La Conferenza delle Regioni chiede un incontro con Matteo Renzi visto che “fino ad oggi non c’è stata una grande interlocuzione con il governo” sulla legge di stabilità. E il presidente del Consiglio risponde. “Adesso con le Regioni ci divertiamo, ma sul serio”, avrebbe detto il premier secondo quanto si apprende da fonti di Palazzo Chigi. L’appuntamento per la convocazione dei governatori è fissato per mercoledì 4 novembre. Oggetto dell’incontro il nodo sanità perché per il 2016 le regioni – ha spiegato Sergio Chiamparino, governatore del Piemonte e presidente dimissionario della Conferenza delle Regioni – chiedono “un miliardo in più”.
E per quanto riguarda gli altri capitoli di spesa “chiederemo un tavolo per affrontare il taglio da 2,2 miliardi solo per le Regioni a statuto ordinario”. Ma soprattutto, come hanno già evidenziato i tecnici di Camera e Senato, “il problema è sul pluriennale, perché i tagli dal 2017 al 2019 configurano una situazione che nei fatti mette a rischio la sopravvivenza del Sistema Regioni“. Chiamparino riconosce “l’aumento del fondo per un miliardo” per il 2016 rispetto all’anno precedente, ma le Regioni rilevano che “le esigenze per far fronte alle scadenze contrattuali, ai farmaci salvavita, al piano vaccinale e ai nuovi Lea sono circa il doppio cioè un miliardo in più”. Renzi, però, contrattacca: “Sulla sanità ci sono più soldi del passato. Meno di quelli che chiedono le regioni – avrebbe argomentato il premier – ma più di quelli che avevano a disposizione”. Il punto centrale per il segretario Pd è che “le tasse devono scendere”. Quindi, fin da ora si opporrà a un aumento di “imposte ai cittadini” perché “non si può scaricare sempre sugli italiani”. Piuttosto, aggiunge, che si “elimino gli sprechi“.
Per l’amministratore piemontese, però, “i tagli saranno insostenibili – ha detto in audizione davanti le commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato – anche se è vero che quelli pluriennali spesso vengono modificati. Dobbiamo capire – ha proseguito – quale è il valore istituzionale che viene dato alle regioni, e in particolare al sistema sanità, che è uno dei più virtuosi dal mondo. Perché se si pensa che farla funzionare in maniera centralizzata è più funzionale, allora si provi pure”. Visti i piani di riduzione di spesa, l’ex sindaco di Torino non esclude nemmeno che “con queste cifre alcune Regioni” in cui ci sono piani di rientro possano aumentare i ticket. Al netto dei piani di rientro “per il 2016 possiamo gestire il Servizio sanitario nazionale ma con un limite: non riusciremo ad ottemperare a tutte le richieste che ci sono”.
In merito alla spesa extra-sanità, Chiamparino ritiene che sia “gestibile ad alcune condizioni”, ma ha sottolineato che nell’eventualità in cui “si dovesse andare ad un taglio diretto, il rischio è che vengano meno tutti i fondi per le politiche dell’istruzione e del sociale, o che si debba intaccare significativamente il fondo per i trasporti“. E pur riconoscendo che “per il 2016 prendiamo atto positivamente dell’aumento del fondo per un miliardo“, le esigenze delle Regioni “sono circa il doppio, cioè un miliardo in più”.
Camusso: “Le province con questi tagli rischiano il default” – Tanti i dubbi sulla manovra anche da parte dei sindacati, espressi durante un’audizione di fronte alle commissioni Bilancio di Senato e Camera. Per la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso “se possiamo ipotizzare che per i comuni non peggiori la situazione diverso – ha detto – è il discorso per le province che con questa scelta di taglio andranno in default, non so se tutte o quasi tutte, con problemi per i servizi ai cittadini e di ricollocazione dei lavoratori“.
Necessità di “fare partire la ‘no tax area’ dal 1° gennaio 2016” e mancanza di “risorse adeguate per il rinnovo della contrattazione del pubblico impiego e una flessibilità per l’accesso al pensionamento” sono invece i punti chiave secondo il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, che chiede anche di stralciare le norme che prevedono tagli a patronati e Caf. Secondo Petriccioli, la manovra intraprende “una direzione espansiva, ma con dei limiti“, rappresentati dall’assenza di risorse adeguate per il pubblico impiego e per la flessibilità delle pensioni e dalla necessità di anticipare al 2016 l’ampliamento della no tax area per i pensionati.
Guglielmo Loy, della segreteria confederale Uil, ha invece notato come la stabilità sia “un provvedimento privo di una visione strategica di medio periodo, in grado di rafforzare e indirizzare i timidi segnali di uscita dalla regressione”, evidenziando però il carattere espansivo della manovra e l’abbandono “della logica del rigore a tutti i costi”.
Squinzi: “Manovra non contiene piano di efficientamento e riqualificazione della spesa” – Sulla manovra è intervenuto anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che ha chiesto alle commissioni parlamentari di confermarne l’impianto, “completandolo con misure per sostenere gli investimenti privati al Sud e quelli in ricerca e innovazione” per “accelerare la ripartenza economica e a potenziarne gli effetti”. E rendendo così “più vicino e sostenibile il traguardo del 2% di crescita annua del Pil cui il nostro Paese deve puntare nel breve periodo”.
Le criticità del provvedimento, prosegue, sono “nel reperimento delle risorse. Continuiamo a ritenere una priorità del Paese – ha aggiunto Squinzi – l’adozione di una vera spending review in grado non solo di ridurre la spesa pubblica ma, soprattutto, di favorire una maggiore qualità ed efficienza della stessa”. Il problema del provvedimento, ha aggiunto, è che “prevede una serie di tagli, ma non contiene un piano complessivo di efficientamento e riqualificazione della spesa, poiché i risparmi sono principalmente riallocazioni“.