Il presidente del consiglio Renzi ha da poco illustrato la proposta del governo per le aree Expo: il progetto Human Technopole il cui core è costituto dall’Istituto Italiano di Tecnologia. Poiché la gran cassa mediatica che ha universalmente accompagnato l’operazione ha spesso riportato che il modello Iit sarebbe quello del Max Planck tedesco, prima di addentrarci in una discussione sull’opportunità della scelta del governo, ci sembra necessario chiarire alcuni punti.
L’Istituto Italiano di Tecnologia è stato fondato con (Legge 326/2003) “lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico del paese e l’alta formazione tecnologica, favorendo così lo sviluppo del sistema produttivo nazionale”. In altri interventi abbiamo discusso sia le motivazioni politiche che hanno portato alla formazione del nuovo istituto sia la sua performance scientifica. A dodici anni di distanza dalla sua fondazione, come spiega la relazione della Corte dei Conti, all’Iit ci lavorano un migliaio di ricercatori (quasi tutti con contratti temporanei) e “con riguardo alla collaborazione con il mondo industriale, l’Istituto ha acquisito 43 nuovi contratti, per un controvalore complessivo di 2,8 milioni cui deve essere aggiunto il valore della strumentazione dell’Istituto utilizzata per lo svolgimento dei progetti, stimata in 500 mila euro”. Essendo il finanziamento annuo, da parte dello Stato, di 100 milioni, il contributo dell’industria (quanti spin off dello stesso Iit?) si attesta dunque a circa il 3%.
In Germania la rete d’istituti di ricerca della “Società Max Planck per lo sviluppo della scienza” è orientata verso la ricerca di base mentre la “Società Fraunhofer per lo sviluppo della ricerca applicata” supporta in modo sistematico i collegamenti tra scienza e industria. Perciò in Italia gli istituti del Consiglio Nazionale della Ricerca e degli altri enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’Università e della Ricerca svolgono un ruolo simile a quello del Max Planck per quanto riguarda la ricerca fondamentale. Mentre l’Iit, che ha come missione quello di promuovere l’innovazione, si deve paragonare al modello Fraunhofer.
Nell’organizzazione Fraunhofer lavorano circa 23,000 tra ricercatori e ingegneri, la maggior parte con contratti permanenti, con un budget di ricerca annuo di circa 1,7 miliardi di euro di cui solo il 30% è finanziato attraverso fondi pubblici (governo federale o governo locale) mentre il 70% proviene da contratti con industrie o da bandi per progetti di ricerca applicata, sia a livello nazionale sia internazionale. Cioè mentre all’Iit si raccolgono 3 milioni di euro da industrie e privati (3%), il Fraunhofer ne raccoglie più di un miliardo (70%).
Vittorio Grilli, il fondatore dell’Iit, nel 2004 ha scritto che l’obiettivo principale dell’Istituto è di “catalizzare una massa critica di attività di ricerca (…) tale da consentire all’Italia di mantenere un ruolo primario nel gruppo dei paesi più avanzati anche nei decenni a venire” contando per una parte del suo budget sui finanziamenti privati. A undici anni di distanza con il 3% di finanziamento da parte del sistema industriale (3 milioni di euro) davvero l’Iit è stato capace di “catalizzare una massa critica di attività di ricerca” contando sui finanziamenti privati? E’ per questo che l’Iit è stato scelto come core del nuovo progetto del governo?
Ci sono altri importanti punti critici:
1) Chi ha deciso i settori del tecnopolo e con quali criteri? Se si fosse aperto un bando nazionale come in Germania per le iniziative di eccellenza si sarebbe fatta una selezione seria: così invece non si sa chi ha deciso e con quali obiettivi strategici.
2) C’è uno squilibrato accentramento delle risorse nell’area di Milano mentre il resto del paese muore. Se si decide di fare un centro di eccellenza nazionale, perché questo si deve integrare con le competenze sul territorio locale e non con quelle di altre zone del Paese? Si tratta di finanziamenti destinati al Paese o si tratta di qualcosa destinato alla Lombardia? Di nuovo la retorica dell’eccellenza (tutta da verificare) serve solo per nascondere scelte importanti di politica scientifica a livello nazionale.
3) Inoltre bisogna tener presente che queste sono risorse drenate a università e ricerca il che significa che suonano la campana a morto per il resto del sistema. Ad esempio per gli altri enti di ricerca la legge di stabilità prevede tagli lineari, che saranno di entità tale da metterli in seria difficoltà poiché molti di essi presumibilmente non riusciranno a pareggiare i conti. Inoltre è previsto un taglio di 660 milioni nei prossimi tre anni al Ministero dell’Università e della Ricerca. Infine mentre all’intero sistema universitario italiano sono destinati 91 milioni di euro, il governo si propone di investire 150 milioni all’anno nel nuovo tecnopolo milanese.
E la comunità scientifica che dice? Si sta organizzando per raccogliere qualche briciola o cercherà di aprire una discussione?