L’accusa era tutt’altro che velata già a poche ore dall’abbattimento del caccia russo da parte dell’aviazione turca. Ora, però, Vladimir Putin ci mette il carico. E lo fa in un luogo dal significato tristemente simbolico: Parigi, teatro delle stragi dei terroristi dello Stato Islamico. “Abbiamo tutti i motivi per supporre che la decisione di abbattere l’aereo sia stata dettata dal desiderio di garantire la sicurezza delle via di fornitura illegale del petrolio dell’Isis al territorio turco” ha detto il leader del Cremlino, parlando in conferenza stampa a Parigi nell’ambito della Conferenza sul clima (Cop21) e, soprattutto, dopo aver rifiutato di incontrare il presidente turco Erdogan. Parole durissime, che confermano la tesi esposta chiaramente subito dopo la notizia dell’abbattimento: la Turchia è complice del Califfato.
Oggi la chiusura del cerchio, con il leader russo che ha messo in collegamento l’episodio dell’abbattimento del bombardiere russo Su-24 con i presunti giri d’affari torbidi portati avanti da Ankara con gli emissari di Abu Bakr al Baghdadi. Il leader del Cremlino ha sottolineato infatti che la Russia ha ricevuto “nuovi dati che confermano, purtroppo, che dalle zone di estrazione controllate dallo Stato islamico e da altre organizzazioni terroriste il petrolio arriva in grandi quantità, in quantità industriali, in territorio turco”. “E la difesa dei turcomanni è solo una scusa” ha proseguito Putin riferendosi alla minoranza siriana che Ankara definisce “fratelli etnici” e che l’aviazione russa, secondo fonti turche e occidentali, avrebbe bombardato in diverse occasioni. Prima dell’abbattimento del jet russo da parte di Ankara, nel vertice del G20 di Antalya in Turchia di due settimane fa, Putin aveva già mostrato immagini satellitari di convogli di jihadisti che trasportavano presumibilmente petrolio in direzione della Turchia. La presa di posizione odierna di Mosca ovviamente non ha lasciato indifferente Erdogan. Anzi. A sentire quanto riportato dall’agenzia russa Tass, il presidente turco ha detto di essere pronto a dimettersi qualora le dichiarazioni e i sospetti di Putin fossero provati. “E’ immorale accusare la Turchia di comprare il petrolio dall’Isis – ha detto Erdogan – Se ci sono i documenti, devono mostrarli, vediamoli. Se questo viene dimostrato, io non rimarrò nel mio incarico. E lo dico a Putin: lui manterrà il suo incarico?”. Ancora una provocazione, quindi, in una guerra di nervi in cui ancora non si vedono spiragli veri d’uscita.
Basti leggere le dichiarazioni del premier turco Davutoglu, che ha rifiutato di porgere le scuse chieste da Mosca: “Né il primo ministro, né il presidente o alcuna altra autorità turca si scuserà per aver fatto il nostro dovere”. Poi l’accusa, opposto e contraria a quella di Mosca: la Russia “provoca ondate di nuovi rifugiati” con i suoi bombardamenti in zone “in cui non c’è alcuna presenza dell’Isis”. Una posizione – quella della Turchia – che l’Alleanza ufficialmente appoggia, sottolineando il “diritto” di Ankara alla difesa delle sue frontiere e del suo spazio aereo, che è stato effettivamente violato anche se per soli 17 secondi, come confermato anche dai dati dell’intelligence Usa. Ed anche se tra i 28 alleati non è mancato chi ha fatto notare al governo turco che il momento della reazione non è stato dei migliori, nell’Alleanza si osserva pure che – al di là delle parole di Putin – Mosca ha “probabilmente capito” che è necessario un migliore coordinamento nella guerra all’Isis, che era e resta l’unico obiettivo da perseguire. In tutto ciò, però, la Turchia ha deciso di aprire il suo spazio aereo ai raid anti-Isis della Francia. L’accordo militare è stato raggiunto domenica e prevede anche l’uso della base turca di Inxcirlik, la stessa utilizzata anche della forze Usa. Inoltre consente che la portaerei Charles De Gaulle possa ricevere ricevere supporto logistico dal porto di Tasucu, nella provincia meridionale di Marsin.