Non solo aveva con sé la pistola calibro 9 per 21 e 86 proiettili. Ma aveva lasciato anche un biglietto in cui descriveva cosa stava per fare: sparare ai genitori della fidanzata sedicenne. Ora la madre della ragazzina è morta, mentre il marito è in coma irreversibile. “Confesso l’omicidio di Fabio Giacconi e Roberta Pierini” ha scritto Antonio Tagliata. Insieme a quel biglietto aveva scritto anche tre lettere al padre, alla madre e ai fratelli, con le quali chiedeva scusa. “Ero sicuro che sarei morto”, si è giustificato il 18enne durante l’interrogatorio: “Ho scritto il biglietto per proteggere mio padre, che ha avuto problemi con la giustizia”. Carlo Tagliata, infatti, è un pregiudicato, spiega il legale del 18enne, Luca Bartolini, e il figlio, preoccupato che i sospetti potessero ricadere sul genitore, si sarebbe assunto preventivamente la responsabilità di quello che stava per fare. I genitori le hanno interpretate come l’annuncio di un suicidio, e per questo si sarebbero rivolti alle forze di polizia, non sapendo ancora, affermano, dell’avvenuta sparatoria in casa dei Giacconi. Il biglietto con la confessione dell’omicidio potrebbe aggravare la posizione del ragazzo, che ha detto di aver sparato per difendersi dalla reazione aggressiva di Giacconi. Una circostanza in più a suo sfavore, come la conferma che in tasca, oltre alla pistola cal. 9X21, aveva anche 86 proiettili. Sulla reale provenienza dell’arma, che ha la matricola abrasa, le indagini proseguono. Martedì mattina è previsto l’interrogatorio di garanzia per Tagliata, giorno in cui è fissata anche l’autopsia sul cadavere della Pierini.
Intanto continuano le indagini dei carabinieri e della procura marchigiana che puntano ad accertare le responsabilità dei due fidanzati e a ricostruire con precisione quello che è avvenuto sabato 7 novembre nell’appartamento di via Crivelli. I pm, Andrea Laurino per Tagliata, e Anna Weger della procura dei minori per la sedicenne, continuano a raccogliere le testimonianze di vicini e familiari dei Giacconi e di Tagliata. Si cerca di completare il quadro dello scenario in cui è maturato il delitto, scatenato, sembra, dalla contrarietà dei Giacconi alla storia d’amore dei due ragazzi.
Durante l’interrogatorio nella caserma dei carabinieri la sedicenne ha pianto: “Non doveva finire così“. Mentre il fidanzato ha continuato a ripetere la stessa frase: “Non volevo uccidere, volevo solo un chiarimento con i genitori della mia ragazza: ma il padre mi è venuto addosso e io ho sparato. Non ricordo nient’altro”. Anche se Tagliata, aspirante cuoco, amante della boxe, si è presentato al “chiarimento” con 15 proiettili nel caricatore, altri due caricatori – rivela il Corriere della Sera – e, appunto, 86 pallottole sparse nelle tasche. Durante l’interrogatorio poi il ragazzo ha raccontato che “è stata lei a dire ‘spara’“.
Una versione riportata anche dal padre di Antonio che lo difende: “L’hanno descritto come un mostro, ma non lo è: lei è sveglia, lo ha plagiato. E’ lei che gli ha detto di sparare”, lo difende il padre Carlo, sfiorato nel 2005 da un’inchiesta sull’omicidio del custode del cimitero di Ancona, ma poi uscitone indenne. Sarebbe stato proprio il passato del padre di Antonio e il suo ambiente familiare, a scatenare l’avversione dei Giacobbi per quella relazione tra adolescenti.
Finora è stato accertato che sabato all’ora di pranzo, il 18enne è passato a prendere all’uscita di scuola la ragazzina, studentessa di un istituto tecnico. I due si sono presentati a casa. La sedicenne ha aperto la porta. Un quarto d’ora di confronto con i genitori, poi la situazione è precipitata. “Eravamo andati dai miei per un chiarimento, non doveva finire così. Siamo entrati in casa insieme, e quando Antonio ha sparato sono rimasta impietrita. Dopo l’ho seguito perché avevo paura”, racconta la figlia della Pierini e di Giacconi che chiede agli inquirenti: “Antonio dove lo portano adesso?”. “Io non voglio andare dai miei parenti, mi vergogno”, piange. “Vi chiedo aiuto”.
