuinità delle prove (già peraltro avviate) sia quella massima della custodia cautelare in carcere”.
E’ sconcertante il quadro che emerge leggendo le carte della ‘Operazione Entourage’. Mantovani è dipinto come un dominus, che tutto decide e tutto dispone. E che, quando serve, risolve problemi. Come nel caso di tale Francesco Mario Lombardi, che sta lottando per ottenere un contratto di lavoro e che, raggiunto lo scopo, telefona immediatamente a Mantovani: “Ti voglio un mondo di bene! Mario: per tutta la vita, non per un giorno; per tutta la vita sempre riconoscente!” E’ una delle caratteristiche più note del politico quella di procurare posti ben retribuiti agli amici, soprattutto quando a pagare sono i cittadini. Nel 2013 e nel 2014, per esempio, Mantovani garantisce al suo autista-segretario Fabio Gamba una consulenza in Regione per occuparsi di “analisi della spesa farmaceutica degli ospedali lombardi”. Pazienza se il 22enne Gamba vanti solo un diplomino al liceo linguistico di Arconate e non abbia nessuna competenza in materia.
L’inchiesta della Procura si concentra poi sulla continua commistione tra affari e politica. Caso eclatante è la casa di riposo di Arconate. Mantovani, in quegli anni, è sindaco. E decide di vendere il terreno più pregiato che il comune possiede (“svendere”, secondo l’opposizione che infatti presenta un esposto in Procura). All’asta si presenta un solo soggetto: Opera Pia Castiglioni Srl, società che gli inquirenti ritengono essere controllata da Mantovani stesso tramite prestanome. In effetti, presidente di Opera Pia Castiglioni è Michele Franceschina, che è anche il direttore generale di Fondazione Mantovani Onlus. La stazione appaltante è il Provveditorato opere pubbliche della Lombardia, dove c’è il fido Angelo Bianchi (anche lui finito in carcere). Ma nel 2012, quando al governo dell’Italia non c’è più Silvio Berlusconi bensì Mario Monti, Bianchi perde parte delle sue deleghe. Il nuovo provveditore Alfio Leonardi, interrogato dalla Guardia di finanza, racconta: “Venne a trovarmi due volte il Sen. Mantovani (una volta a Roma ed una a Milano), che era stato in precedenza Sottosegretario alle Infrastrutture. Gli incontri avvennero verso fine aprile o primi di maggio 201; con Mantovani c’era anche il suo giovane collaboratore Giacomo Di Capua (anche lui arrestato ndr). In questi incontri Mantovani, che era al corrente della revoca di alcune deleghe a Bianchi, si raccomandò perché tali incarichi gli venissero restituiti e mi parlò anche di un’opera in corso sul territorio di Arconate, della quale il Provveditorato era stazione appaltante in convenzione, dovrebbe trattarsi di una casa di riposo in Arconate”.
Secondo la Procura la ragione di tali pressioni, che Leonardi stesso definisce molto forti (“Non ricordo altri soggetti che mi abbiano sollecitato, come ha fatto Mantovani, per restituire a Bianchi i suoi incarichi”), sono chiare: la casa di riposo di Arconate, formalmente realizzata da Opera Pia Castiglioni Srl, è in realtà un affare della famiglia Mantovani. E che affare: progetti alla mano vale 10 milioni di euro. Allora forse, anche alla luce di questo emblematico episodio, si capisce perché il Gip accoglie in toto le tesi della Procura e dispone la custodia cautelare in carcere per Mantovani, Di Capua e Bianchi, attribuendo ai tre soggetti una “spiccata capacità criminale”.
