La copertura vaccinale nel nostro Paese è a rischio ormai da due anni. Il ministero della Salute torna a occuparsene in questi giorni, dopo aver lanciato l’allarme a gennaio, quando a richiamare l’Italia sul calo drammatico delle vaccinazioni era stata addirittura l’Organizzazione mondiale della sanità. Che la situazione sia precipitata e ora si senta l’urgenza di correre ai ripari è scontato. Ma ci potrebbe essere un altro motivo dietro a questa campagna mediatica di sensibilizzazione sulle vaccinazioni, cioè l’approvazione del nuovo “Piano nazionale di prevenzione vaccinale” da parte della Conferenza stato-regioni, in agenda il prossimo 20 ottobre. “Il piano è ambizioso e prevede l’introduzione di altri vaccini, come quello contro il Rotavirus per i bambini, l’Herpes Zoster per gli anziani, la varicella, Meningococco B e lo pneumococco – spiega Stefania Salmaso, direttrice del Centro di epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità -. Questo significa che le Regioni che allargano la profilassi devono impiegare più personale, quindi aumentare le spese, e il sistema è già in affanno”.
Intanto gli assessori alla Sanità delle Regioni italiane hanno deciso si inserire l’obbligo di immunizzazione nel nuovo piano di prevenzione vaccinale con l’ipotesi di vietare la frequentazione delle scuole ai bambini che non hanno ricevuto la profilassi. Oggi in Italia sono obbligatori in teoria soltanto quattro iniezioni, quella contro la difterite, la poliomelite, il tetano e l’epatite b. Ma vengono somministrate in un’unica fiala che contiene sei miscele diverse (esavalente): oltre a quelle quattro, anche quella contro la pertosse e l’haemophilus influenzae b. Il vaccino viene iniettato al bambino in tre dosi a partire dal terzo mese di vita fino al 12esimo. A parte, dopo l’anno di età, si consiglia il vaccino per morbillo, rosolia e parotite. Facoltativi anche questi.
“Che sia obbligatorio o meno non fa differenza. L’unico criterio che determina l’obbligatorietà di un antidoto è la sua vecchiaia, non certo la validità o meno della formula. Sono tutti efficaci e importanti ma l’ultimo a essere stato reso vincolante è l’antiepatite b a metà degli anni Novanta” spiega Rosario Cavallo, pediatra e presidente dell’Associazione culturale pediatri. Secondo il medico, l’imposizione dei vaccini è discutibile. “Non si può proibire a un bambino di andare a scuola, vuol dire discriminarlo due volte, perché è esposto a malattie pericolose e perché escluso dall’educazione scolastica. L’obbligatorietà non porterà mai a una copertura totale della popolazione. Lo vediamo già ora, con quelli previsti per legge, che hanno di poco superato la soglia del 95 per cento e non sono mai stati garantiti al cento per cento. Se non c’è la sanzione l’obbligo è facilmente aggirabile, e comunque servirebbe una rivoluzione con nuove leggi, un nuovo sistema, è impensabile ora come ora”. Una soluzione però c’é.
Si tratta di fare più informazione sui pericoli delle malattie. “Demonizzare i genitori che hanno perplessità, sparare a zero contro i gruppi antivaccino non porta da nessuna parte – insiste il pediatra -. Piuttosto occorre trovare una strategia di convincimento, noi medici dobbiamo riacquistare credibilità e promuovere un confronto senza steccati ideologici, portando in evidenza i fatti, sottolineando i rischi per chi non si vaccina”. Avanti di questo passo si correrà il serio pericolo di un’epidemia. “Se la quota di bambini non vaccinati supera il 5 per cento gli agenti infettivi continuano a circolare mettendo a rischio la vita dei neonati ancora in attesa della prima puntura vaccinale. Nel 2004 a Napoli scoppiò un contagio di morbillo perché solo il 60 per cento degli abitanti era protetto. Al contrario, se la quota supera il 95 per cento, la protezione è doppia perché al germe viene impedito di diffondersi”. I flussi migratori, secondo il medico, non avrebbero inciso sul crollo delle coperture. “È un fenomeno nostrano – sottolinea – una questione di mentalità, di mancata percezione del rischio, di disinformazione”.
Il periodo della campagna del ministero per le vaccinazioni obbligatorie coincide anche con l’inizio della campagna per la prevenzione dell’influenza. La vendita delle fiale contro i virus dell’inverno ha perso colpi in questi ultimi anni, preoccupando il ministero. Ma anche le industrie farmaceutiche. “Nel 2005 quasi il 70 per cento degli over 65 si era vaccinato, cinque punti sotto il target stabilito – sottolinea Salmaso -, tra il 2014 e il 2015 invece solo il 49 per cento. Siamo tornati ai livelli di 15 anni fa”.