“Denuncerò i commercianti che non si ribellano al pizzo per concorso esterno in associazione di stampo mafioso o associazione per delinquere finalizzata al reato di estorsione”. Sono le parole del questore di Foggia, Piernicola Silvis, dopo gli ultimi due attentati dinamitardi messi a segno nel giro di 48 ore ai danni di altrettanti negozi nel capoluogo di provincia. Questa presa di posizione ha già dato i primi frutti. “Abbiamo ricevuto delle richieste di contatto” svela Silvis a ilfattoquotidiano.it. E lancia un appello agli operatori economici del territorio: “Non tollereremo l’omertà, piuttosto agli esercenti e ai cittadini dico di denunciare perché siamo in grado di proteggerli”. È da quando si è insediato, oltre un anno fa, che il questore cerca di attirare l’attenzione sulle infiltrazioni criminali a Foggia e nel Gargano. Un fenomeno per molto tempo sottovalutato, se non completamente ignorato.

LA PRESA DI POSIZIONE DEL QUESTORE – “Sapevo di attirarmi delle critiche con queste dichiarazioni impopolari nei confronti dei commercianti” conferma Silvis, che si dice “convinto di questa presa di posizione, peraltro molto meditata”. Non svelare i nomi di chi chiede il pizzo, danneggiare le proprietà degli esercenti che non pagano e, nei casi più estremi, attentare alla loro vita significa in qualche modo essere complici. “È chiaro che si dovrà valutare caso per caso – spiega il questore di Foggia – perché non tutte le situazioni sono uguali e non tutti gli imprenditori o i negozianti che non denunciano gli estortori possono essere considerati loro complici”. Eppure secondo Silvis “in alcuni casi c’è un atteggiamento di convenienza”. La sfida, invece, è arrivare a una presa di coscienza. Che al momento non c’è. “Sono convinto che se tutti i commercianti denunciassero il pizzo alle forze dell’ordine, la piaga delle estorsioni si ridimensionerebbe e potrebbe persino essere debellata” spiega. Invece le denunce sono ancora troppo poche.

IL TERRITORIO SOTTO SCACCO – Il diktat di Piernicola Silvis a molti è sembrato quasi una minaccia nei confronti dei commercianti, già esposti a continue pressioni da parte della criminalità organizzata. Ma questo Silvis lo sa bene. Fu lui a raccontare nel giugno del 2014 alla Commissione parlamentare per i reati contro gli amministratori pubblici quello che stava accadendo a Foggia. E della ‘Società’, una mafia autoctona che ha mani ovunque: dagli appalti pubblici al riciclaggio di denaro nei centri scommesse, dalle estorsioni al business del fotovoltaico. “Una vera e propria associazione per delinquere di stampo mafioso ex 416 bis” disse Silvis alla presidente della Commissione, la senatrice Doris Lo Moro, nel corso di un’audizione sconcertante. “E mentre si cerca di seminare il terrore nel nostro territorio – dice oggi il questore – il resto del Paese non sa nulla di ciò che accade da queste parti. Ancora mi chiedono della Sacra Corona Unita. Che qui non c’è”. Già, perché qui la criminalità organizzata si chiama ‘Società foggiana’, comanda tutto tra Foggia e San Severo e “si sta consociando con le associazioni criminali che operano sul Gargano”. Quello di Foggia è lo stesso territorio dove solo lo scorso anno Tano Grasso, presidente onorario della Fai, è riuscito ad aprire un’associazione antiracket. Quest’estate Grasso aveva già detto la sua sui commercianti. Prima la premessa: “Si registra un incremento delle persone che denunciano il racket”. Poi la batosta: “Basta con gli alibi e la ricerca di convenienza. In 25 anni non mi ero mai trovato in questa situazione”. Qualcuno aveva persino rifiutato l’aiuto dopo essere rimasto vittima del racket.

LA STRATEGIA DEL TERRORE E LA TUTELA – La recrudescenza degli attentati dinamitardi è solo la conseguenza di un ‘sistema’ molto più grande. Per chi vive da queste parti, non c’è nulla di nuovo sotto il cielo. Ci si abitua a periodi di calma alternati a quelli di guerriglia, in cui il racket alza il tiro. Le ultime due esplosioni, pochi giorni fa, ai danni di altrettanti negozi, uno di casalinghi (nel centro di Foggia) l’altro di scarpe (in una delle principali vie dello shopping). Tutto nel giro di 48 ore. Tre giorni prima una bomba era stata piazzata ai piedi di un altro negozio di calzature in una zona più periferica. Non solo. La scorsa settimana due agguati mortali, a Torremaggiore e a Cerignola, mentre altri tre tentati omicidi si sono registrati sul territorio un mese fa. “Qui tutti vogliono sicurezza – commenta il questore – ma pochi sono disposti a fare qualcosa per ottenerla. Basta lamentarsi, le forze dell’ordine possono tutelare a pieno chi denuncia”. E rassicura: “Non lo dico io, lo dicono gli stessi pentiti della ‘Ndrangheta. Le vittime che denunciano oggi non vengono più toccate, perché sarebbe controproducente”. Così il questore invita gli esercenti a seguire l’esempio di Bagheria, dove molti commercianti hanno denunciato le estorsioni o, comunque, collaborato con gli inquirenti. Un’altra storia, un’altra mafia quella. Un altro livello di attenzione sulla guerra che si stava combattendo. Mentre altrove si è preferito chiudere gli occhi.

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