E pure una spiccata tendenza a mescolare tutto. Al punto che non si capisce più cosa sia del Comune, delle società o cooperative e dello stesso Mantovani. Qui entra in gioco la figura di Gianluca Parotti, architetto 47enne, pure lui di Arconate, legato al politico fin da ragazzo. Una parentesi amministrativa come vicesindaco e assessore all’Urbanistica fra il 1997 ai 2001, Parotti è una specie di tuttofare. Che però non viene pagato (“Sono fatto così, colpa mia, non chiedo mai i soldi che mi spettano”, dice interpellato da ilfattoquotidiano.it). O meglio, secondo la Procura non viene pagato da Mantovani, bensì dai lombardi attraverso l’assegnazione di una serie di incarichi. Lo dice Luciano De Castro, Asl di Pavia, circa una domanda della Guardia di finanza su un lavoro assegnato all’architetto arconatese: “Non mi sono chiesto chi fosse, in quanta mi sono fermato al fatto che tale professionista era stato presentato da Di Capua. Ho capito che lo stesso era sponsorizzato da un politico, forse dall’assessore Mantovani”.
E’ uno dei tanti lavori che l’architetto riceve, anche se sono molto più interessanti quelli che fa. “Stima e gestione della compravendita di immobili posti nel comune di Arconate via Bonvesin de La Riva nr. 23 – di proprietà di Pisoni Bruno, a favore della società SPEM s.r.l.” (società fiduciaria riconducibile a Mantovani, ndr); mediazione nella compravendita, gestione della pratica edilizia per il cambio di destinazione d’uso ed arredo degli interni relativi ad immobili siti in Arconate, Piazza della Libertà – di proprietà di Euro Edil Costruzioni S.r.l.e Calogero Settembrino, a favore della società SPEM s.r.l. (attuale sede della Fondazione Mantovani, ndr); progettazione e coordinamento lavori relativi ad edificio residenziale di nuova edificazione nel comune di Arconate via IV Novembre angolo Contrada di Sant’Eusebio, di proprietà di Vittorio Mantovani (nei piani del politico qui doveva sorgere la casa di suo figlio Vittorio, ndr); gestione della compravendita e progetto di arredi interni di uffici siti nel comune di Arconate, piazza Libertà, a favore di Mario Mantovani; progettazione per l’insediamento di una casa di riposo nel comune di Casorezzo (in questo caso si tratta di comune di centrodestra, il cui sindaco era legato a Mantovani); presentazione di permesso di costruire in sanatoria-rilievo e richiesta di agibilità per ultimazione opere interne ed esterne relative alla RSA Opera Pia Castiglioni “Villa La Gioiosa” nel comune di Cormano (casa di riposo riconducibile all’impero di Mantovani, ndr); direzione dei lavori per il restauro di “Villa Clericidi Rovellasca” sita in Cuggiono via San Rocco51, in favore della società SPEM s.r.l. (è una delle due ville storiche, acquistata da Mantovani per alcuni milioni di euro, ndr); progettazione e direzione lavori della ristrutturazione edilizia di fabbricato esistente con recupero di sottotetto ai fini abitativi in Arconate (MI), Via Turati, n. 37-“Cascina Vittoria”, in favore di Mario Mantovani”.
Scrive ancora il gip: “Per questa prestazione l’arch. Parotti riceveva compensi parziali, circa un terzo delle sue spettanze (è la casa di Mantovani, ndr); progettazione e computo metrico relativi alla ristrutturazione di un appartamento sito in via Giolitti nel comune di Arconate, in favore di Vittoria Mantovani (l’appartamento della sorella di Mantovani, ndr); progettazione esecutiva con rendering e raccolta preventivi relativi alla realizzazione di un edificio prefabbricato da installare presso il parco pubblico di Arconate –“casetta alpini” (progetto che Mantovani, da sindaco, promisi al Gruppo Alpini, ndr); progettazione, rendering e raccolta di preventivi relativi alla risistemazione della Piazza Europa nel comune di Arconate, in favore di Mario MANTOVANI e Opera Pia Castiglioni”.
Insomma, progetti per case private di Mantovani e dei suoi parenti, progetti per servizi di utilità nei comuni ‘amici’, progetti a metà tra competenza pubblica e privata, progetti per associazioni del paese, che trattano con il sindaco ma poi si vedono arrivare un architetto esterno all’amministrazione. Un vero e proprio marasma, un autentico caos in cui tutto si mischia e tutto si confonde. Una certezza però c’è: questi lavori non veniva mai pagati. Secondo la Procura pagavano la Asl, conferendo incarichi all’architetto amico.