Nelle pieghe della legge di Stabilità c’è anche qualche buona notizia. Dal prossimo anno qualche ricercatore tornerà a popolare le facoltà dell’università italiana. Mille, per la precisione, con la prospettiva di diventare professori al termine del loro contratto triennale. Sulla carta ci sono 115 milioni di euro per loro. Un segnale importante, perché negli ultimi cinque anni i ricercatori erano praticamente spariti, a causa dei tagli firmati Tremonti-Gelmini. Adesso l’annuncio del ministro Stefania Giannini fa sperare gli atenei e politecnici e soprattutto le associazioni di categoria che da anni chiedevano da anni di tornare ad investire sul personale per la ricerca. Certo il passo avanti non basta a colmare il gap che si è creato nel frattempo col resto d’Europa e il fabbisogno delle università: “Si tratta di un’inversione di tendenza significativa”, spiega Luigi Maiorano, presidente dell’Apri (Associazione Precari della Ricerca Italiani). “Il problema è che dovrebbe diventare strutturale, ed è comunque troppo poco rispetto alle esigenze. Senza dimenticare la questione del reclutamento, che non sempre è meritocratico come dovrebbe essere”.
Il provvedimento è contenuto all’interno della Legge di Stabilità 2016. Tra tagli e ombre, l’articolo 17 (quello dedicato all’Università) prevede “l’incremento del fondo per il finanziamento ordinario delle università statali per l’assunzione di ricercatori”. In soldoni, 55 milioni di euro nel 2016 e 60 milioni nel 2017 per assumere mille ricercatori di Fascia B. Un profilo nato con la riforma Gelmini del 2010, che aveva cancellato la figura del ricercatore a tempo indeterminato, per creare due nuove categorie: i ricercatori di tipo A, con contratti triennali (prorogabili di altri tre anni), che alla scadenza o partecipano e vincono un concorso da professore (banditi però sempre più raramente) o di fatto escono dalle università; i ricercatori di tipo B (3 anni + 2 rinnovabili), che alla scadenza transitano direttamente nel ruolo di professori senza concorso (a patto che intanto abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale). Va da sé che mentre i primi contratti sono poco più che assegni di ricerca, i secondi rappresentano un vero canale di reclutamento universitario. Purtroppo, però, di questi negli ultimi anni ne sono stati fatti pochissimi.
La Gelmini voleva eliminare la figura dei ricercatori a vita, proposito sulla carta anche condivisibile. In pratica, la riforma sommata al taglio dei finanziamenti e al blocco del turnover (deciso da Tremonti, va avanti dal 2009 e durerà fino al 2018), ha avuto come risultato quello di abolire i ricercatori “tout court”: negli ultimi cinque anni se ne sono persi almeno 10mila, 2.100 solo nel 2014 (anno in cui a fronte di 2.300 pensionamenti sono stati attivati appena 140 nuovi contratti). Così i numeri del personale di ricerca sono crollati: secondo una recente ricerca della Flc Cgil, in Italia ci sono 151mila ricercatori, a fronte dei 429mila del Regno Unito e dei 520mila della Germania. Pochi anche in rapporto alla popolazione e nel confronto col resto d’Europa: l’Italia ha “mezzo” ricercatore (0,6) ogni mille abitanti, rispetto ai 3,7 della Finlandia, i 3,1 dell’Austria e i 2,6 della Germania che guidano la classifica continentale.
Adesso il governo torna a stanziare risorse per assumere nuovi ricercatori: almeno mille nei prossimi due anni. Lo stesso articolo della manovra prevede anche 500 cattedre di eccellenza per ricercatori italiani e stranieri altamente qualificati (una sorta di “Programma Montalcini” ampliato ) e lo sblocco del turnover per i ricercatori di Fascia A (immissioni meno strutturali, che comunque faranno la loro parte). Poi arriverà il Piano Nazionale di Ricerca, con un budget di un miliardo per il capitale umano (circa 4mila ulteriori contratti, ma non solo ricercatori universitari: le stime sono ancora orientative). Qualcosa si muove, insomma. E infatti l’associazione “Apri” è soddisfatta, anche se prudente: “Veniamo da anni assurdi, da questo punto di vista la legge di stabilità è un passo avanti. Certo – prosegue il presidente Maiorano – nell’università italiana ci sono oltre 100 facoltà e 350 settori disciplinari. Mille ricercatori vuol dire due/tre unità per settore, in tutto il Paese. Messa così è nulla, una goccia in mezzo al mare. Rispetto allo zero degli ultimi anni è comunque tanto. Speriamo che sia l’inizio di un cambiamento”.
