Non era ancora cessato l’allarme a Parigi che su Internet erano già iniziati a circolare i messaggi, veri o presunti, dei fondamentalisti che si intestavano la paternità delle stragi. Tutti dello stesso tenore: “E’ il vostro 11 settembre”, “Colpita la capitale dell’abominio e della perversione”, “E’ solo la prima goccia”, “Bevete la stessa coppa delle vittime delle bombe francesi in Siria”.
L’ultima rivendicazione, ritenuta credibile, è arrivata tramite un comunicato dello Stato islamico diffuso dai media francesi: “Questo attacco non è che l’inizio della tempesta e un avvertimento”.
Gli obiettivi – a quanto si apprende – sono stati scelti minuziosamente: “Otto fratelli che portavano cinture esplosive e fucili d’assalto hanno preso di mira luoghi scelti nel cuore della capitale francese”. “La Francia – prosegue il comunicato – e quelli che seguono la sua voce devono sapere che restano i principali obiettivi dello Stato islamico e che continueranno a sentire l’odore della morte per essersi messi in testa alla crociata, aver osato insultare il nostro profeta, essersi vantati di combattere l’Islam in Francia e aver colpito i musulmani nella terra del califfato con i loro aerei”.
E poi l’elenco dei luoghi colpiti dagli “otto fratelli” e dalla loro furia omicida: “Lo Stade de France durante la partita di due nazioni crociate al quale assisteva lo scemo di Francia, Francois Hollande. Il Bataclan dove erano riuniti centinaia di idolatri in una festa di perversione insieme ad altri obiettivi simultaneamente nel X, XI e XII arrondissment”.
Proclami farneticanti che, secondo gli esperti di terrorismo islamico di site.com, sono inseriti in una precisa strategia di comunicazione: una propaganda coordinata.
Fatto sta che il pubblico dei sostenitori degli attacchi al cuore della Francia era presente in gran numero su Twitter. Subito, insieme agli hashtag #Paris e #ParisAttack, utilizzati dalla maggior parte degli utenti che hanno seguito l’evolversi degli attentati, ne sono apparsi subito altri come #ParisisBurning, #Caliphate_State_Strikes_France o #Crusader_France_OnFire. È nel circuito di questi hashtag, utlizzati sia in inglese che, soprattutto, in arabo, che si è assistito alla felicità dei simpatizzanti dello Stato Islamico ogni volta che la conta delle vittime veniva aggiornata.
Una cronaca parallela, fatta di esultanze e continue minacce all’Occidente, che è continuata per tutta la durata degli attacchi, prima che molti dei profili più attivi venissero messi offline dal social network. “Parigi sta bruciando e presto, con il volere di Dio, tutto il Paese brucerà. Vi faremo assaporare l’amaro”, si leggeva in un tweet pubblicato da un supporter del Califfato durante gli scontri a fuoco e le esplosioni nella capitale.
Poi le minacce ai Paesi impegnati nella lotta allo Stato islamico in Siria e all’Occidente, con la promessa di colpire di nuovo, presto, provocando ancora un alto numero di vittime: “Dopo Parigi, ora tocca a Roma, Londra e Washington”.
Un atto di vendetta, dicono, per i bombardamenti che questi Stati stanno conducendo o sostenendo nelle “terre del Califfato”: “Oggi, ogni kafir (miscredente, ndr) a Parigi e nel resto della Francia può provare quello che milioni di musulmani innocenti in Siria e Yemen provano ogni giorno”.
(ha collaborato Gianni Rosini)