Dal Partito Democratico a Forza Italia senza neppure un passaggio intermedio. Se esistesse un manuale del perfetto cambiacasacca, il caso di Francantonio Genovese sarebbe sicuramente citato tra gli esempi più fulgidi. Mentre in Sicilia il Pd di Davide Faraone e Matteo Renzi fa scouting tra ex fedelissimi di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, Genovese infatti ha ben pensato d’intraprendere il percorso opposto: lascia i dem e passa a Forza Italia. Un po’ come si fa nella partitelle di calcio tra ragazzi: quando una squadra è troppo forte, ecco che si mischiano le formazioni per riequilibrare le sorti dell’incontro. E visto che il Pd è ormai il primo partito dell’isola (dopo aver accolto decine di ras e cacicchi locali provenienti dal centrodestra), ecco quindi che in Sicilia si sta verificando il primo scambio di senso opposto. Scarcerato quest’estate dopo l’arresto per truffa, peculato e associazione a delinquere, e tornato libero dopo la revoca dei domiciliari appena 10 giorni fa, l’ex parlamentare del Pd non può lasciare Messina perché è sottoposto ad obbligo di dimora: è per questo motivo che Gianfranco Micciché si è dovuto recare nella città sullo Stretto per formalizzare il passaggio di Genovese sotto le bandiere forziste. Lo storico viceré di Silvio Berlusconi è stato appena nominato nuovo commissario di Forza Italia sull’isola: un’operazione vintage per provare a rilanciare il partito, ormai soltanto una copia molto sbiadita di quella macchina acchiappavoti capace di conquistare tutti i 61 seggi siciliani nel 2001.

Alla corte di Berlusconi approderà anche la piccola pattuglia di superstiti rimasti fedeli a Genovese: Franco Rinaldi, deputato regionale e cognato dell’ex segretario dem e la parlamentare nazionale Maria Tindara Gullo. Un passaggio estremo quello dell’ex parlamentare dem, signore indiscusso delle tessere a Messina, ex sindaco della città sullo Stretto, socio della potente famiglia Franza, scelto da Walter Veltroni come primo segretario del Pd in Sicilia, e quindi addirittura nominato segretario della commissione parlamentare antimafia nel 2008. Per anni nell’isola del berlusconismo più sfegatato, Genovese era una delle poche certezze per il debole centrosinistra. Ed infatti è sempre stato luogotenente affidabile per tutti i big che hanno guidato il Pd: da Franceschini a Bersani. Poi il suo nome finisce al vaglio della commissione di garanzia del Pd alla vigilia delle politiche 2013, quando fa registrare il record di voti alle primarie in tutta Italia: è accusato di essere “impresentabile” insieme ad altri quattro candidati siciliani.

Alla fine dalle liste verranno cancellati solo Nino Papania e Mirello Crisafulli, ma i guai per il signore dello Stretto sono appena cominciati: si manifestano nella primavera del 2014, con la richiesta d’arresto della procura di Messina. All’inizio il nuovo Pd di Matteo Renzi sembra pronto a salvare Genovese dalle manette, ma le elezioni europee incombono: i sondaggi consigliano al premier di abbandonarlo al suo destino. In più i renziani siciliani non l’hanno mai amato: e alla fine la Camera voterà a larga maggioranza per l’arresto del parlamentare peloritano. Che tornerà libero 19 mesi dopo, e cioè appena una settimana fa: giusto in tempo per passare con Forza Italia, il partito combattuto per vent’anni, prima alla guida della Margherita e poi da leader del Pd. Una giravolta spericolata che solo sull’isola dei paradossi poteva andare in onda, senza che nessuno si sia poi stupito più di tanto.

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