Scuola
Ricerca, in legge di Stabilità 115 milioni per mille posti. “Pochi, ma bel segnale”
Si inverte così la rotta inaugurata dalla Gelmini che puntava ad azzerare la figura del ricercatore e in 5 anni ha cancellato oltre 10mila posti. Esultano le associazioni, ma con prudenza: "Il gap rispetto all'Europa è ancora enorme, ma è la direzione giusta"
Nelle pieghe della legge di Stabilità c’è anche qualche buona notizia. Dal prossimo anno qualche ricercatore tornerà a popolare le facoltà dell’università italiana. Mille, per la precisione, con la prospettiva di diventare professori al termine del loro contratto triennale. Sulla carta ci sono 115 milioni di euro per loro. Un segnale importante, perché negli ultimi cinque anni i ricercatori erano praticamente spariti, a causa dei tagli firmati Tremonti-Gelmini. Adesso l’annuncio del ministro Stefania Giannini fa sperare gli atenei e politecnici e soprattutto le associazioni di categoria che da anni chiedevano da anni di tornare ad investire sul personale per la ricerca. Certo il passo avanti non basta a colmare il gap che si è creato nel frattempo col resto d’Europa e il fabbisogno delle università: “Si tratta di un’inversione di tendenza significativa”, spiega Luigi Maiorano, presidente dell’Apri (Associazione Precari della Ricerca Italiani). “Il problema è che dovrebbe diventare strutturale, ed è comunque troppo poco rispetto alle esigenze. Senza dimenticare la questione del reclutamento, che non sempre è meritocratico come dovrebbe essere”.
Il provvedimento è contenuto all’interno della Legge di Stabilità 2016. Tra tagli e ombre, l’articolo 17 (quello dedicato all’Università) prevede “l’incremento del fondo per il finanziamento ordinario delle università statali per l’assunzione di ricercatori”. In soldoni, 55 milioni di euro nel 2016 e 60 milioni nel 2017 per assumere mille ricercatori di Fascia B. Un profilo nato con la riforma Gelmini del 2010, che aveva cancellato la figura del ricercatore a tempo indeterminato, per creare due nuove categorie: i ricercatori di tipo A, con contratti triennali (prorogabili di altri tre anni), che alla scadenza o partecipano e vincono un concorso da professore (banditi però sempre più raramente) o di fatto escono dalle università; i ricercatori di tipo B (3 anni + 2 rinnovabili), che alla scadenza transitano direttamente nel ruolo di professori senza concorso (a patto che intanto abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale). Va da sé che mentre i primi contratti sono poco più che assegni di ricerca, i secondi rappresentano un vero canale di reclutamento universitario. Purtroppo, però, di questi negli ultimi anni ne sono stati fatti pochissimi.
La Gelmini voleva eliminare la figura dei ricercatori a vita, proposito sulla carta anche condivisibile. In pratica, la riforma sommata al taglio dei finanziamenti e al blocco del turnover (deciso da Tremonti, va avanti dal 2009 e durerà fino al 2018), ha avuto come risultato quello di abolire i ricercatori “tout court”: negli ultimi cinque anni se ne sono persi almeno 10mila, 2.100 solo nel 2014 (anno in cui a fronte di 2.300 pensionamenti sono stati attivati appena 140 nuovi contratti). Così i numeri del personale di ricerca sono crollati: secondo una recente ricerca della Flc Cgil, in Italia ci sono 151mila ricercatori, a fronte dei 429mila del Regno Unito e dei 520mila della Germania. Pochi anche in rapporto alla popolazione e nel confronto col resto d’Europa: l’Italia ha “mezzo” ricercatore (0,6) ogni mille abitanti, rispetto ai 3,7 della Finlandia, i 3,1 dell’Austria e i 2,6 della Germania che guidano la classifica continentale.
