“Le fattispecie di reato ipotizzate appaiono tutt’altro che ben delineate nel decreto impugnato. La conclusione non può dunque che essere nel senso della non sussistenza del fumus del reato di truffa e di quello di associazione per delinquere”. Con questa motivazione il tribunale del riesame di Firenze ha annullato il decreto di sequestro di documenti e atti nei confronti di Fabrizio Palenzona, il vicepresidente di Unicredit indagato dalla direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano per reati finanziari aggravati dal favoreggiamento a Cosa nostra. Annullati anche i sequestri fatti al suo braccio destro Roberto Mercuri e ai manager della banca Alessandro Cataldo e Massimiliano Fossati. Confermati solo quelli dei documenti relativi alla contestazione di appropriazione indebita nei confronti dell’imprenditore di origini trapanesi Andrea Bulgarella, ritenuto dagli investigatori vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro, nell’ambito dei suoi rapporti con il direttore generale della Banca di credito cooperativo di Cascina, Vincenzo Littara.
L’inchiesta della procura di Firenze, comunque, continua. Come è noto, nel mirino dei pm ci sono i rapporti tra Palenzona e Bulgarella relativamente alla ristrutturazione di un debito di oltre 60 milioni di euro che il gruppo del costruttore aveva con la banca. La procura contesta al banchiere e presidente di Aiscat e di Aeroporti di Roma di aver aiutato l’imprenditore a salvare i conti del suo gruppo premendo perché avesse un trattamento di favore nonostante, secondo il decreto di perquisizione, nel piano di rientro dall’esposizione debitoria fosse stata “omessa la rappresentazione aderente alla realtà del gruppo Bulgarella”.
In fase di discussione al riesame i difensori di Palenzona, Massimo Dinoia e Nino D’Avirro, avevano però sottolineato che quel piano di rientro non avuto il via libera dell’istituto di Piazza Gae Aulenti. E i giudici hanno ritenuto che la documentazione prodotta dalla difesa di Palenzona “ponga in tutt’altra luce la vicenda” perché in effetti il 23 aprile 2015 non fu approvato alcun piano di ristrutturazione del debito di Bulgarella. In più, si legge nel dispositivo firmato dal presidente Livio Genovese, “neppure concretamente appaiono prospettati gli artifici e raggiri posti in essere che possano avere indotto in errore (o avrebbero potuto indurre in errore, ipotizzando il delitto tentato) gli organi deliberanti della banca, che appaiono invece avere valutato di volta in volta le condizioni ritenute opportune per gestire il debito maturato dalle imprese del gruppo Bulgarella sulla base degli elementi rappresentati, di cui neppure si ipotizza la non corrispondenza alla realtà”.
Non solo: secondo il riesame non si può far discendere “una presunzione di provenienza illecita delle disponibilità economiche solo dal fatto che Bulgarella sia originario del trapanese, zona d’influenza della cosca mafiosa che fa capo a Matteo Messina Denaro”. I giudici, anche in considerazione della situazione di esposizione bancaria di Bulgarella, definiscono “poco plausibile che chi possa disporre di ingenti capitali di illecita provenienza, invece di utilizzarli per immetterli nel circuito delle attività lecite, faccia ricorso al credito bancario e ai conseguenti rilevanti oneri”. Il riesame cita un’intercettazione tra due dirigenti di Unicreidt in cui lo stesso Bulgarella viene definito “il più pulito dei costruttori siciliani”. A questo proposito il riesame cita un’intercettazione agli atti dell’inchiesta tra due dirigenti Unicredit: “Bulgarella è un nome complicato – spiega uno degli interlocutori – perché è il più pulito dei costruttori siciliani, era l’immobiliarista di fiducia di Falcone e della procura di Palermo…”. E aggiunge: “…si era spostato dalla Sicilia obbligatoriamente andando in Toscana ed è diventato primo albergatore, primo costruttore di strutture toscane perché si è mandato a fare in culo alla Sicilia perché non poteva più vivere lì…”. Anche nelle accuse legate alla Calcestruzzi Valderice, secondo il riesame “la difesa sul punto non pare cogliere nel segno”.
Il consiglio di amministrazione di Unicredit, convocato d’urgenza dopo il deposito dell’ordinanza, ha preso atto dei lavori del comitato governance sul caso Bulgarella e “ribadito la piena fiducia nell’operato di tutti i propri esponenti”.