E’ ancora crisi tra Russia e Turchia. Dopo le ultime ore di tensione in seguito all’abbattimento del cacciabombardiere Su-24 russo distrutto in volo martedì 24 novembre al confine turco con la Siria, continua il botta e risposta tra i rappresentanti dei due Paesi. Se Vladimir Putin ha detto di non aver ancora ricevuto le scuse da parte di Recep Tayyip Erdogan, quest’ultimo ha detto che non spetta alla Turchia scusarsi e che il presidente russo non ha risposto alle sue telefonate.
In mattinata dal Cremlino erano arrivate le critiche di Putin: “Non abbiamo ricevuto scuse né offerte di risarcimento, né tantomeno la promessa che i criminali saranno puniti”. Alle lamentele era seguita poco dopo la replica del presidente turco: “Penso che se c’è una parte che deve scusarsi, non siamo noi”, ha detto in un’intervista alla Cnn. “Deve scusarsi chi ha violato il nostro spazio aereo. I nostri piloti e le forze armate hanno semplicemente fatto il loro dovere”. Una posizione ribadita anche dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu: “Non c’è bisogno di scusarci quando abbiamo ragione. In una telefonata” ieri con il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, comunque “abbiamo detto che siamo dispiaciuti”.
Non solo le relazioni diplomatiche risultano compromesse. Il ministro dell’Economia russo Alexei Ulyukayev ha annunciato che la Russia potrebbe imporre diverse restrizioni alla Turchia, tra cui limiti ai voli civili da e per il Paese e un ridimensionamento del gasdotto TurkStream.
Secondo la tv turca di Ankara Cnn Turk invece, le autorità russe avrebbero arrestato un gruppo di una cinquantina di imprenditori turchi con l’accusa di “false dichiarazioni sul loro viaggio nel Paese”. Al momento dell’arresto, avvenuto mercoledì 25 novembre, il gruppo di imprenditori si trovava nella città di Krasnodar per partecipare a una fiera dell’agricoltura. Un giudice ha condannato ognuno di loro a una multa di 4.000 rubli e a 10 giorni di carcere. La condanna si riferisce al fatto che avevano dichiarato “turismo” come motivo del viaggio, che aveva in realtà scopi commerciali.