Dopo anni di regno incontrastato sulla Consob, Giuseppe Vegas non è più solo. Il governo Renzi ha rotto gli indugi durati mesi e mesi e ha nominato i due membri mancanti del collegio dei commissari dell’autorità di vigilanza dei mercati finanziari che, proprio in questi giorni, è nell’occhio del ciclone insieme alla Banca d’Italia per i casi di mala gestio indisturbata di alcune banche italiane che hanno presentato un conto salatissimo ai risparmiatori. I prescelti per riportare la “democrazia” in una Commissione dove Vegas, grazie al governo Monti, ha finora dominato forte del suo voto doppio in caso di parità, sono Carmine Di Noia e Giuseppe Maria Berruti. Il primo è vicedirettore generale e responsabile del Mercato dei Capitali e Società Quotate di Assonime, l’associazione fra le società italiane per azioni, nonché docente di Corporate Governance e Financial Market Law and Regulation presso la Luiss di Roma. E ben conosce la Consob, dove sotto la presidenza di Luigi Spaventa è stato responsabile Ufficio informazione mercati, fino al 2001.
Il giudice Berruti, già consigliere del Csm nonché fratello dell’ex parlamentare del Pdl Massimo Maria ex consulente Fininvest, processato per riciclaggio e dichiarato prescritto dalla Cassazione, invece è presidente di Sezione e Direttore dell’Ufficio del Massimario presso la Corte di Cassazione. Nel 2010 dall’inchiesta sulla P3 emerse come da membro del Csm era andato contro la sua corrente, Unicost, durante la
nomina del presidente della Corte d’appello di Milano. Berruti si era schierato per Renato Rordoff, di Area, invece che con il candidato sponsorizzato dalla P3 e da Unicost, Alfonso Marra. Nel giugno del 2014 è stato chiamato a presiedere la Commissione istituita dal governo Renzi per la riforma del processo civile. Il suo nome era tra quelli dei papabili per la corsa alla poltrona del primo presidente della Cassazione.
Nessun commento ufficiale da Vegas che da un convegno a Milano si è invece adoperato per prendere le difese dei suoi vigilati a proposito del caso del caso Banca delle Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti che ha visto numerosi obbligazionisti ignari della rischiosità dei prodotti comprati perdere in un colpo solo tutti i loro risparmi. “Stiamo facendo accertamenti, ma non abbiamo avuto segnalazioni particolari“, ha detto evidentemente ignorando i casi di cronaca venuti a galla nelle ultime settimane visto che sostiene che i risparmiatori che hanno investito in bond subordinati delle banche salvate dal governo “erano informati”. “In tutti i casi di emissioni subordinate abbiamo fatto mettere da dieci anni l’avviso che c’era questo profilo di rischio”, ha in particolare dichiarato Vegas, mostrando come esempio una nota informativa di Banca Etruria in cui si legge che l’investimento nelle obbligazioni subordinate “comporta per gli investitori il rischio che, in caso di liquidazione o di sottoposizione a procedure concorsuali dell’emittente, la massa fallimentare riesca a soddisfare soltanto i debiti che debbono essere soddisfatti con precedenza rispetto alle obbligazioni subordinate e che pertanto lo stesso possa conseguire a scadenza perdite in conto capitale di entità più elevata rispetto ai titoli di debito non subordinati”.
In sostanza, quindi, Vegas gioca allo scaricabarile facendo finta di non sapere che non basta certo un avviso di questo genere per ritenere che l’investitore sia stato informato. L’altro aspetto, fondamentale, è che gli intermediari sono tenuti a conoscere il profilo di rischio della propria clientela e investimenti come quelli in obbligazioni subordinate non devono nemmeno essere proposti a clienti che hanno una bassa o scarsa propensione al rischio. Invece i titoli sono stati collocati lo stesso ed è proprio questo il problema di Vegas e della Consob: in tutti questi anni non ha vigilato sulle modalità di collocamento dei titoli da parte delle banche (tutte) e ora, a frittata fatta, rischia di doverne rispondere.