Nelle scorse settimane aveva chiesto “un intervento serio” che fosse “l’ultima riforma delle pensioni, non uno stillicidio di interventi parziali”. E, dopo la presentazione dei contenuti della legge di Stabilità, il presidente dell’Inps Tito Boeri non nasconde la delusione: la manovra, è il giudizio dell’economista, prevede solo “interventi selettivi e parziali, che creano asimmetrie di trattamento”. E che presumibilmente, “in assenza di correttivi, daranno spinta a ulteriori misure parziali che sono tra l’altro molto costose“. Di conseguenza “non sarà l’ultima riforma”. Bocciato, dunque, il pacchetto di misure inserito nel ddl varato dal governo giovedì scorso, che comprende la possibilità per gli over 63 di chiedere il part-time, la settima salvaguardia per gli esodati e la proroga fino a fine 2016 dell’Opzione donna, cioè il pensionamento anticipato delle lavoratrici con 35 anni di contributi e 57 anni di età che accettano un calcolo dell’assegno interamente contributivo. Novità a cui si aggiunge l’innalzamento, ma a partire dal 2017, della no tax area, cioè la soglia di reddito sotto la quale i pensionati non pagano l’Irpef. La delusione di Boeri nasce soprattutto dal fatto che a luglio il docente della Bocconi a luglio ha presentato al governo un piano di riforma organico incentrato sull’introduzione del reddito minimo per gli over 55, la possibilità di versare contributi aggiuntivi su base volontaria e la “flessibilità sostenibile” dell’età di uscita dal lavoro. Proposte che sono rimaste lettera morta.
La marcia indietro del governo e le giustificazioni di Renzi – Come è noto, a maggio Matteo Renzi aveva promesso un intervento per rendere più flessibili i paletti introdotti dalla riforma Fornero e consentire alla “signora di 62 anni che preferisce stare con il nipotino” di lasciare il lavoro prima rinunciando a una quota di assegno. Ma il 12 ottobre, tre giorni prima del varo della Stabilità da parte del consiglio dei ministri, il premier ha ammesso di “non aver trovato una soluzione” e ha rimandato ulteriori interventi al 2016, “quando i numeri saranno chiari”. Poi il segretario del Pd ha rilanciato dicendo di essere “pronto a chiudere in pochi mesi”, ma di non volerlo fare “in modo raffazzonato” visto che “le conseguenze di alcune leggi fatte in maniera improvvisata in passato ammontano ad alcuni miliardi di euro”. Ecco perché “preferisco aspettare qualche mese, sentire anche le persone e fare le cose per bene”. “Ne ho parlato anche con Boeri”, ha detto il premier una settimana fa a Rtl 102.5. Ma evidentemente il docente e co-fondatore de lavoce.info, scelto proprio da Renzi per guidare l’istituto previdenziale, non ha condiviso la decisione dell’esecutivo di rimandare il problema.
Tutte le ipotesi tramontate a causa del nodo coperture – Durante la preparazione della manovra si erano rincorse varie ipotesi sui possibili interventi sul cantiere pensioni: dal prestito previdenziale a carico del datore di lavoro all’uscita anticipata con assegno ridotto. Tutte tramontate. Il prestito aziendale rischiava infatti di essere accessibile solo per i dipendenti delle grandi imprese, mentre la possibilità di andare in pensione prima di aver raggiunto l’anzianità contributiva minima avrebbe avuto costi troppo elevati. E il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, dopo una prima apertura, al momento di fare i conti tra uscite e coperture ha fatto indietro tutta. L’operazione flessibilità, a seconda del meccanismo prescelto, sarebbe costata dagli 8 ai 10 miliardi di euro.
Le proposte di Boeri: reddito minimo per over 55 e ricalcolo delle pensioni con il contributivo – Ma qual era l’alternativa proposta da Boeri? Il piano di riforma presentato quest’estate prevedeva che ai lavoratori fosse consentito di uscire dal lavoro prima ma senza aggravi per le casse dell’Inps. Semplicemente spalmando sugli anni di pensione aggiuntivi il montante contributivo accumulato nel corso della vita lavorativa: tagliando gli assegni, dunque. In più, l’economista aveva ribadito che a finanziare l’operazione avrebbe dovuto contribuire il ricalcolo di tutte le pensioni, anche quelle basate sull’ultimo stipendio percepito, con il metodo contributivo. Questo è sempre stato uno dei cavalli di battaglia del Boeri economista, che non per niente da quando guida l’Inps ha avviato un’operazione trasparenza sugli assegni non giustificati dai contributi versati.