Prendere o lasciare: la Juventus di questi tempi è così, lunatica e imprecisa. Capace di vincere a Manchester, piegare agevolmente il Siviglia e poi pareggiare in casa contro il Borussia Monchengladbach. I tedeschi avevano perso contro il City e gli spagnoli, subendo cinque gol e segnandone appena uno. Eppure allo Stadium giocano una partita accorta, tatticamente ordinata, senza mai sbilanciarsi in cerca di chissà quali affondi e tanto basta a rallentare i campioni d’Italia che avevano schiantato il pubblico dell’Etihad e strattonato i vincitori dell’Europa League. A conti fatti, un’occasione persa. Anche se la situazione bianconera non cambia poi molto: il primo posto è sempre nelle mani di Allegri, il Manchester si è rifatto sotto grazie a un gol all’ultimo respiro di De Bruyne e il Siviglia – terzo – è scivolato a quattro punti di distanza con una giornata in meno per accorciare. Certo, resta il rammarico per non aver virtualmente chiuso già al terzo turno il discorso qualificazione. Ma se su 18 tiri tentati solo due fanno trattenere il fiato ad avversari e tifosi, non si può mica pretendere più di un onesto pareggio. Resta un buon segnale, tuttavia, dopo il faccia a faccia a reti bianche con l’Inter. Saranno i recuperi di Marchisio e Khedira, bravi in entrambe le fasi in mediana, fatto sta che la Juve ancora una volta non rischia mai e Buffon chiude praticamente da spettatore non pagante.
Quel che non ci aspettava è che lo stesso ruolo fosse interpretato dal dirimpettaio Sommer per più di un tempo. La prima vera parata del portiere tedesco arriva infatti su un destro sporco di Pogba. È il minuto 48 e fino a quel momento la manovra bianconera, a tratti anche avvolgente, ha prodotto tanta massa e zero veri sussulti. Il fin qui misterioso Alex Sandro dialoga bene con il centrocampista francese sulla sinistra: l’asse è attivo (l’ex Porto tocca 33 palloni nel primo tempo) ma con scarsa qualità. Dall’altra parte Cuadrado è la consueta zanzara fastidiosa ma evanescente, mentre Morata spazia su tutto il fronte d’attacco con generosità. Su una fuga dello spagnolo, Dominguez non può fare altro che abbatterlo mentre è lanciato a rete: Thomson non la pensa così ed estrae solo il giallo.
Proteste a parte, la Juventus è tutta qui. Qualche tiro alto o a lato e incursioni ribattute sono contorno sciapo. L’incisività non è di casa a Torino. Il peggiore di tutti è Mandzukic, che arriva sempre quando i buoni sono già scappati. Il grande movimento non basta a compensare un perenne ritardo di quel tanto che basta per farsi anticipare dal difensore. Ma più in generale i bianconeri tutti aggiungono un tocco di troppo, un attimo in più allo sviluppo della manovra. Così tutto passa per i colpi di Pogba, che torna a impegnare Sommer allo scoccare dell’ora su punizione, mentre Allegri prova a scuotere la squadra con Pereyra e Zaza per Cuadrado e Mandzukic. Serve a poco. Il Borussia è squadra ordinata, va ad aggredire la manovra già nella culla e con il passare dei minuti i tedeschi sono più freschi e reattivi, riuscendo ancora meglio nel loro intento di sterilizzare la partita. Neanche la mossa della disperazione, Dybala per Morata, riesce a cambiare l’inerzia. L’argentino, nuovamente bocciato in partenza, aveva fatto più volte da apriscatole dalla Supercoppa Italiana in poi, ma questa volta la sua qualità non incide. È stata una di quelle partite che lo scorso anno avrebbero rappresentato l’ideale terreno di caccia per Pirlo e Tevez. Ma alla Juve capace di espugnare Manchester e mettere sotto il Siviglia può andar bene anche farne a meno in una serata così. Sperando di non sentirne più in là, ancora e più forte, la mancanza.