Il patron di Esselunga, Bernardo Caprotti, avrebbe finanziato una “campagna diffamatoria” contro Coop Lombardia tramite ricettazione. Lo sostiene, secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, la Procura di Milano che ha notificato all’imprenditore un avviso di fine indagini. La ricettazione sarebbe avvenuta attraverso l’acquisto di un cd-rom di telefonate illecitamente registrate sulla linea del direttore della coop di Vigevano (Pavia) al fine di consentire al direttore di Libero, Maurizio Belpietro e al giornalista Gianluigi Nuzzi “di sfruttarle per realizzare servizi contro Coop Lombardia, concorrente commerciale di Esselunga”. I due giornalisti, riporta ancora il Corsera, sono a loro volta indagati per ricettazione insieme a Caprotti, oltre che per calunnia.

L’avviso, riporta ancora il quotidiano, è stato notificato “nel giorno in cui il Tribunale ha condannato a tre anni per calunnia ai danni di un manager di Coop Lombardia due investigatori privati, ex fornitori di Coop tramite la loro società di sicurezza”. I due, secondo il Corriere, avrebbero approfittato del loro ruolo per intercettare illecitamente conversazioni poi finite ai giornalisti. In particolare, secondo la ricostruzione del pm Gaetano Ruta, Belpietro nel 2009 chiese a Caprotti di far lavorare gli investigatori che avevano appena chiuso burrascosamente il rapporto di lavoro con la Coop, dove avevano raccolto materiale su intercettazioni illecite sul centralino dei dipendenti. Poco dopo il patron di Esselunga ha stipulato con la società dei vigilantes un contratto da 700mila euro l’anno e così si “intromise nell’acquisizione del materiale (esaminato peraltro personalmente nell’autunno 2009”, “comprando il cd di intercettazioni illecite e permettendo ai giornalisti di ricevere tale materiale e realizzare i servizi contro Coop Lombardia”.

In seguito agli articoli pubblicati su Libero nel gennaio del 2010, il dirigente Coop, Daniele Ferré era stato indagato e poi assolto “perché il fatto non sussiste”. Quindi si è costituito parte civile nel processo contro i due investigatori poi condannati. Caprotti per bocca del suo legale respinge l’accusa ritenendola “totalmente destituita di fondamento“.

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