Al danno provocato a obbligazionisti e azionisti di Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti il governo Renzi vuole aggiungere ora anche la beffa. Secondo indiscrezioni, l’emendamento che il governo presenterà oggi in commissione Bilancio alla Camera per istituire un fondo di solidarietà a favore dei risparmiatori truffati dai quattro istituti prevede il coinvolgimento diretto della Consob nel ruolo di arbitro, chiamato a valutare caso per caso se i titoli sono stati collocati o meno in modo fraudolento. Cioè si affiderebbe il ruolo di arbitro proprio all’authority che avrebbe dovuto vigilare sulle modalità con cui sono state collocate azioni e obbligazioni subordinate e non l’ha fatto e che proprio per questo rischia di doverne rispondere sia in sede civile che penale. Un vero “capolavoro”.
Ma non basta: il governo potrebbe essere costretto a fare subito marcia indietro, visto che da Bruxelles fanno presente che non è ammissibile che i risparmiatori traditi vengano risarciti dallo Stato (il fondo, che avrebbe una dotazione iniziale di circa 80 milioni, conterebbe su 40 milioni di contributo statale) e osservano che il fallimento di una banca e le perdite subìte dagli obbligazionisti non possono essere considerate una “crisi umanitaria come quelle provocate da alluvioni o altri disastri”. Una bocciatura preventiva, insomma, da parte della Commissione Ue, che invita l’Italia a seguire la strada già utilizzata con successo da altri Paesi in casi analoghi. Il riferimento è alla Spagna, che non ha utilizzato fondi pubblici per rimborsare i risparmiatori truffati, ma ha istituito appunto un arbitro terzo e indipendente anche rispetto alle autorità di controllo.
Intanto, il direttore generale della Banca d’Italia, nonché presidente dell’Ivass Salvatore Rossi è intervenuto in difesa del governatore Ignazio Visco sostenendo che Via Nazionale non ha alcun potere di “vietare la vendita di obbligazioni subordinate agli sportelli” e ha ricordato che “a vigilare sulla sollecitazione al risparmio è un’altra Autorità”. Cioè la Consob, appunto, la quale dal canto suo si limita a ribadire che nei prospetti sono riportati con evidenza i rischi e che nel dicembre 2014 mise in guardia le banche sul collocamento di prodotti finanziari complessi, comprese le obbligazioni subordinate. Un po’ poco, tanto più che del cosiddetto bail-in se ne parlava già da almeno tre anni e che in tutto quel periodo la commissione guidata da Giuseppe Vegas si è ben guardata dall’accertarsi a chi e come venissero vendute le obbligazioni subordinate.
Quanto alle banche, Rossi è arrivato al paradosso di sostenere che “i risultati della Vigilanza vanno misurati sull’intero sistema”, sottolineando che “il numero e la dimensione delle crisi bancarie in Italia sono state una frazione rispetto a quanto accaduto in Spagna, Germania, Francia e Olanda”. Paradosso perché mentre gli altri Paesi – come è stato costretto ad ammettere lo stesso Rossi – hanno giocato d’anticipo utilizzando per la risoluzione delle crisi anche fondi europei (solo Madrid ne ha utilizzati 60 miliardi, di cui 8 forniti dalla stessa Italia), noi non abbiamo fatto nulla, con il risultato che oggi ci troviamo con una zavorra di oltre 200 miliardi di sofferenze, quattro banche sostanzialmente fallite, due – Veneto Banca e Popolare Vicenza – in condizioni disastrate e tante altre sull’orlo del burrone. E la colpa di questo non è certo solo la crisi, ma soprattutto le modalità clientelari con cui si eroga il credito in Italia e la totale assenza di controlli, persino nei cosiddetti campioni nazionali, come di recente ha mostrato il caso Unicredit–Palenzona.
Per i risparmiatori truffati, la via maestra per ottenere giustizia e risarcimenti non passa da un fondo istituito in fretta e furia e largamente incapiente, ma dai tribunali e dalle cause collettive che le associazioni dei consumatori stanno preparando e che inevitabilmente chiameranno in causa le autorità di controllo.
Mentre le quattro neo-banche, ripulite dalle sofferenze, chiedono invano fiducia alla clientela (si moltiplicano le voci di corsa agli sportelli, con centinaia di clienti che chiudono i conti e cambiano istituto), da Bene Vagienna arriva una buona notizia: un cliente e socio da lunga data della locale banca di credito cooperativo è riuscito a rientrare in possesso dei suoi averi grazie all’intervento del Comitato SvegliamociBene. La storia è interessante perché il socio, deluso dal comportamento della banca in seguito all’insediamento del commissario, aveva chiuso i conti e chiesto di recedere dalla compagine sociale. La banca ha tergiversato per mesi, contravvenendo ai principi di correttezza e di buona fede, ma alla fine – grazie all’intervento del team legale del comitato – ha dovuto adempiere al suo dovere. Altre azioni sono state avviate dal Comitato che ha altresì allo studio una class action contro il commissario e la Banca d’Italia.