Il partito al potere in Birmania, Partito della solidarietà e dello sviluppo per l’unione (Usdp), ha ammesso la sconfitta nelle elezioni generali, mentre si prospetta una ampia vittoria del partito di opposizione, la Lega Nazionale della Democrazia, guidata da Aung San Suu Kyi. “Abbiamo perso“, ha dichiarato il presidente ad interim del Usdp, Htay Oo, parlando a Reuters in una intervista. La Lnd ha annunciato di aver vinto 44 dei 45 seggi per la Camera bassa birmana assegnati a Rangoon e di avere conquistato tutti e 12 i seggi in palio nella ex capitale per la Camera alta. I dati non sono stati ancora confermati dalla commissione elettorale che sta rendendo noti i risultati molto lentamente.
“E’ troppo presto per parlare del risultato, ma credo che ne abbiate tutti un’idea”. Aung San Suu Kyi è cauta, ma fiduciosa. Comparendo nella sede centrale del partito davanti a una folla di sostenitori in festa già da domenica sera, la leader della Lnd ha commentato i primi dati parziali delle elezioni politiche tenute in Birmania. Il portavoce Win Htein ha detto che la Lnd si è aggiudicato finora circa il 70% dei voti, spiegando che secondo i voti contati fino adesso alla Lega è andato tra il 50% e l’80% delle preferenze su base nazionale.
Il conteggio ufficioso mostra, poi, un netto vantaggio dell’Nld nei seggi dell’ex capitale Rangoon e di Mandalay, la seconda città più popolosa del Paese. Un portavoce della Lnd ha fatto sapere di aver ottenuto oltre l’80% delle preferenze nelle zone centrali del Paese, nelle elezioni generali di ieri, mentre il conteggio prosegue. Nelle altre regioni della Birmania, negli Stati di Mon e Kayin, sinora il partito della Premio Nobel per la Pace ha ricevuto più del 65% dei voti, ha aggiunto. I risultati di altri cinque Stati non sono invece ancora stati resi noti.
Fin dalla vigilia delle elezioni, le prime libere da 25 anni, la Premio Nobel per la pace è stata data favorita, ma non è detto che riesca a ottenere la maggioranza in Parlamento, né è certo quanto potere le sarà ammesso di esercitare. Questo principalmente perché i militari, secondo la Costituzione, nominano il 25% delle Camere e i partiti legati ai gruppi etnici godono di ampio sostegno.
La vittoria di Suu Kyi, se arriverà, rischia di essere ridimensionata dall’esercito e da tutte le regole che gli garantiscono un parziale mantenimento dello status quo. In primis con l’emedamento alla Costituzione che le impedisce di ricoprire la carica di presidente, avendo due figli con passaporto straniero (britannico, come il marito). Anche se Suu Kyi, in campagna elettorale, ha promesso che in caso di vittoria guiderà comunque il governo, con un ruolo “al di sopra del presidente”. Un esecutivo, però, dove diversi membri chiave sono nominati proprio dai militari.
Domenica il presidente Thein Sein ha ribadito che il risultato sarà rispettato. Come non avvenne nelle elezioni del 1990, quando la Lnd vinse le elezioni ma la giunta ignorò il risultato e restò al potere. E come non accadde nel 2010, quando i partiti pro-militari corsero indisturbati perché la Lega boicottò il voto a causa della non ammissione della sua leader, che era (di nuovo) agli arresti domiciliari. L’esercito cedette il potere a un governo civile l’anno dopo e Thein Sein, premier nella giunta, fu messo alla sua guida.
“Accetteremo la volontà degli elettori, qualunque essa sia”, ha detto Sein dopo aver votato nella remota capitale Naypyidaw. Suu Kyi spera in una vittoria della Lnd con un sostegno così ampio da poter stabilire una vera democrazia nel Paese. Una democrazia non limitata alle riforme sinora applicate dal governo in carica, che giudica parziali. Gli strascichi della dittatura che ha segnato la Birmania dal 1962 al 2011 restano evidenti. La società è afflitta da grave diseguaglianza, la libertà di stampa è stata promossa ma continuano gil arresti di giornalisti e attivisti, proseguono conflitti con gruppi di guerriglieri per motivi etnici, e i musulmani restano discriminati come accade soprattutto alla minoranza Rohingya.
Il voto si è svolto in modo ordinato seppure con qualche irregolarità. Lo ha confermato Alexander Lambsdorff, a Rangoon in qualità di capo della missione di osservatori dell’Unione europea, citato da Channel News. “In nessun Paese le elezioni sono perfette”, ha detto. Dopo le denunce ricevute durante la campagna elettorale, domenica la Commissione statale ha avuto nuove segnalazioni, tra cui errori nelle liste e intimidazioni. In uno dei casi più eclatanti, il ministro dei Trasporti Than Tun ha rischiato di non votare perché qualcuno lo aveva già fatto a suo nome, hanno riferito i media birmani.