Adesso il governo torna a stanziare risorse per assumere nuovi ricercatori: almeno mille nei prossimi due anni. Lo stesso articolo della manovra prevede anche 500 cattedre di eccellenza per ricercatori italiani e stranieri altamente qualificati (una sorta di “Programma Montalcini” ampliato ) e lo sblocco del turnover per i ricercatori di Fascia A (immissioni meno strutturali, che comunque faranno la loro parte). Poi arriverà il Piano Nazionale di Ricerca, con un budget di un miliardo per il capitale umano (circa 4mila ulteriori contratti, ma non solo ricercatori universitari: le stime sono ancora orientative). Qualcosa si muove, insomma. E infatti l’associazione “Apri” è soddisfatta, anche se prudente: “Veniamo da anni assurdi, da questo punto di vista la legge di stabilità è un passo avanti. Certo – prosegue il presidente Maiorano – nell’università italiana ci sono oltre 100 facoltà e 350 settori disciplinari. Mille ricercatori vuol dire due/tre unità per settore, in tutto il Paese. Messa così è nulla, una goccia in mezzo al mare. Rispetto allo zero degli ultimi anni è comunque tanto. Speriamo che sia l’inizio di un cambiamento”.
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Politica
Delmastro boccia la riforma Nordio: “I pm divoreranno i giudici”. Poi tenta il dietrofront, ma spunta l’audio. E il ministro lo difende
(Adnkronos) - La richiesta riguarda tutti le tracce trovate nella villetta di via Pascoli dove avviene il delitto, a partire dalle fascette dei rilievi dattiloscopici e le impronte digitali trovate nell'appartamento e sul dispenser portasapone dove - sancisce la Cassazione - si lava l'assassino. L'intenzione degli inquirenti è anche quella di lavorare sui quattro capelli scuri trovati nel lavandino del bagno al piano terra, così come sull'impronta trovata sulla porta d'ingresso dell'abitazione. Per i carabinieri di Milano sul dispenser (oltre alle due impronte di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio) "vi sono numerose impronte papillari sovrapposte che sarebbero state cancellate se il dispenser fosse stato lavato dal sangue" e nel lavandino la presenza di 4 capelli neri lunghi "attestano ovviamente che il lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue. Diversamente, i capelli presenti nel lavabo sarebbero stati portati via dall'acqua".
Una tesi smentita dalla stessa Procura di Pavia nella prima archiviazione, di otto anni fa, contro l'indagato Sempio. Un'ipotesi "priva di fondamento logico dal momento che è processualmente accertato che l'assassino aveva le mani imbrattate di sangue e che si è recato in bagno per lavarsi". Il sangue, liquido e solubile in acqua, "viene lavato molto più facilmente dei capelli che, stante la loro forma e lunghezza rimangono molto più facilmente sul fondo della vasca anche dopo il lavaggio del sangue" e si tratta dei capelli di Chiara "recisi a causa dei colpi inferti e rimasti sulle mani insanguinate dell'assassino; la loro presenza attesta semmai che lo stesso si è effettivamente lavato le mani". È peraltro "verosimile che l'assassino non si sia soffermato per verificare l'effetto del risciacquo, ma si sia allontanato rapidamente dalla scena".
I carabinieri sono intenzionati anche ad approfondire un'impronta digitale trovata sulla maniglia della porta di ingresso (ritenuta allora non utile dal Ris di Parma) su cui "non appare sia stata eseguita alcuna indagine biologica mirata ad accertare se quel contatto possa essere stato lasciato da una mano sporca di sangue (della vittima o di altri) o se fosse altra sostanza". Una tesi "oltre che logicamente fallace, non è di alcuna utilità investigativa" essendo stata osservata tre giorni dopo il delitto e trovandosi accanto alla serratura. Una porta toccata da Stasi e da soccorritori e investigatori. "Le tracce papillari, al pari del Dna, non sono databili. È impossibile sapere se quella traccia sia stata deposta il giorno del delitto o nei giorni precedenti (o addirittura in quelli successivi), basti pensare che in sede di rilievo sono state trovate anche le impronte papillari" di alcuni carabinieri coinvolti nelle indagini e di un falegname intervenuto tempo prima nella villetta per effettuare alcuni lavori. Per queste ragioni, concludeva l'archiviazione, "è evidente la totale irrilevanza investigativa della traccia segnalata".
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - ''Per la sua posizione geografica strategica al centro del Mediterraneo, l’Italia rappresenta un ponte energetico tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente''. Terna, presentando il piano di sviluppo 2025, conferma gli interventi di interconnessione con l’estero, al fine di ''garantire sicurezza, sostenibilità ed efficienza, tramite la possibilità di mutuo soccorso tra sistemi interconnessi. In aggiunta, queste infrastrutture costituiscono un fondamentale strumento di flessibilità per condividere risorse di generazione e capacità di accumulo, a fronte della variabilità della produzione rinnovabile''.
