Lo Stato italiano possiede oltre l’80 per cento di quote di Cassa depositi e prestiti attraverso il ministero delle Finanze, il capitale restante è detenuto da alcune fondazioni: Cariplo, Fondazione San Paolo e altre. Il bilancio di Cdp è dieci volte quello messo insieme di Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il ministero dell’Economia, essendo azionista quasi totalitario, esercita pienamente i suoi doveri istituzionali ma, nel momento in cui lo fa, deve spiegare ai cittadini italiani con grande trasparenza quali sono gli obiettivi che intende perseguire con questa enorme quantità di denaro generata dai risparmi del popolo italiano considerando che l’utilizzo di questa straordinaria quantità di risparmio delle famiglie è deciso dalla politica.
L’importanza della trasparenza su questo ente è quindi fondamentale perché se ad esempio il governo volesse usare la Cassa depositi e prestiti per risolvere crisi industriali – come ha dimostrato di voler fare nel caso dell’Ilva – dovrebbe cambiarne lo statuto. Ma se succedesse a favore di chi? Da ricordare che Cassa depositi e prestiti controlla: i prestiti allo Stato; il pagamento dei debiti dei Comuni; la partecipazione in 424 aziende operanti in ogni settore, produttivo o improduttivo, a parte poi Eni, Fintecna, Sace, Snam, Terna. Quindi il petrolio, il gas e l’elettricità.
Cassa depositi e prestiti attraverso i suoi fondi si occupa di strade, scuole, immobili, calamità naturali, agroalimentare, turismo, alberghi, beni culturali, difesa, grande distribuzione, telecomunicazioni, assicurazioni, intermediazione finanziaria.
Il governo italiano riconosce un rendimento a Cassa depositi e prestiti per i fondi che questa tiene in giacenza presso il conto corrente di tesoreria. L’importo totale afferente alla voce “C/C presso la Tesoreria” è risultato complessivamente di 152 miliardi al 31 dicembre 2014. La componente maggiormente rilevante compresa in questa voce è quella relativa alle giacenze sui conti correnti di Tesoreria intestati alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. che, alla stessa data, è risultato pari a 147 miliardi di euro. Cassa Depositi e prestiti ha un attivo che ammonta a 350 miliardi di euro.
Il debito pubblico in strumenti finanziari non negoziabili comprende, oltre ai prestiti, ai depositi ed al circolante, anche la parte di risparmio postale (buoni postali ordinari e a termine) che – dopo la trasformazione nel 2003 di Cassa depositi e prestiti in società per azioni e la classificazione nel settore delle istituzioni finanziarie – è rimasta nel bilancio dello stato centrale quale sua passività fino al rimborso (Def 2015). Il valore dei mutui erogati dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. la cui titolarità giuridica appartiene agli enti locali ma il cui onere di rimborso è integralmente a carico dell’amministrazione centrale, si è attestato intorno ai 32 miliardi di euro a fine 2014. Cassa depositi e prestiti può incidere strategicamente in positivo o in negativo sul tessuto produttivo italiano. Ad esempio il credit crunch rende difficoltoso l’accesso al credito da parte delle imprese. Un controllo sulle scelte di utilizzo delle risorse finanziarie è necessario soprattutto a seguito della nomina dei nuovi amministratori.
Entro dicembre è atteso il riassetto per un nuovo piano “industriale” di Cassa depositi e prestiti. Con Fabio Gallia e Claudio Costamagna, il presidente del consiglio Renzi e il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan stanno lavorando a stretto contatto. Tra le tante iniziative del nuovo piano ne è emersa una molto interessante quella per il Fondo per il contrasto alla povertà educativa inserito nel comma 6 dell’articolo 24 della legge di Stabilità. Il fondo è alimentato, con un Protocollo d’intesa, anche dalle fondazioni bancarie a cui però “verrà corrisposto un contributo, sotto forma di credito di imposta, pari al 75% dei versamenti effettuati”.
Ma chi dovrebbe controllare tutto questo operato lo ha fatto finora? Dovrebbe farlo la Commissione parlamentare per la vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti, che per legge “dovrebbe presentare annualmente al Parlamento una relazione sulla “direzione morale” e sulla “situazione materiale” della Cassa e approvarne i rendiconti consuntivi di tutte le gestioni che, previa parifica da parte della Corte dei conti, sono trasmessi in allegato alla predetta relazione al Parlamento entro l’anno successivo a quello cui essi si riferiscono”. Ad oggi non sono disponibili on line i verbali dell’attività della commissione, apparentemente “fantasma”. Inoltre la Commissione mista dovrebbe essere composta da quattro senatori e quattro deputati, tre consiglieri di Stato e un consigliere della Corte dei conti, scelti dalle rispettive Camere e dai presidenti degli istituti di appartenenza. Ma emergono “scarse” competenze dei componenti della commissione e soprattutto poca trasparenza sulla produttività in un momento strategico così importante per la Cdp. Pensar male è peccato ma spesso ci si indovina.
Di fatto, per il ritardo della Commissione i due sistemi di controllo – parlamentare e Corte dei Conti – non procedono integrati così come prevede la legge. Nel contempo un gruppo di cittadini attraverso l’osservatorio trasparenza si è prefissato, tra i vari obiettivi, di monitorare anche enti pubblici di rilevanza nazionale. Uno di questi è proprio la società per azioni a controllo pubblico Cassa depositi e prestiti. Dal monitoraggio è emerso un delicato problema di trasparenza di questa strategica società. E’ completamente assente la sezione “Amministrazione Trasparente”. Non sono stati di conseguenza nominati né il responsabile della trasparenza né quello del potere sostitutivo. Non esiste un piano triennale della trasparenza e neanche quello della prevenzione della corruzione. Il tutto giustificato dalla redazione web Relazioni istituzionali e Comunicazione esterna dell’ente con il fatto che bisogna attendere i lavori di un tavolo tecnico congiunto Mef/Anac/Consob che ad oggi non risulta ancora concluso. Insomma, possiamo solo affermare che i cittadini italiani esigono trasparenza su come i loro risparmi sono gestiti in Cassa depositi e prestiti ma la macchina amministrativa attuale, con la sua lentezza e inefficienza, non permette l’accesso tempestivo alle informazioni.
di Monica Montella, ricercatrice Istat
Le considerazioni contenute nel presente lavoro non impegnano l’istituto di appartenenza