“Esistono tutte le garanzie processuali caratteristiche dei più evoluti ordinamenti contemporanei”. Replica così il portavoce vaticano padre Federico Lombardi alle critiche al processo Vatileaks che vede alla sbarra i presunti corvi monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, Francesca Chaouqui e Nicola Maio e anche i due giornalisti Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi. Per padre Lombardi, infatti, molte delle osservazioni e valutazioni sul sistema giudiziario vaticano “sono inappropriate, o a volte del tutto ingiustificate”. Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede chiarisce che “nello Stato della Città del Vaticano vige un sistema giudiziario proprio, del tutto autonomo e separato da quello italiano, dotato dei propri organi giudiziari per i diversi gradi di giudizio e della necessaria legislazione in materia penale e di procedura penale”.
Il portavoce vaticano risponde anche a un’altra accusa che è stata mossa alla Santa Sede: “Quanto agli avvocati, si è lamentata un’ipotetica violazione del diritto di difesa degli imputati, ai quali non si sarebbe consentito di essere assistiti da avvocati di fiducia di loro scelta. A questo proposito occorre evitare un equivoco di fondo: le regole vigenti nell’ordinamento vaticano, applicate dalle autorità giudiziarie, sono perfettamente in linea con quelle della maggior parte degli ordinamenti processuali del mondo, dove l’ammissione al patrocinio nei tribunali richiede una specifica abilitazione all’esercizio della professione, rilasciata in presenza di requisiti e titoli stabiliti da ogni ordinamento. Non deve sorprendere, quindi, che un avvocato abilitato in Italia non possa per ciò solo patrocinare nello Stato della Città del Vaticano, così come non potrebbe patrocinare nemmeno in Germania, in Francia”. Per Lombardi “tali condizioni non costituiscono quindi un limite dell’ordinamento vaticano, ma un’ulteriore conferma della sua autonomia e completezza”. Per il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, “vi sono quindi tutte le premesse per avere piena fiducia nella serietà e nella competenza di chi deve garantire il corretto svolgimento di un processo che, per diverse ragioni, attira l’attenzione di molti”.
Intanto, dentro l’aula del Tribunale vaticano si procede a rilento. Nella terza udienza il processo è stato rinviato a data da destinarsi perché i giudici hanno accolto le richieste della difesa di acquisire le conversazioni in chat e via mail tra gli imputati e la perizia psichiatrica su monsignor Vallejo Balda fatta prima dell’arresto e conservata nel suo appartamento. I giudici hanno accolto anche tutti i 12 testimoni richiesti dagli imputati: Mario Benotti per monsignor Vallejo Balda; i cardinali Santos Abril y Castelló e Pietro Parolin, i vescovi Konrad Krajewski e Paolo Lojudice, Lucia Ercoli Greganti e padre Vittorio Trani per la Chaouqui; monsignor Alfredo Abbondi per Maio; Paolo Mieli, Paolo Mondani, Marco Bernardi e Paola Brazzale per Nuzzi. Fittipaldi non ha invece chiesto nessun testimone. Respinta, invece, l’eccezione presentata dall’avvocato della Chaouqui per mancanza di giurisdizione del Tribunale, trattandosi di fatti avvenuti in Italia e di una persona che si è dichiarata “rifugiata politica” nel suo Paese. I giudici hanno chiarito come le leggi attualmente in vigore attribuiscono senza incertezza la giurisdizione al Vaticano e hanno osservato che la Chaouqui si è presentata e si è costituita agli inquirenti e davanti al Tribunale riconoscendo anche di fatto tale giurisdizione.
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