“La commissione di garanzia ha il dovere di pronunciarsi sull’istanza referendaria”. Con queste parole il difensore civico dell’Emilia Romagna interviene sul caso del referendum sugli asili di Parma, criticando l’inerzia dell’organo preposto ad esprimersi sull’ammissibilità del quesito e, indirettamente, anche l’amministrazione Cinque stelle. E soprattutto, fissando il termine di 30 giorni per i commissari, a partire da fine ottobre, per esprimersi sulla proposta. La richiesta per la consultazione popolare sulla parziale privatizzazione di alcuni servizi per l’infanzia, depositata lo scorso 4 maggio da un gruppo di cittadini, a distanza di 180 giorni non ha avuto infatti alcun riscontro dalla commissione di tecnici voluta dai Cinque stelle. Un organo non politico, a differenza del passato, ma composto da membri super partes che avrebbero dovuto esprimersi sulla proposta. La commissione però si è insediata soltanto il 9 settembre, per poi rimanere in silenzio fino ad ora. E intanto, ricorda il comitato AttivarSi per l’infanzia, le scuole sono già cominciate e i servizi oggetto del quesito referendario in parte esternalizzati.
La questione a fine settembre è stata portata all’attenzione dell’ufficio di Bologna da un esposto presentato dai capigruppo di minoranza Nicola Dall’Olio (Pd) e Maria Teresa Guarnieri (Altra politica) e firmato da tutta l’opposizione. E la risposta non si è fatta attendere molto. Nel documento datato il 30 ottobre 2015 il difensore civico Gianluca Gardini spiega che il procedimento referendario risponde alle indicazioni di statuto e regolamento, “fra le quali è incluso l’obbligo di pronuncia sulla sua ammissibilità entro 30 giorni. La mancanza di rispetto di questo termine, seppure ordinatorio, lede il diritto alla partecipazione popolare”. Il responsabile inoltre, ricordando che per legge esiste un termine per la conclusione del procedimento, sottolinea anche che la violazione della scadenza può configurare “l’inerzia della commissione dei garanti”, in quanto il non pronunciamento o la mancata costituzione della commissione determinano l’inammissibilità del referendum.
“I Cinque stelle, non sapendo che pesci pigliare – attacca il Dall’Olio – si vantano di avere sottratto alla politica la decisione sull’ammissibilità mettendola nelle mani di una commissione tecnica a loro dire ‘super partes’. La verità è che più che alla politica, il tanto sbandierato referendum senza quorum lo hanno sottratto ai cittadini”. Gardini ha chiesto dunque ai commissari di prendere una decisione entro un mese, e se i tempi dovessero allungarsi ancora, delinea tre possibilità per i cittadini, tra cui un’azione al Tar per trovare una soluzione in caso di mancata risposta. Anche di fronte a un riscontro poi, si potrebbe valutare la responsabilità da ritardo della commissione dei garanti e anche del Comune. Infine, i cittadini potrebbero procedere con una denuncia contro i membri per omissione di atti d’ufficio. “E’ come minimo paradossale – aggiunge il capogruppo del Pd – che si sia stati costretti a fare un esposto agli organi di controllo perché venga garantito il diritto di partecipazione popolare da parte dei supposti paladini della partecipazione e della democrazia diretta”.
Il difensore civico ha anche invitato il Comune ad adottare un nuovo regolamento, “al fine di colmare il divario temporale con lo statuto”, perché ha riconosciuto una sorta di lacuna normativa in tema di referendum: come già denunciato dall’opposizione, nel 2014 i Cinque stelle hanno approvato un nuovo statuto (quello che prevede appunto il referendum senza quorum), ma il regolamento è rimasto invece quello del 1996, e quindi i termini di risposta sui quesiti referendari sono ancora quelli del vecchio documento. Per questo i tempi sull’ammissibilità della proposta di consultazione avrebbero potuto essere molto più brevi. “Si è perso tanto tempo per fare una nuova commissione, quando invece, in mancanza di regolamento aggiornato, la decisione avrebbe dovuto prenderla quella precedente, come dice il vecchio regolamento ancora in vigore. La cosa grave – spiega Dall’Olio – è che l’azione amministrativa è stata interrotta, cosa che non dovrebbe mai accadere”.
Secondo il Comune invece non ci sarebbe alcuna omissione di atti d’ufficio e i ritardi sarebbero dovuti alla difficoltà di reperire i membri esterni della commissione. “L’amministrazione non ha frapposto nessun ostacolo – si legge in una nota – Si è voluto anzi togliere dalle mani dei politici la decisione relativa all’accettazione o meno di un referendum, in modo che il giudizio sia rigorosamente tecnico-giuridico, e non politico”. I rallentamenti dunque non sarebbero “imputabili all’amministrazione politica, che invece ha continuamente e ripetutamente sollecitato gli uffici ad agire il più celermente possibile nell’interesse dei cittadini”. Il Comune fa poi sapere di auspicare “che si arrivi quanto prima ad una chiara definizione sull’ammissibilità: da parte nostra non avremo nessun problema a procedere nella direzione che la commissione tecnica indicherà nella sua piena sovranità e autonomia”.