Dopo gli spari i due fidanzati sono scappati insieme: in autobus hanno raggiunto la stazione di Falconara marittima, da dove il ragazzo avrebbe chiamato i genitori per costituirsi, prima che i due venissero bloccati da una pattuglia di carabinieri. La pistola, una calibro 9X21, con la matricola abrasa, ha detto di averla portata e impugnata lui, per poi gettarla in un cassonetto. “Io non l’ho toccata“, ha confermato lei davanti al pm dei minori Anna Weger.
A far ritrovare l’arma è stato il ragazzo, ora rinchiuso nel carcere di Ancona, mentre la minore è stata portata in una struttura protetta della città, in attesa della nomina di un tutore. Entrambi sono accusati di omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco. Otto i colpi esplosi: due, di cui uno alla testa, hanno raggiunto la Pierini; altri quattro o cinque il marito (uno alla nuca, mentre tentava di fuggire in terrazzo).
Martedì mattina intanto è previsto l’interrogatorio di garanzia per Tagliata, giorno in cui è fissata anche l’autopsia sul cadavere della Pierini. Mentre sull’arma sono stati eseguiti anche accertamenti relativi alle impronte e al Dna di chi l’ha maneggiata. Esami di laboratorio cercheranno di risalire anche al numero di matricola della pistola, per capire da dove arriva e in che modo Tagliata se la sia procurata.
Cronaca
Omicidio Ancona, i biglietti di Antonio lasciati a casa: “Confesso l’omicidio di Giacconi e Pierini”
Agli inquirenti dice: "Ero sicuro che sarei morto, ho scritto quel foglio per proteggere mio padre, che ha avuto problemi con la giustizia". Trovate anche tre lettere al padre, alla madre e ai fratelli, con le quali il 18enne Tagliata chiedeva scusa. Il giovane si è presentato in casa dei genitori della fidanzatina con 86 proiettili in tasca. Fabio Giacconi è in coma irreversibile. E la figlia sedicenne è in una struttura protetta della città
Non solo aveva con sé la pistola calibro 9 per 21 e 86 proiettili. Ma aveva lasciato anche un biglietto in cui descriveva cosa stava per fare: sparare ai genitori della fidanzata sedicenne. Ora la madre della ragazzina è morta, mentre il marito è in coma irreversibile. “Confesso l’omicidio di Fabio Giacconi e Roberta Pierini” ha scritto Antonio Tagliata. Insieme a quel biglietto aveva scritto anche tre lettere al padre, alla madre e ai fratelli, con le quali chiedeva scusa. “Ero sicuro che sarei morto”, si è giustificato il 18enne durante l’interrogatorio: “Ho scritto il biglietto per proteggere mio padre, che ha avuto problemi con la giustizia”. Carlo Tagliata, infatti, è un pregiudicato, spiega il legale del 18enne, Luca Bartolini, e il figlio, preoccupato che i sospetti potessero ricadere sul genitore, si sarebbe assunto preventivamente la responsabilità di quello che stava per fare. I genitori le hanno interpretate come l’annuncio di un suicidio, e per questo si sarebbero rivolti alle forze di polizia, non sapendo ancora, affermano, dell’avvenuta sparatoria in casa dei Giacconi. Il biglietto con la confessione dell’omicidio potrebbe aggravare la posizione del ragazzo, che ha detto di aver sparato per difendersi dalla reazione aggressiva di Giacconi. Una circostanza in più a suo sfavore, come la conferma che in tasca, oltre alla pistola cal. 9X21, aveva anche 86 proiettili. Sulla reale provenienza dell’arma, che ha la matricola abrasa, le indagini proseguono. Martedì mattina è previsto l’interrogatorio di garanzia per Tagliata, giorno in cui è fissata anche l’autopsia sul cadavere della Pierini.
Intanto continuano le indagini dei carabinieri e della procura marchigiana che puntano ad accertare le responsabilità dei due fidanzati e a ricostruire con precisione quello che è avvenuto sabato 7 novembre nell’appartamento di via Crivelli. I pm, Andrea Laurino per Tagliata, e Anna Weger della procura dei minori per la sedicenne, continuano a raccogliere le testimonianze di vicini e familiari dei Giacconi e di Tagliata. Si cerca di completare il quadro dello scenario in cui è maturato il delitto, scatenato, sembra, dalla contrarietà dei Giacconi alla storia d’amore dei due ragazzi.
