Roma, la città più popolosa d’Italia con il centro storico più bello e esteso del mondo, dove l’urbanistica la fanno i palazzinari e la riqualificazione delle periferie è affidata alla “street art”. Roma raccontata sul New York Times, insudiciata dalle mafie e dal pattume, con le sue preziose ville storiche, i giardini e le strade in rovina. Roma, città depredata, malmenata e lasciata a terra, si appresta a un Giubileo senza sindaco e ad accogliere migliaia di pellegrini, con un ulteriore triste primato: quello di essere una delle poche città europee a non avere bagni pubblici che rispettino le più elementari regole del decoro e dell’igiene.
Lo documenta il blog Romafaschifo con le foto delle persone che defecano alla luce del sole. Lo denunciano da diverso tempo i quotidiani locali e le associazioni di cittadini; lo dimostra un’agile pubblicazione curata dall’architetto Maria Spina per l’associazione Embrice 2030 (“Roma re-cesso mundi. Per una nuova cultura del bagno pubblico”, Embrice 2030, Aracne 2015) in cui si riscopre il dimenticato e sorprendente edificio dei bagni pubblici per la nuova città operaia nel quartiere Garbatella (funzionanti fino agli anni Sessanta), realizzato nel 1927 su progetto di Innocenzo Sabbatini e si scopre anche, purtroppo, che Roma, sulla carta, possiede in totale solo 55 bagni pubblici; ma quanti di questi siano realmente funzionanti non è dato sapere (nell’ambito dei servizi di decoro e igiene urbana previsti dal Contratto di servizio con l’Ama, e successive proroghe, e dalla “Deliberazione n. 191” della Giunta Comunale del 25 giugno 2010. La lista, pubblicata da Roma Capitale, è stata aggiornata al mese di luglio 2014).
Altri sono i numeri nelle capitali europee (ça va sans dire), dove i bagni pubblici, oltre ad esistere, sono spesso oggetto di attrazione per cittadini e turisti. Dalle pop-up toilets di Londra, agli urinoirs di Amsterdam e dell’Aja, alle oltre 400 sanisettes gratuite che la Ville de Paris, che si aggiungono alle 40 strutture già esistenti: la cultura del bagno pubblico rappresenta un «formidabile barometro della civiltà, del progresso, della ricchezza, del pudore e del costume di un Paese»(Claudia Giammatteo, In fondo a destra, “Focus”, 6, 2008, p. 51). Le sanisettes parigine autopulenti, realizzate dal designer francese Patrick Jouin, oltre ad essere ‘green’ (utilizzano esclusivamente acqua piovana, con un risparmio idrico di circa il 30%), hanno anche il merito di essere accessibili ai disabili. A Vienna, la public toilet di nuova generazione convive con quella ottocentesca, quando l’imprenditore Wilhelm Beetz promosse la costruzione di ben 137 vespasiani e 73 pubblici servizi. Alcuni di questi, ancora perfettamente funzionanti, costituiscono un paragrafo rilevante delle guide turistiche della città. Famosissimi, poi, quelli del Graben, di ispirazione Jugendstil, attribuiti all’architetto austriaco Adolf Loos.
Italo Calvino, ne Il Cavaliere inesistente, descrive bene l’articolato atto della minzione femminile della guerriera Bradamante spiata da Rambaldo: “si girò su se stessa, cercò un luogo accogliente, puntò un piede da una parte e uno dall’altra del ruscello, piegò un poco i ginocchi, v’appoggiò le braccia dalle ferree cubitiere, protese in avanti il capo e indietro il tergo, e si mise tranquilla e altera a far pipì. Era una donna d’armoniose Lune, di piuma tenera e di fiotto gentile. Rambaldo ne fu tosto innamorato”. Da una recente ricerca, infatti, è emerso come le donne usino in modo “spericolato” il bagno pubblico: c’è chi sale sulla tazza, chi la ricopre con carta igienica (quando c’è), chi assume improbabili posizioni virili e chi si aggrappa da qualche parte per mantenersi in un precario equilibrio. Nonostante le difficoltà di fruizione di una toilette pubblica siano state rilevate di generazione in generazione, il problema non è mai stato risolto alla radice: non si tratta di avere un inserviente che igienizzi il WC ad ogni uso, ma di un intervento che minimizzi il contatto della donna con le superfici del bagno e in cui sia il prodotto a dettare la sua modalità d’uso, afferma la designer Claudia Mazzieri.
Dal 2001, l’Organizzazione mondiale della toilette “Wto – World Toilet Organization” organizzazione no-profit che opera in 58 nazioni, si batte per migliorare le condizioni igienico sanitarie nel mondo. Il 19 novembre in tutti gli Stati affiliati, la Wto promuove il World Toilet Day (stabilito con risoluzione dell’Onu del 24 luglio 20134), il cui scopo è anche quello di far capire alla popolazione quanto sia stata importante, nel corso della storia, la diffusione delle pratiche igieniche e l’introduzione del wc, in particolar modo come utile strumento per la lotta contro malattie ed epidemie.
Dispiace ma non meraviglia che la Roma che si prepara ad accogliere le migliaia di pellegrini per l’imminente Giubileo della Misericordia non abbia preparato per quella giornata alcun contributo. Lo ha fatto, però, l’associazione Embrice 2030, con l’artista Giancarlino Corcos e Fausto delle Chiaie: organizzerà un evento informativo e di sensibilizzazione sull’uso del bagno pubblico. Il Comune di Roma e l’Ama ne prendano nota.