Tra i principali progetti pianificati Terna segnala 'Sa.Co.I.3', il progetto di ammodernamento e potenziamento dell’attuale interconnessione tra Sardegna, Corsica e Toscana, il progetto di interconnessione tra Italia e Tunisia 'Elmed', il raddoppio interconnessione Italia-Grecia, che ''consentirà la gestione in sicurezza dell’intera Zona Sud e favorirà approvvigionamenti efficienti di energia, grazie alla possibilità di abilitare nuove risorse attraverso il coupling del mercato elettrico e di mantenere lo scambio di energia tra i due Paesi anche in presenza di manutenzioni''.
Inoltre, nel piano di sviluppo 2025 sono presenti ulteriori progetti di interconnessione, noti come 'Merchant lines', a cura di altri promotori e/o non titolari di concessioni di trasporto. Il numero di tali iniziative ha subito un’accelerazione negli ultimi anni. Risultano in fase di avvio consultazione 11 richieste per oltre 12 Gw di capacità. Terna segnala che la gestione delle richieste di connessione alla rete in alta tensione, principalmente concentrate al sud e nelle isole, permette di ''avere una visione sistemica delle future evoluzioni degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo, così da realizzare uno sviluppo sinergico delle infrastrutture e garantire la massima efficienza nella realizzazione delle opere di rete''.
Secondo i dati di Terna, al 31 dicembre 2024, risultano 348 Gw di richieste di connessione per impianti rinnovabili (di cui 152 Gw di solare, 110 Gw di eolico on-shore e 86 Gw di eolico off-shore) e 277 Gw per sistemi di accumulo. Questi numeri, che ''superano ampiamente il fabbisogno nazionale individuato dal documento di descrizione degli scenari 2024 Terna-Snam e dai target nazionali, confermano che il Paese rappresenta una significativa opzione di investimento, anche grazie a meccanismi legislativi di sostegno alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili e ad una regolamentazione che ne incentiva lo sviluppo'', secondo la società.
In aggiunta, nell’ultimo biennio si è registrata una crescita delle richieste anche per gli utenti di consumo, che prelevano direttamente energia dalla rete di trasmissione nazionale e includono, ad esempio, impianti ad alto consumo energetico. Le richieste di connessione per questi utenti possono riguardare sia l’adeguamento di impianti già operativi sia la connessione di nuovi impianti alla rete. Tale tendenza è attribuibile per larga parte ai centri di elaborazione (data center): al 31 dicembre 2024 le richieste erano pari a circa 30 Gw, dato annuale 24 volte superiore rispetto a quello del 2021. Tali richieste sono principalmente localizzate nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia.
Terna annuncia che ''con lo scopo di favorire una sempre più ampia abilitazione delle rinnovabili e per garantire un’elevata qualità del servizio, in sinergia con i concessionari del servizio di distribuzione, è stato individuato un set di Cabine primarie da potenziare o da connettere alla Rete di trasmissione nazionale''. Il trend di tali richieste di connessione si è ulteriormente ampliato per effetto dei fondi messi a disposizione nell’ambito del Pnrr. Terna ha definito un approccio di gestione delle richieste di connessione basato sulla definizione di 76 'microzone' che ''consentono di modellare in modo efficace un perimetro all’interno del quale studiare soluzioni di connessione e quantificare la capacità rinnovabile addizionale che può essere integrata nella rete''.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Dallo sviluppo di infrastrutture abilitanti e innovative alla garanzia di stabilità e sicurezza della rete elettrica, passando per la risoluzione delle congestioni locali. Sono gli obiettivi del piano di sviluppo 2025 presentato da Terna. ''Considerato il complesso e sfidante contesto elettrico'' Terna comunica di aver ''svolto una importante attività di definizione delle priorità di sviluppo. Sono stati privilegiati gli interventi che offrono il massimo valore per il sistema, individuando soluzioni 'capital light' al fine di ridurre i costi e massimizzare l'efficacia degli investimenti necessari alla transizione energetica''.
Gli interventi previsti dal piano, che consentiranno di operare con una visione di lungo termine in considerazione delle esigenze della rete, rispondono alla necessità di ''sviluppare infrastrutture abilitanti e innovative, funzionali al raggiungimento della capacità obiettivo efficiente, per aumentare i limiti di transito tra le sezioni di mercato e massimizzare lo scambio di energia''. Il programma prevede anche di ''risolvere le congestioni locali, garantendo l’esercizio in sicurezza all’interno delle zone di mercato, tramite la pianificazione di interventi intrazonali''.
