La nuotatrice Federica Pellegrini che fa un post Facebook per dire che no, lei alla Leopolda non ci va (e che non è mai stata neanche invitata), il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che viceversa annuncia urbi et orbi che domenica alla manifestazione renziana lui ci sarà. E ancora, la conferenza stampa prima annunciata, e poi cancellata (“troppi impegni” di Maria Elena Boschi, che è l’organizzatrice designata, giustificano dal suo staff), sostituita dalla enews di Renzi di mercoledì sera. Certo, con il problema di Banca Etruria la madrina della kermesse avrà qualche imbarazzo. A questo punto i parlamentari del Pd si sono sentiti contattare dallo stesso segretario-premier all’ultimo momento: invitati e consigliati sull’argomento da trattare. Tutti segnali di caos e incertezza montanti.
La Leopolda 6 si apre stasera. All’insegna non delle partecipazioni annunciate, ma delle presenze smentite. Samantha Cristoforetti fa sapere che lei non ci sarà. Anche Jovanotti era stato corteggiato. Lui è invitato di default, dalla prima edizione, raccontano i renziani. Ma non è mai andato. E quest’anno ci ha tenuto a far sapere che un invito formale non è arrivato, e che comunque non va. Grosse delusioni per Renzi: nell’immaginario del premier quest’anno doveva essere una specie di Leopolda alla Sfide, con al centro i grandi campioni sportivi. Testimonial dell’Italia coraggiosa, che non si ferma davanti alla paura del terrorismo. Non a caso la direzione artistica è affidata a Simona Ercolani, l’autrice-produttrice, che quel programma sui grandi successi sportivi firma, e che negli ultimi mesi è arrivata al top del gradimento renziano, grazie al rapporto privilegiato con Luca Lotti. Ma alla vigilia non è dato sapere quanti di quelli che il premier magari non ha invitato in carta da bollo, ma che ha sondato, con contatti informali e affidati a qualche ambasciatore-amico alla fine appariranno alla vecchia stazione industriale di Firenze. Qualche possibilità c’è che si materializzino le due tenniste, Roberta Vinci e Flavia Pennetta. Ma niente di certo. E il premier rispetto alla politica dei Palazzi, ha fatto marcia indietro: nessun parlamentare ci doveva essere sul palco, in origine. Solo amministratori locali, e personaggi della società civile. Una scelta che non ha retto: i parlamentari hanno borbottato per giorni. “Che ci andiamo a fare?”, ma i vip non hanno mostrato l’entusiasmo che si aspettava. Ministri domenica risponderanno a un question time, fatto dai partecipanti (Boschi, Poletti, Delrio e Martina).
Palco in stile vintage, tra vecchie sedie, ventilatori e la solita lavagna. Le tre giorni è incentrata sul confronto tra passato, presente e futuro. Con testimonianze scelte, tra insegnanti rigorosamente entusiasti della riforma e giovani grati al Jobs act. Una via di mezzo tra l’amarcord e la persuasione collettiva: Renzi ci tiene a comunicare il messaggio che lui è ancora quello della Leopolda, il Rottamatore che ha conquistato il Pd e il Paese, e che il suo governo è figlio di quell’esperienza. In effetti, dipende dai punti di vista: Antonio Campo Dall’Orto, un habituè presente anche stavolta, ora è il dg della Rai. Come molti che sono arrivati dalla Leopolda direttamente al centro del potere. Niente simboli del Pd, come sempre: una volta, era una scelta precisa, per marcare le distanze che l’allora sindaco di Firenze manteneva dal suo partito; adesso, vuole comunicare il fatto che la casa di Renzi, segretario Dem o no, è aperta a tutti. E tra i rischi c’è quello che si trovi invasa dalle vittime del Salva Banche.
Da Il Fatto Quotidiano dell’11 dicembre 2015