“Per essere una
famiglia dovevamo stare tutti uniti: per questo ho deciso di partire”.
Drusilla Galelli ha 35 anni e dal gennaio 2011 si è trasferita in
Kuwait per seguire suo marito. La sua è stata una scelta di vita drastica, netta, ma non impulsiva. “Impossibile dimenticare l’attimo in cui abbiamo deciso di lasciare tutto – racconta -. Mio
marito lavorava all’estero da qualche anno; io ho atteso la nascita del nostro
primogenito e poi ho fatto le
valigie, ho mollato il lavoro e sono partita”.
La prima parte del viaggio non è stata semplice: Drusilla si trasferisce in
Libia, dove suo marito ha ricevuto un’offerta di lavoro da un’agenzia locale, insieme a suo figlio
Tommaso, di appena 2 mesi. Alle spalle, invece, c’è una laurea in
Economia e Commercio con master alla
Bocconi e un lavoro con un contratto a tempo indeterminato da segretaria addetta alle
selezioni, all’interno di un’agenzia per il
lavoro interinale. “Il mio incarico mi piaceva molto – spiega – ma non mi avrebbe mai dato grandi possibilità di
crescita professionali”.
Drusilla: "“Il mio lavoro in Italia mi piaceva molto, ma non mi avrebbe mai dato grandi possibilità di crescita professionali”
Dopo un anno in
Libia per
Drusilla si aprono le porte del
Kuwait. La prima vera difficoltà è stata quella della lingua: “Spesso – ricorda – mi ritrovavo a gesticolare e a cercare termini sul vocabolario senza saperli pronunciare”. Poi è toccato trovare la
scuola giusta, organizzare la nuova routine quotidiana, assecondare
Riccardo, il secondo figlio, nato 2 mesi dopo il
trasferimento.
Ma le sorprese non mancano. Un
pomeriggio, durante una passeggiata al parco,
Drusilla incontra
Mimma, italiana, mamma come lei. Nasce un’amicizia immediata, che diventa storica, e si traduce in un
libro e in un
blog. Dall’incontro con la nuova cultura alle difficoltà della lingua, dalle scuole internazionali ai club per stranieri:
Drusilla e
Mimma condividono la loro vita da expat. Ed è da lì che nasce la loro definizione di
mamme nel deserto.
Mimma Zizzo, laureata in
Giurisprudenza alla
Cattolica, viene dalla
Puglia e, così come
Drusilla, ha deciso di seguire suo marito costretto a trasferirsi all’estero per motivi di lavoro. “Ricordo perfettamente il momento in cui arrivò la
telefonata con la proposta lavorativa. Fui colta da un brivido: il
Kuwait – confessa – non era proprio in cima ai
posti dove avrei voluto espatriare”.
Mimma: "Ricordo quando arrivò la telefonata per mio marito. Fui colta da un brivido: il Kuwait non era proprio in cima ai posti dove avrei voluto espatriare"
Anche
Mimma si è lasciata alle spalle un posto ben retribuito in
Italia: “Ero impiegata nell’ufficio legale di un grande
gruppo bancario”, spiega. Le prospettive di crescita, però, erano poche, anzi appena diventata mamma, ricorda, “mi fu fatto capire velatamente che non avrei potuto avere alcuna riduzione dell’orario di lavoro”. Insomma, la scelta non è stata facile, ma “sentivo che meritavamo di più, e che quel treno che passava non poteva essere ignorato”.
La vita in
Kuwait per
Drusilla e
Mimma è fatta di
integrazione, incontri,
scoperte, ma anche tanta fatica: “Qui non siamo in
vacanza”, ripetono in coro. Le differenze con l’Italia sono tantissime, a partire dalla
religione fino ai
marciapiedi dove passeggiare (completamente assenti). E poi ci sono il canto dei
muezzin e il clima caldo per 10 mesi l’anno. “Non esiste un
centro, ma solo grandi
mall – raccontano – la settimana inizia di
domenica e finisce di
giovedì”.
"Dopo la solitudine iniziale, finalmente mi sono resa conto di vivere in mezzo al mondo". E il 75% della popolazione è straniera
La nuova dimensione, però, non ha solo aspetti negativi. “Dopo la
solitudine iniziale, finalmente mi sono resa conto di vivere in mezzo al mondo”, spiega
Drusilla. In
Kuwait la comunità di
expat è grandissima: su 3 milioni di abitanti più del 75% è
straniero. C’è la possibilità, quindi, di “allargare i propri
confini”, di “capire chi si è davvero”.
I
figli si sono ambientati rapidamente. Senza l’aiuto dei nonni “non è stato facile”, ammette Mimma, ma con il passare dei mesi le due mamme sono riuscite a trovare anche il tempo per investire sulla propria
formazione professionale, iscriversi a un corso di
lingua o al
club degli
stranieri.
Il rapporto con l’
Italia rimane contrastato. “La mia voleva solo essere un’esperienza, e invece sta diventando un
esilio forzato”, ripete Mimma, con un pizzico di sconforto. Le due mamme nel deserto, comunque, non si danno per vinte e si impegnano per le comunità di expat. Insieme ad altri
connazionali hanno ideato un appuntamento di lettura in
lingua italiana ogni settimana. Ma anche
eventi culturali per “diffondere l’immenso patrimonio artistico del nostro paese”. Rimpianti? Nessuno. Per il momento si torna in Italia solo per le vacanze.