“Uno dei responsabili mi diceva: “Ma vengono con la fattura e allora dobbiamo pagare…”. No, non si paga. Se una cosa è stata fatta senza un preventivo, senza autorizzazione, non si paga. (…) C-h-i-a-r-e-z-z-a. Questo si fa nella ditta più umile e dobbiamo farlo anche noi: prima di ogni acquisto o di lavori strutturali si devono chiedere almeno tre preventivi che siano diversi per poter scegliere il più conveniente (…). Senza esagerare possiamo dire che buona parte dei costi sono fuori controllo“. Lo sconcerto e la frustrazione di Papa Francesco, registrato a sua insaputa durante una riunione a porte chiuse convocata per discutere dei bilanci di Santa Sede e governatorato alla luce di una lettera ricevuta dai revisori contabili della Prefettura, dice molto di come vengono gestiti i conti della Vaticano spa. La trascrizione è finita nel libro Via crucis di Gianluigi Nuzzi in uscita per Chiarelettere il 5 novembre. Lo stesso giorno arriva in libreria anche Avarizia (Feltrinelli) di Emiliano Fittipaldi: due debutti preceduti dal clamoroso arresto di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Chaouqui nell’ambito di indagini sulla sottrazione e divulgazione di notizie e documenti riservati.

Vaticano spa non sa quanto spende. “Impossibile conoscere la posizione finanziaria”. Dalle anticipazioni dei due libri emergono casi clamorosi, come quello dei lavori di ristrutturazione del discusso superattico di monsignor Tarcisio Bertone pagati, per un totale di 200mila euro, dalla fondazione Bambin Gesù, che nasce per raccogliere denaro per i bambini malati. Scrive Fittipaldi che da una ricognizione della società di consulenza PriceWaterhouseCoopers consegnata al Vaticano nel marzo 2014 emerge che è stata la onlus ha saldato le fatture alla Castelli Real Estate, che ha ristrutturato il lussuoso appartamento a pochi passi da Casa Santa Marta dove vive l’ex segretario di Stato. Il manager Giuseppe Profiti, ex presidente del Bambin Gesù, ammette tutto spiegando che la casa sarebbe poi stata messa a disposizione della fondazione per “finalità istituzionali”. Viene giustificata invece con lo svolgimento di “attività di marketing per conto dell’ospedale” la parcella da 23.800 euro pagata nel 2012 per l’affitto di un elicottero usato da Bertone per andare da Roma in Basilicata.

Vaticano spa non sa quanto spende. “Impossibile conoscere la posizione finanziaria”. Ma è l’intero quadro della gestione delle finanze vaticane ad essere allarmante. E’ come se una grande azienda portasse avanti la propria attività senza un bilancio attendibile. Senza alcun controllo sui costi. Senza una stima esatta sul valore degli immobili che ha in portafoglio. Permettendo agli amministratori di agire in modo completamente discrezionale, al di fuori di qualsiasi trasparenza e pagando i fornitori senza aver prima chiesto alcun preventivo, come rilevato da Bergoglio. Con il risultato che spuntano “buchi da 700mila euro al supermercato, mezzo milioni nei depositi di abbigliamento, 300mila in farmacia”. E viene mantenuto un “assoluto riserbo” su come vengono usati soldi ufficialmente raccolti per le opere di carità, tanto che i dati non saltano fuori nemmeno quando a farne formale richiesta è una commissione voluta da colui che di quell’azienda è il numero uno. Il Pontefice, appunto. Con il risultato che la Commissione referente sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa (Cosea) della Santa Sede, creata ad hoc dal Papa per portare a termine l’auspicata riforma delle istituzioni vaticane e migliorare la programmazione delle attività economiche e guidata proprio da Vallejo, alla fine getta la spugna e ammette di “non essere in grado di completare la posizione finanziaria consolidata a causa della mancanza di dati fondamentali”. Così, il tentativo di Bergoglio di ottenere trasparenza finisce con un buco nell’acqua.

L’Obolo di San Pietro è fuori bilancio. E viene usato per le spese dei dicasteri. Nuzzi rivela tra il resto, come riporta il Corriere della Sera, che la Cosea si è vista rigettare dalla Segreteria di Stato la richiesta di avere notizie sull’uso dell‘Obolo di San Pietro, cioè, stando al sito del Vaticano, “l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del Successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi”. Si tratta di quasi 400 milioni di euro che, come mette nero su bianco il dicastero che coordina gli uffici della Santa sede, è “escluso dal bilancio consolidato” e “circa il suo utilizzo si è mantenuto finora un assoluto riserbo, nel rispetto delle superiori indicazioni”. Indicazioni giunte evidentemente non dal Papa, che al contrario aveva chiesto trasparenza anche su quei soldi. Che, scrive Fittipaldi, secondo un rapporto Moneyval vanno principalmente a coprire “spese ordinarie e straordinarie dei dicasteri e delle istituzioni della curia romana”.

Il mistero del mattone vaticano: immobili valutati a 1 euro, a bilancio solo spiccioli. Tra i capitoli più incredibili c’è quello sul patrimonio immobiliare: Nuzzi scrive che quelli nel portafoglio dell’Apsa, l’amministrazione del patrimonio della sede apostolica, valgono 2,7 miliardi ma sono a bilancio per una somma sette volte più bassa. Fittipaldi amplia la visuale citando un documento della commissione referente secondo cui “ci sono 26 istituzioni relazionate alla Santa sede che possiedono beni immobiliari per un valore contabile totale di un miliardo di euro al 31.12.2012”. Si va dall’Apsa a Propaganda Fide, dalla Casa sollievo della sofferenza al Fondo pensioni dei dipendenti. “Una valutazione di mercato indicativa dimostra una stima del valore totale dei beni di quattro volte più grande rispetto al valore contabile, o quattro miliardi di euro”. Ma un altro report confidenziale specifica che quasi sempre “gli immobili sono registrati o al costo di acquisizione o al costo di donazione, e molti edifici istituzionali sono valutati a 1 euro. Dunque c’è da aspettarsi che il valore di mercato del real estate vaticano sia molto più grande”.

Allo Ior ancora tanti conti sospetti. Ma c’è anche quello di papa Luciani. Infine l’immancabile capitolo Ior, la banca vaticana che secondo il nuovo capo dell’antiriciclaggio René Brülhart è stata “ripulita” ma ospita ancora oltre 120 conti sospetti. “Tra cui una decina intestati a nomi eccellenti che potrebbero creare più di un disagio a Santa Romana Chiesa”, scrive Fittipaldi. In Avarizia è citato il caso di Angelo Proietti, “fornitore storico della curia romana”, il costruttore titolare della società che ha ristrutturato a prezzo di favore la casa di Giulio Tremonti: “A Bankitalia sono rimasti di sasso quando la procura di Roma ha spedito oltre le mura un’altra rogatoria internazionale chiedendo conto e ragione di eventuali beni posseduti” da Proietti. “Anche questa vicenda dimostrerebbe che la Santa Sede scambia informazioni con procure e autorità antiriciclaggio di Roma solo col contagocce“. Nota di colore finale: dal libro di Nuzzi emerge che tra i correntisti figurano ancora papa Luciani e Paolo VI.

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