La scuola digitale si farà con i “challenge prize”, il Bring your own device e gli stakeholders club. Arriveranno le “Girls in Tech & Science” e i laboratori saranno “School – friendly”. Ma non solo. Ogni istituto avrà un animatore digitale e ciascun docente e studente potrà godere del suo profilo digitale. Parla inglese il #pianoscuoladigitale presentato dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Un documento di 138 pagine, pronto a diventare operativo con 35 azioni. Tra queste: la banda ultra larga “alla porta di ogni scuola”; il cablaggio interno di tutti gli spazi; i laboratori mobili; la formazione in servizio e l’assistenza tecnica per le scuole del primo ciclo. Torna anche il coding e l’impegno a dotare ogni classe del registro elettronico, già previsto per Legge dal 2012. Tradotto in moneta: un miliardo di euro, 600 milioni per le infrastrutture e 400 sulle nuove competenze, la formazione del personale e il monitoraggio. All’ultima pagina è lo stesso ministero a sentire il bisogno di specificare: “Questo non è un libro delle buone intenzioni”.
A sollevare qualche dubbio intanto sono le organizzazioni sindacali e l’Associazione nazionale presidi: “A determinare o meno il successo di questo piano – spiega il vice presidente, Mario Rusconi – saranno gli investimenti che verranno fatti sugli insegnanti. Possiamo pure pensare di dotare le scuole di ogni strumento ma i docenti andranno non solo formati ma anche valorizzati e incentivati”.
L’aspetto più importante sembra proprio quello riguardante le infrastrutture digitali. Entro il 2020 ogni plesso avrà la fibra ottica a disposizione e tutte le scuole potranno ricevere dai diversi operatori un’offerta di connettività a banda larga o ultra–larga. Si prevede persino un “catasto delle infrastrutture”. Entro il 2015 ogni scuola avrà a disposizione anche dai 7.500 euro ai 18.500 per il cablaggio interno e 1.200 euro dedicati al canone per la connettività.
Numeri che non rincuorano Rino Di Meglio, segretario della Gilda Scuola: “Siamo in una condizione di tale arretratezza che non credo arriveremo a raggiungere questi obiettivi”. Il segretario pensa agli ultimi dati Censis: il 25,3% degli studenti di terza media e il 17,9% dei colleghi del terzo anno delle superiori frequentano scuole prive di connessione a banda larga, a fronte di corrispondenti valori europei di gran lunga inferiori (rispettivamente 5% e 3,7%).
Nel pacchetto si parla anche di “dispositivi e strumenti” mobili in carrelli e box a disposizione di tutta la scuola, in grado di trasformare un’aula tradizionale in uno spazio multimediale. Nessuna citazione per la lavagna multimediale (Lim) definita “ingombrante” nella bozza iniziale della Legge sulla Buona Scuola. “E’ una tecnologia superata. Oggi ci sono nuovi sistemi che la sostituiscono, tra l’altro più economici”, spiega Gianluigi Dotti, responsabile del Centro studi Gilda nazionale.
La scuola digitale targata Giannini, non azzarda come fece l’ex inquilino di Trastevere, Francesco Profumo, slogan come “un tablet per tutti” ma guarda con attenzione ai dispositivi elettronici personali lanciando il progetto Byond ossia una politica che consente l’uso di tablet propri durante le attività didattiche. Un’idea bocciata dal sindacato: “Ogni lavoratore – specifica Dotti – deve poter avere dall’amministrazione gli strumenti per poter operare. Questo dovrebbe valere anche per gli insegnanti e gli studenti”.
A “volte ritornano”. E’ il caso del registro elettronico, obbligatorio con la Legge 95/2012. Il Miur ci riprova: entro il 2016 punta a dotare tutte le classi della primaria (circa 141.000) di questo strumento. “Va detto che il registro può servire ma irrigidisce il rapporto tra il docente e la famiglia”, spiega il vice presidente dell’Anp. Ritorna anche il coding, annunciato nella “Buona Scuola”: l’impegno è quello di permettere a ogni studente della scuola primaria di svolgere un corpus di dieci ore annuali di logica e pensiero computazionale. Curiosa l’idea di coinvolgere anche la scuola dell’infanzia. Un’idea bocciata dal responsabile del Centro studi Gilda: “Fatta così è uno strumento di propaganda. Ogni ministro si innamora di una moda didattica”.
L’innovazione del Governo Renzi punta anche alla dematerializzazione del sistema d’istruzione “razionalizzando l’offerta degli strumenti organizzativi e gestionali”. Una battaglia non facile visto che nello stesso piano si prevede un futuro grigio: “Una scuola occupata al 100% da archivi cartacei potrebbe essere uno scenario non così lontano. Ogni scuola in media ospita 85 metri quadrati di documentazione cartacea (ad esempio i compiti in classe). Lo sa bene la Gilda: “Bisognerebbe prima entrare nella testa di chi produce carte inutili. La scuola è l’unico settore del pubblico impiego dove, pur non essendo previsto da alcuna norma, gli insegnanti devono produrre una domanda di malattia. In realtà basta inviare il certificato medico”.