Terna punta inoltre a ''rispondere in modo efficiente a tutte le richieste di connessione alla rete attraverso la definizione di un nuovo modello, la Programmazione territoriale efficiente''. Infine sarà garantita ''la stabilità e la sicurezza della rete elettrica e l’integrazione dei mercati tramite le interconnessioni con l’estero, che consentono una gestione flessibile e bilanciata delle risorse energetiche, favorendo gli scambi tra le reti nazionali''.
Nell’orizzonte temporale del piano di sviluppo 2025, la maggioranza degli interventi previsti in esercizio entro il 2030 ha ottenuto l’autorizzazione o è già in fase di autorizzazione. Tra questi figurano le principali opere infrastrutturali dell’azienda, come Tyrrhenian Link, il collegamento hvdc sottomarino a 500 kV che unirà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna. ''L’opera consentirà una maggiore integrazione tra le diverse zone di mercato e un più efficace utilizzo dei flussi di energia proveniente da fonti rinnovabili''. L’opera sarà completata entro il 2028.
Tra le opere principali Terna segnala Adriatic Link: il collegamento hvdc tra Abruzzo e Marche da 1.000 MW di potenza lungo circa 250 km, di cui 210 km sottomarini. L’entrata in esercizio è prevista per il 2029. Entro il 2034 sono poi previsti ulteriori rinforzi infrastrutturali tra cui la Dorsale Adriatica: collegamento in corrente continua tra Foggia e Forlì che garantirà il rafforzamento del corridoio adriatico, permettendo un incremento sostanziale della capacità di scambio.
Terna prevede inoltre la realizzazione di importanti infrastrutture che hanno l’obiettivo di aumentare il livello di sicurezza della rete e la capacità intrazonale. Si tratta di interventi che favoriscono lo scambio di energia all’interno della stessa zona di mercato, funzionali all’integrazione delle fonti rinnovabili e alla risoluzione delle congestioni di rete a livello locale. Tra le opere previste, tre collegamenti a 380 kV in Sicilia (Chiaramonte Gulfi-Ciminna, Caracoli-Ciminna e Paternò-Priolo) e uno in Lombardia (Milano-Brescia).
Il Piano di Sviluppo 2025 di Terna si pone l’obiettivo di estrarre maggior valore dagli asset esistenti, tramite interventi di tipo 'capital light', che si basano su strumenti e soluzioni innovative e che si affiancano ai tradizionali interventi infrastrutturali, consentendo di perseguire rilevanti benefici per la rete. L’attività di Terna di pianificazione della futura rete elettrica può contare oggi su iter di approvazione semplificati per le grandi infrastrutture da parte di Arera e Mase. In particolare, l’Autorità, attraverso il meccanismo dell’approvazione per fasi, ha semplificato il processo fornendo strumenti per velocizzare il percorso di progettazione, autorizzazione e realizzazione.
Anche a valle delle recenti semplificazioni normative ''è stato possibile raggiungere una significativa riduzione dei tempip''. La realizzazione delle infrastrutture sarà supportata anche da strumenti che assicurano e garantiscono la sicurezza e la flessibilità del sistema. Su tutti, il Capacity market con cui Terna si approvvigiona di capacità tramite contratti aggiudicati attraverso aste competitive, e il Macse (Meccanismo per l’approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico). La prima asta del Macse sarà svolta da Terna il prossimo 30 settembre.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Martedì prossimo, 18 marzo, alle ore 10, presso la Sala Koch del Senato, le commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato svolgeranno l'audizione di Mario Draghi in merito al Rapporto sul futuro della competitività europea. L'appuntamento verrà trasmesso in diretta webtv.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Ad un mese dalla finale del festival della canzone italiana 2025, nella classifica dei singoli brani è ancora Sanremomania, con ben 13 brani passati in gara al Teatro Ariston nelle prime 13 posizioni. E questo fa segnare all'edizione 2025 un nuovo record rispetto agli ultimi anni, per numero di brani di Sanremo nella top ten ad un mese dal festival: se infatti quest'anno sono 10 (cioè l'intera top ten è composta da brani in gara al festival un mese fa), l'anno scorso era stati 7 come nel 2023, nel 2022 e nel 2021 erano stati 8 e nel 2024.
