“Le ho avute ieri: erano copiose”. “Quando mi vengono amo mangiare tanta cioccolata e piangere per la mancanza di autonomia sul mio corpo”. “Ho avuto un aborto spontaneo. Sono ancora qui a piangere per quell’evento. Ma intanto sono al mio primo ciclo da allora”. E così via. In una Irlanda dove abortire è praticamente impossibile – nonostante le timide aperture legislative di due anni fa che ora consentono l’interruzione di gravidanza in caso di grave pericolo di vita per la madre – le donne dell’Isola di Smeraldo hanno iniziato a sommergere di tweet sulle loro mestruazioni il primo ministro Enda Kenny, del partito democristiano Fine Gael.

L’obiettivo è semplice: in un Paese che, con un emendamento alla Costituzione, equipara la vita delle donne a quella dei feti nei loro grembi, il mondo femminile irlandese cerca di riappropriarsi, in un modo per ora simbolico, del corpo e dell’autonomia nel suo utilizzo. Una sorta di nuovo movimento femminista e per la difesa dei diritti assolutamente social, che ha visto in pochi giorni l’invio a Kenny di migliaia e migliaia di tweet arrabbiati, ironici, profondi o scherzosi, a volte strappalacrime e a volte dissacranti. Il tutto è iniziato lunedì 2 novembre, quando la comica Grainne Maguire, molto famosa in Irlanda, ha avviato il trend virale con l’hashtag #repealthe8th, “abolite l’ottavo emendamento alla Costituzione”. Quello che appunto, secondo l’opinione di molte donne, rende il corpo femminile un semplice “produttore” di figli, un “portatore” di interessi altrui. Subito, quindi, sull’esempio dell’artista, migliaia di donne hanno cominciato a twittare e a “disturbare” il profilo del premier.

Per abolire l’emendamento servirebbe un referendum, questo è il primo passo per una riforma costituzionale. A Dublino e dintorni già 50mila firme sono state raccolte, ma ne servono molte di più: ecco così che la campagna social cerca di far riflettere un uomo di governo, alleato con il partito laburista, che due anni fa introdusse appunto una prima liberalizzazione, attirandosi le ire delle cattoliche integraliste, le quali iniziarono a inviargli lettere scritte con il sangue e feti di plastica per protestare contro la prima, timida introduzione dell’aborto.

Del resto il tema, nella cattolicissima Irlanda, è fonte di grandissime divisioni e di dibattiti infiniti. Tuttavia quest’anno si è avuta quella che per molti è una prima conquista nel campo dei diritti civili, l’introduzione del matrimonio egualitario, quindi fra persone dello stesso sesso. Le prime unioni dovrebbero celebrarsi proprio a novembre, fra poche settimane, ma la cosa più importante è che l’apertura ai gay e alle lesbiche ha rilanciato il discorso dei diritti civili su più fronti, compreso quello delle donne che chiedono il diritto all’aborto. In Irlanda, fra l’altro, ora si parla molto di più di interruzione della gravidanza, soprattutto dal triste caso di Savita Halappanavar, la cittadina di origine indiana che morì in un ospedale del paese nel 2012 a causa di una setticemia sorta in seguito a un aborto negato. Al caso seguì un processo, in cui fu stabilito che l’aborto tempestivo le avrebbe salvato la vita, ma che in sede della sentenza sottolineò anche come le responsabilità fossero limitate, in quanto a quel tempo l’interruzione di gravidanza era illegale.

Sull’isola, del resto, da decenni continua la triste diaspora delle donne in gravidanza che vanno all’estero per abortire, spesso nelle cliniche britanniche (Liverpool e il Galles sono le mete preferite, per una questione di prossimità geografica), con altissimi costi che non sono accessibili a tutti, soprattutto in un paese che ha ancora una disoccupazione piuttosto alta, gli ultimi dati la danno al 9,5%.

E fra un viaggio della speranza e l’altro non mancano le storie tragiche, di donne violentate e che tentano il suicidio. Il partito laburista, in coalizione di governo, ha promesso una campagna per allargare la possibilità di aborto ai casi di violenza sessuale, di incesto e a tutti quei casi in cui sia comprovata una malformazione del feto potenzialmente fatale per il nascituro. In attesa di tutto questo, alle donne irlandesi non rimane che l’ironia di un tweet, con la speranza, per loro, che il primo ministro legga tutte queste comunicazioni da massimo 140 caratteri e rifletta profondamente su di esse.

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