Degli scontrini di Matteo Renzi sindaco ancora nessuna traccia. A ormai un mese dalla richiesta, Palazzo Vecchio temporeggia ancora e con un pretesto nega ai consiglieri comunali l’accesso agli atti, nonostante sia un diritto a loro riconosciuto per legge.
Così ieri mattina il consigliere di Sel, Tommaso Grassi, ha organizzato un flash-mob in piazza della Signoria e ha poi occupato gli uffici della direzione generale con sacco a pelo e l’occorrente per la notte. “Siamo stanchi di essere presi in giro, è ormai chiaro come il sole che abbiano qualcosa da nascondere”, afferma Grassi. Il dirigente che custodisce gli atti, Francesca Santoro, aveva accordato a Grassi – dopo varie richieste – un incontro per venerdì alle 12. Ma al mattino una missiva del direttore generale, Giacomo Parenti, ha intimato di tenere ancora sotto chiave i documenti. Motivo? “La documentazione richiesta risulta particolarmente voluminosa” e la “Procura della Corte dei conti ha aperto un’inchiesta in merito pertanto il tutto è coperto da riservatezza”. Ma la riservatezza è sull’inchiesta, non sulle spese di rappresentanza.
Non solo: come ha fatto sapere la stessa magistratura contabile, la riservatezza non è applicabile ai consiglieri comunali a cui deve essere garantito per legge libero accesso agli atti. Ancora ieri il sindaco, Dario Nardella, interpellato in merito, ha ribadito che il Comune di Firenze “è trasparente e rispetta le norme sulla divulgazione delle spese di rappresentanza”. Sul sito internet però rimangono sempre e solo dei resoconti superficiali e privi di dettagli. Si parla genericamente di “incontri istituzionali” e mancano persino le date di riferimento.
Insomma, se per la legge è tutto in ordine, allora perché non rendere pienamente trasparenti e dettagliate le spese sostenute come ha fatto l’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino? “Cosa hanno da nascondere? Forse qualche viaggio a Roma per andare in tv? O qualche cena di troppo?”, insiste Grassi. “Perché non seguono l’esempio di Marino?”. Il sindaco tenta di liquidare il paragone con una battuta: “Marino non è un esempio da seguire”. Piaccia o no a Nardella “gli scontrini prima o poi dovranno consegnarceli: lo prevede la legge”, spiega ancora Grassi.
Il consigliere ha risposto alla lettera del direttore generale chiedendogli proprio di motivare il diniego e la pretesa segretezza. “Vorremo conoscere a quale regolamento, norma, cavillo si appella: aspettiamo una risposta che ci illumini definitivamente”. Grassi la aspetterà direttamente fuori dalla direzione, nella Sala Rossa: “Ormai è una battaglia di legalità”.
Da il Fatto Quotidiano di domenica 8 novembre 2015