La maggior parte delle spese informatiche dell’Inps sono “incomprimibili“. Di conseguenza il taglio del 50% della spesa corrente previsto dalla legge di Stabilità renderà “impossibile” per l’istituto di svolgere le proprie funzioni. Non solo: “Rischia di indebolire il contrasto all’evasione“. A lanciare l’allarme è stato il presidente Tito Boeri nel corso di un’audizione alla Camera. Ma l’economista ha anche messo sul tavolo un’accusa ulteriore: “Questi provvedimenti vengono da una proposta di Ibm per Confindustria di novembre di quest’anno e arrivano all’ultimo secondo in Stabilità”. Il cofondatore de lavoce.info, che ha già avuto modo di criticare la manovra perché sulle pensioni “fa interventi selettivi” e “crea asimmetrie”, ha definito “grave” la decisione del governo.
“Pensavamo ad una svista, ma poi l’intervento è stato confermato con il maxiemendamento” su cui il Senato ha votato la fiducia venerdì scorso. In base al quale però l’obiettivo andrà raggiunto in tre anni, non uno come nella prima versione, sarà limitato alla “spesa corrente” e non riguarderà i canoni dei servizi di connettività, cioè per esempio l’accesso alla banda larga. Un ripensamento non solo insufficiente (la norma resta “distorsiva e penalizzante”) ma dietro al quale l’economista ha ipotizzato ci sia anche uno specifico interesse. L’esclusione delle spese in conto capitale effettuate tramite la centrale acquisti Consip permetterà infatti di continuare a comprare nuovo hardware, ma andrà a scapito di “manutenzione” di software e hardware esistenti, “licenze d’uso, connettività della fonia e sicurezza“. Ne farà le spese anche, si fa notare dall’entourage di Boeri, “il personale tecnico informatico che effettua aggiornamenti, controlli e progetti particolari. Si pensi a servizi come La mia pensione, che permette di simulare quale sarà l’ammontare del futuro assegno”.
L’economista ha spiegato che su 350 milioni di spesa corrente 198 sono appunto “incomprimibili”. “Sono spese necessarie al funzionamento del sistema Inps e a fornire i servizi dell’istituto”, ha continuato il professore. “In questo modo – ha detto – rischiamo di non poter accendere le macchine e erogare i servizi. È un intervento draconiano. Mi auguro che su questa decisione si torni indietro. Dal taglio sono esonerati il ministero dell’Economia e le agenzie fiscali nell’ottica della lotta all’evasione, lotta che fa anche l’Inps: si pensi che ci sono 208 milioni di linee di codice casellario” con “17 milioni di posizioni attive, 15 milioni per i lavoratori dipendenti, 25 milioni di lavoratori attivi. Queste banche dati sono fondamentali”. Insomma, oltre al resto “questa norma che resta nel maxi emendamento potrebbe fortemente penalizzare il lavoro per il contrasto evasione fiscale e contributiva“.
Il presidente Inps ha ricordato che le banche dati richiedono una manutenzione costante e, rispondendo a un’osservazione di un membro della Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, si è detto contrario a trasferirle fuori dall’istituto. No al “disegno privatistico”, ha chiuso le porte Boeri, perché “si tratta di patrimonio che deve esser messo a disposizione” ed “è per questo che abbiamo siglato convenzioni con altri enti della Pa”: “La direzione di marcia deve essere la messa in rete dei dati. Il principio per cui si deve trasferire tutto al di fuori è pericoloso” e “non ci sembra la formula più efficiente”. Inoltre “è molto importante che le banche dati e l’attività ispettiva siano molto intrecciati tra loro”.
L’attacco di Boeri arriva a poche settimane dalla pubblicazione sul sito dell’Inps della proposta di legge per una riforma complessiva del sistema previdenziale e assistenziale. Proposta che era stata già girata all’esecutivo la scorsa estate, ma è rimasta inascoltata. E, una volta diffusa nella sua completezza, ha immediatamente scatenato polemiche perché prevede tra l’altro penalizzazioni per 250mila pensionati i cui assegni non sono giustificati dai contributi versati e una sforbiciata pure per i vitalizi dei politici.
Confindustria Digitale in serata ha ribadito “la propria contrarietà, espressa fin dal momento della presentazione in Parlamento del testo dell’art.29, a riduzioni degli stanziamenti per l’innovazione digitale della pubblica amministrazione”.