Nella top ten dei singoli infatti, al primo posto c'è proprio il brano vincitore del festival: 'Balorda Nostalgia' di Olly. Al secondo 'La cura per me' di Giorgia, al terzo 'Incoscienti giovani' di Achille Lauro, al quarto 'Battito' di Fedez, al quinto 'Cuoricini' dei Coma_Cose, al sesto 'Volevo essere un duro' di Lucio Corsi, al settimo 'Fuorilegge' di Rose Villain, all'ottavo 'La mia parola' di Shablo feat Joshua e Tormento, al nono 'Tu con chi fai l'amore' dei The Kolors, al decimo 'La tana del granchio' di Bresh. Ma l'elenco sanremese prosegue ininterrotto fino alla tredicesima posizione, con 'Anema e core' di Serena Brancale all'undicesimo posto, 'Chiamo io chiami tu' di Gaia al dodicesimo e 'Il ritmo delle cose' di Rkomi al tredicesimo.
Tra gli album l'arrivo di Lady Gaga con 'Mayhem' si piazza in vetta e scalza dalla prima posizione 'Tutta vita', l'album di Olly, che scende al terzo posto, per fare spazio a 'Vasco Live Milano Sansiro', che entra al secondo posto. In quarta posizione 'Dio lo sa - Atto II' di Geolier, in quinta entra direttamente 'Vita_Fusa' dei Coma_Cose, in sesta 'Debi tirar mas fotos' di Bad Bunny, in settima 'Tropico del capricorno' di Guè, in ottava posizione 'Locura' di Lazza, in nona 'È finita la pace' di Marracash e in decima chiude la top ten 'Icon' di Tony Effe. Mentre la compilation di Sanremo 2025 scende dal nono al quindicesimo posto.
Tra i vinili, è primo il 'Vasco Live Milano Sansiro', al secondo posto 'Mayhem' di Lady Gaga e al terzo la compilation 'Sanremo 2025'.
Roma, 14 mar. (Labitalia) - "Questo appuntamento, unico nel suo genere, rappresenta un fondamentale momento di approfondimento per i settori della logistica e del trasporto, offrendo un'opportunità unica di incontro, aggiornamento e confronto sulle sfide e le opportunità che caratterizzano un comparto strategico per i cittadini, per le famiglie e le imprese, con un approccio fortemente connesso alla sostenibilità ambientale". Lo scrive il presidente del Senato, Ignazio La Russa, nel messaggio inviato all'evento di chiusura della quarta edizione di "Let Expo", organizzato da Alis a Verona.
"Se i numeri registrati lo scorso anno rappresentano la migliore e più efficace sintesi della rilevanza del vostro operato - penso ai 400 espositori e alle oltre 100mila presenze complessive -, sono certo che i tanti appuntamenti che caratterizzano il programma di quest'anno, con incontri strategici, conferenze di settore, seminari interattivi, workshop pratici e dimostrazioni innovative, sapranno rappresentare un ulteriore momento di crescita e di affermazione", prosegue La Russa, che conclude: "Nel ribadire il mio plauso per il vostro prezioso contributo in un ambito di particolare rilievo per gli interessi nazionali, anche in relazione alle attuali dinamiche geo-politiche globali, l'occasione mi è gradita per inviarvi i miei più cordiali saluti".
Roma, 14 mar. - (Adnkronos) - In occasione di Didacta 2025 a Firenze, l'evento di riferimento per la formazione e l'innovazione nel settore scolastico, Acer ha ribadito il proprio impegno nel supportare l'evoluzione della didattica attraverso soluzioni tecnologiche all'avanguardia. La partecipazione dell'azienda alla fiera ha offerto l'opportunità di presentare le ultime novità in termini di prodotti e servizi, con un focus particolare su prestazioni, sicurezza, intelligenza artificiale e design.
"La presenza di Acer a Didacta sottolinea l'importanza del settore education, un ambito in cui siamo orgogliosamente leader di mercato," ha dichiarato Angelo D'Ambrosio, General Manager di Acer South Europe. "Didacta rappresenta un'occasione fondamentale per incontrare docenti, studenti e rivenditori specializzati nel mondo scolastico. In questa sede, presenteremo le nostre più recenti innovazioni di prodotto, caratterizzate da prestazioni elevate, sicurezza, funzionalità di IA e design robusto. Queste caratteristiche sono indispensabili per una didattica innovativa ed efficace."