I militari della Guardia di Finanza che la tenevano sott’occhio da almeno un anno e che ieri l’hanno arrestata, l’avevano soprannominata la Dama Nera, per i suoi modi di fare autoritari, da gran signora della tangente. All’Anas in via Monzambano a Roma, dove la conoscono tutti perché lavora in quegli uffici da un ventennio, ad Antonella Accroglianò avevano invece affibbiato due nomignoli diversi. All’inizio la chiamavano la Maestrina perché, poco più che trentenne e molto carina, pur essendo arrivata con un semplice diploma delle Magistrali nella borsetta, era salita subito nelle stanze dei potenti diventando dirigente e segretaria personale del presidente di allora, Giuseppe D’Angiolino. Con il passare del tempo e a mano a mano che si faceva largo, con poca fantasia e molto timore reverenziale i colleghi cominciarono ad indicarla con un altro soprannome: la Zarina.
E in effetti zarina era diventata davvero, accumulando su di sé soprattutto negli ultimi tempi un potere enorme, superiore addirittura a quello dei tre condirettori centrali che fino a sei mesi fa facevano da corona a Pietro Ciucci, presidente e amministratore delegato poi costretto alle dimissioni: Leopoldo Conforti, responsabile del settore legale, Stefano Granati (Finanza) e Alfredo Bajo (condirettore tecnico). In pratica la Dama Nera era la quarta direttrice centrale aggiunta, ufficialmente addetta a tutti gli affari amministrativi: una marea di pratiche molto sostanziose in una società complessa e grande come l’Anas, prima stazione appaltante d’Italia. In pratica dedita soprattutto con passione e profitto al disbrigo delle tangenti, secondo le accuse circostanziate e pesanti che le rivolgono gli inquirenti.
“E’ la Accroglianò ad assumere sempre un ruolo predominante – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – gli altri funzionari Anas coinvolti, obbediscono alle sue direttive, cosi da attribuirle proprio loro il ruolo di capo e promotore indiscusso del sodalizio”. Capo indiscusso che fa squadra e scuola ai suoi sodali, indicando loro il modo in cui il loro sodalizio può continuare a fare affari con i soldi pubblici: “Speriamo di tenerci forte come abbiamo fatto fino ad adesso – scandisce la direttrice, intercettata, ai funzionari e sodali Giovanni Parlato e Nino Ferrante – e di fare tutti un saltino in avanti per poterci aiutare … perché quello è poi lo scopo .. capito? che chi .. io sono stata abituata in questo modo .. chi cresce, chi fa un salto in avanti, si porta gli altri dietro .. questa è la scuola…”. Tradotto: ecco come si fa a continuare a incassare mazzette.
D’altronde l’autorità di presiedere la scuola di corruzione gliela conferiscono i suoi stessi collaboratori. E’ l’11 maggio 2015, nel suo ufficio si discute della spartizione di una mazzetta da 50mila euro e la Zarina mette in chiaro: la fetta maggiore sarebbe andata a lei. “Non ho capito… io ho firmato… io ho fatto tutto… ho pigliato la responsabilità“, spiega perentoria. Al che Parlato china la testa e si rimette agli ordini: “Certo, sei tu la principale“. Un ruolo di leader che le conferisce anche l’autorità di impartire alla banda ordini anche sul piano operativo. Il 13 maggio, scrivono gli inquirenti, Accroglianò parla con Ferrante e gli spiega che Parlato doveva andare a Catanzaro a parlare con Eugenio Battaglia, avvocato che faceva da “navetta” per le tangenti, e “ammonirlo
di non intrattenere colloqui telefonici con quest’ultimo ma solo di incontrarlo di persona”. “Adesso ascoltami bene – esordisce la Dama Nera – Giovanni ci deve andare lui a Catanzaro (…) deve parlare con questo che deve avvertire anche i clienti… senza parlare, senza parlare, senza parlare… va muto… che nella stanza non deve parlare più al telefono… Giovanni non deve parlare più”.
Il fatto che il suo ruolo fosse di alto livello più nei fatti che nelle caselle dell’organigramma aziendale l’ha paradossalmente messa al riparo dal primo e timido tentativo di pulizia al vertice avviato dal nuovo amministratore e presidente, Gianni Armani. Il quale dopo un primo giro d’orizzonte ha deciso di cambiare subito il responsabile della Vigilanza Anas, fino ad allora affidata a un vecchio e discusso ex notabile democristiano, Alberto Brandani, e di decapitare tutti e tre i direttori centrali. La Dama Nera non è stata toccata e forse deve aver pensato di averla sfangata potendo continuare indisturbata a fare quello che negli ultimi tempi dicono abbia sempre fatto: il pivot della mazzetta Anas.
Dai vari compartimenti d’Italia arrivavano a lei tutte le pratiche degli espropri dei terreni su cui sarebbero passate le nuove strade. Ed era lei che firmava i decreti di approvazione dei termini dell’esproprio stesso, compresa la parte economica, ovviamente. Ed era sempre lei che sbrigava tutta la complessa e complicata partita delle “riserve” legate agli arbitrati che all’Anas erano diventate il terreno di coltura della corruzione in grande stile. Era diventata così potente la Dama Nera da potere influenzare le sorti di grandi imprese di costruzione, in combutta con l’ex deputato Pd Giuseppe Luigi Meduri, ex presidente della Regione Calabria e sottosegretario tra il 2006 e il 2008 ai tempi del governo Prodi.
Come la catanese Tecnis di Mimmo Costanzo e Concetto Albino Bosco Lo Giudice, un’impresa legata all’Anas da mille fili, nella buona e cattiva sorte, e in cui risplendeva la stella di Nino Bevilacqua, ricchissimo recordman nazionale delle direzioni lavori. Qualche tempo fa la Tecnis fu addirittura premiata dall’Anas con relativo esborso di decine di milioni di euro per la Salerno-Reggio Calabria, con una motivazione paradossale, per avere cioè accelerato i lavori su uno dei tanti lotti di un’opera di cui ancora non si vede la fine. Poi la Tecnis finì nel pantano dello sprofondamento del viadotto Scorciavacche in Sicilia, inaugurato e caduto nel giro di una settimana a cavallo tra Natale e Capodanno. Per rifarsi stava cercando di cedere ad un’altra ditta di Sondrio l’appalto da 145 milioni di euro per la costruzione della variante di Morbegno tra lo svincolo di Fuentes e di Tartano. La Dama Nera si era allora inserita da facilitatrice dell’affare, non a titolo gratuito, ma spillando altre tangenti.
All’Anas la Accroglianò c’era arrivata nel 1994 dopo Tangentopoli con il presidente D’Angiolino, un ex ufficiale della Guardia di Finanza e poi dirigente Iri inviato con il compito di fare pulizia nell’azienda delle strade già allora falcidiata dagli arresti. Da Vincenzo Pozzi, il successore di D’Angiolino, fu però allontanata dalla presidenza e mandata a occuparsi di faccende amministrative. Ed è lì che probabilmente ha imparato il mestiere trasformandosi da Maestrina in Zarina e diventando infine la Dama Nera.