“Chiedo scusa a tutti, il mio gesto non è per i soldi che abbiamo perso, ma per lo smacco subìto…”. È il 28 novembre quando il signor Luigi D., pensionato 68enne di Civitavecchia, inizia a scrivere questa lettera sul suo computer. Venti minuti dopo s’impicca: ha perso 110mila euro.
Nelle righe di questo documento, di questa sorta di testamento, che il signor Luigino non ha neanche firmato, c’è un atto di accusa verso la gestione dei suoi investimenti in Banca Etruria. L’istituto era in amministrazione straordinaria da febbraio, il commissariamento è arrivato, come sempre accade, su proposta di Bankitalia, con un provvedimento del ministero dell’Economia. E la motivazione indicata da via Nazionale citava “gravi perdite del patrimonio” emerse dagli “accertamenti ispettivi”.
Che l’istituto aretino – del quale il padre del ministro Maria Elena Boschi, Pier Luigi, è stato vice presidente – fosse in sofferenza e con bilanci in rosso era noto. Le maxi perdite dovute a una gestione censurata da Bankitalia avevano praticamente azzerato il patrimonio. Ma il crollo, per il signor Luigi, arriva quando capisce che le sue obbligazioni, ormai, sono diventate un mucchio di carta straccia.
La certezza è datata 22 novembre, quando il governo Renzi firma il decreto legge “salva banche”, con il quale stabilisce che gli azionisti della banca e alcuni creditori non rivedranno più un centesimo, le quattro banche decotte rimangono come bad bank mentre quanto ancora c’era di buono nei loro bilanci passa a quattro nuove “banche ponte”. Tra chi perde tutto c’è anche il signor Luigi il quale, a giudicare da quanto scrive, era addirittura ignaro di aver investito i suoi risparmi in pericolose “obbligazioni subordinate”, che dal nome sembrano un semplice prestito, ma invece sono rischiose quanto un investimento in azioni.
“Sono rimasto in attesa di una chiamata per la vendita dell’obbligazione subordinata, che non è mai arrivata…”, scrive sul suo computer, “finché poi non è stato fatto il decreto legge che ha portato all’azzeramento delle mie obbligazioni. Così ho visto sfumare il lavoro di una vita… Ora ditemi se questa non è una truffa organizzata”.
L’uomo chiude il documento. Non lo firma. L’ultimo salvataggio risale alle 16.30 circa. Intorno alle 17 la moglie lo ritrova sulle scale di casa, s’è impiccato alla ringhiera con la corda che usava per fare i suoi esercizi di ginnastica, perché Luigi amava lo sport e anche a 68 anni ci teneva a essere in forma. Quella sera era prevista un’uscita con gli amici, il giorno dopo avrebbe festeggiato il 90esimo compleanno di sua suocera, nulla lasciava presagire quel gesto estremo. E invece – a giudicare dalla sua lettera – il pensionato crolla sotto il peso della sua situazione finanziaria. La sua storia è apparsa sul sito etrurianews.it.
Nel leggere le sue ultime parole – che il Fatto ha potuto visionare – si scopre che in questi anni, anzi soprattutto in questi ultimi mesi, l’uomo aveva provato invano a risolvere la situazione. In un passaggio di questo documento invita sua moglie, alla quale dedica parole di amore e riconoscenza, a denunciare una serie di funzionari della Popolare dell’Etruria “per comportamento scorretto”. L’uomo sostiene di aver più volte chiesto chiarimenti in banca e, soprattutto, di aver scoperto, soltanto dopo gli investimenti effettuati, qual era la reale natura dei titoli acquistati. “Ho parlato con (…) e solo allora sono venuto a conoscenza della differenza tra un titolo normale e subordinato”, scrive, “… il giorno successivo sono tornato… e abbiamo deciso di vendere… facendo un’assicurazione… che poi non ho più fatto…”.
Luigi sostiene di essersi presentato in banca ripetutamente. Per mesi. “Mi hanno rassicurato…”, continua, “ma io ho perfino chiesto la vendita di un mio lingottino d’oro…”. Chi l’ha visto in quei giorni, racconta che il pensionato era sempre più ansioso: “Non sono stato in grado di tutelare la mia famiglia”, diceva. Dopo il decreto “salva banche”, era in preda a una “disperazione totale”.
Il Fatto ha verificato che il signor Luigi era un correntista dell’istituto di credito aretino e che risultava tra gli “obbligazionisti subordinati”. Contattata, la Nuova Banca Etruria ha commentato: “Se venisse confermato il contenuto della lettera, saremmo profondamente addolorati, la perdita di una vita umana è devastante”. Sul resto della vicenda, opponendo il segreto bancario, l’ufficio stampa non offre ulteriori precisazioni.
Da Il Fatto Quotidiano del 10 dicembre 2015