Durante l’interrogatorio nella caserma dei carabinieri la sedicenne ha pianto: “Non doveva finire così“. Mentre il fidanzato ha continuato a ripetere la stessa frase: “Non volevo uccidere, volevo solo un chiarimento con i genitori della mia ragazza: ma il padre mi è venuto addosso e io ho sparato. Non ricordo nient’altro”. Anche se Tagliata, aspirante cuoco, amante della boxe, si è presentato al “chiarimento” con 15 proiettili nel caricatore, altri due caricatori – rivela il Corriere della Sera – e, appunto, 86 pallottole sparse nelle tasche. Durante l’interrogatorio poi il ragazzo ha raccontato che “è stata lei a dire ‘spara’“.
Una versione riportata anche dal padre di Antonio che lo difende: “L’hanno descritto come un mostro, ma non lo è: lei è sveglia, lo ha plagiato. E’ lei che gli ha detto di sparare”, lo difende il padre Carlo, sfiorato nel 2005 da un’inchiesta sull’omicidio del custode del cimitero di Ancona, ma poi uscitone indenne. Sarebbe stato proprio il passato del padre di Antonio e il suo ambiente familiare, a scatenare l’avversione dei Giacobbi per quella relazione tra adolescenti.
Finora è stato accertato che sabato all’ora di pranzo, il 18enne è passato a prendere all’uscita di scuola la ragazzina, studentessa di un istituto tecnico. I due si sono presentati a casa. La sedicenne ha aperto la porta. Un quarto d’ora di confronto con i genitori, poi la situazione è precipitata. “Eravamo andati dai miei per un chiarimento, non doveva finire così. Siamo entrati in casa insieme, e quando Antonio ha sparato sono rimasta impietrita. Dopo l’ho seguito perché avevo paura”, racconta la figlia della Pierini e di Giacconi che chiede agli inquirenti: “Antonio dove lo portano adesso?”. “Io non voglio andare dai miei parenti, mi vergogno”, piange. “Vi chiedo aiuto”.
Dopo gli spari i due fidanzati sono scappati insieme: in autobus hanno raggiunto la stazione di Falconara marittima, da dove il ragazzo avrebbe chiamato i genitori per costituirsi, prima che i due venissero bloccati da una pattuglia di carabinieri. La pistola, una calibro 9X21, con la matricola abrasa, ha detto di averla portata e impugnata lui, per poi gettarla in un cassonetto. “Io non l’ho toccata“, ha confermato lei davanti al pm dei minori Anna Weger.
A far ritrovare l’arma è stato il ragazzo, ora rinchiuso nel carcere di Ancona, mentre la minore è stata portata in una struttura protetta della città, in attesa della nomina di un tutore. Entrambi sono accusati di omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco. Otto i colpi esplosi: due, di cui uno alla testa, hanno raggiunto la Pierini; altri quattro o cinque il marito (uno alla nuca, mentre tentava di fuggire in terrazzo).
Martedì mattina intanto è previsto l’interrogatorio di garanzia per Tagliata, giorno in cui è fissata anche l’autopsia sul cadavere della Pierini. Mentre sull’arma sono stati eseguiti anche accertamenti relativi alle impronte e al Dna di chi l’ha maneggiata. Esami di laboratorio cercheranno di risalire anche al numero di matricola della pistola, per capire da dove arriva e in che modo Tagliata se la sia procurata.
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Cecilia Sala, Teheran gela il governo: “Trattata bene, ora rilasciate Abedini”. Pressing Usa: “L’iraniano resti in cella”. E Meloni incontra la madre della cronista
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Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto. Capire no, mi spiace. Magari, capire qualcosa mi piacerebbe". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono se la giornalista potrà avere altre visite da parte dell'ambasciata.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... glielo ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "No, dopo ieri nessun'altra telefonata". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, ai cronisti dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. "Le telefonate non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
"Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari". Lo ha detto Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala, dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Adesso, assolutamente, le condizioni carcerarie di mia figlia". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono quali siano le sua maggiori preoccupazioni. "Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...".