Sull’autobus diretto alla Barceloneta c’è fermento. Si parla delle prossime elezioni. C’è anche la signora Ines. Cerca di convincere gli altri a non andare alle urne il 20 dicembre. Ha un ciondolo d’oro al collo, rappresenta la Catalogna. Lo mostra con orgoglio; lei non si riconosce nello Stato spagnolo e per questo non le interessa nulla di quello che accadrà a Madrid. Come lei molti altri si stanno ponendo il dilemma se partecipare o no alle prossime consultazioni elettorali. Un voto che divide anche le giovani coppie, come Cristian e Alba. Entrambi favorevoli all’indipendenza, non hanno però la stessa idea su come comportarsi domenica. Al tavolo di un ristorante discutono animatamente: “Io andrò a votare anche se non mi sento rappresentata dalla politica spagnola – dice Alba – perché l’astensione è sinonimo di indifferenza proprio nei confronti di chi, mio malgrado, deciderà anche del nostro futuro come catalani”. “Proprio perché sono catalano non ci vado”, ribatte Cristian.
Una questione sentita non solo per le strade, ma anche al Palau de la Generalitat de Catalunya, dove ha sede il governo catalano. Artur Mas, presidente ad interim e leader del partito pro-indipendenza Junt pel Sì, sta facendo una campagna a favore del voto. Secondo Mas nessun partito sarà in grado di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi e questa frammentazione può essere un buon asso nella manica per la Catalogna. Posizione confermata anche dal sindaco della capitale catalana Ada Colau Ballano, eletta nelle liste di Podemos, che proprio in questi giorni ha affermato che Madrid può tornare ad essere anche la capitale dei catalani. A loro avviso, più debolezza a Madrid vuol dire maggiore potere di negoziazione per Barcellona. Non la pensano allo stesso modo i rappresentanti del partito secessionista Cup (Candidatura d’Unitat Popular) che hanno un’idea chiara: boicottare le urne per lanciare un messaggio di sfida a tutti i partiti.
Una cosa è certa, chiunque vinca le elezioni non potrà ignorare le centinaia di “esteladas”, le bandiere che inneggiano all’indipendenza catalana, che sventolano ovunque a Barcellona.
Dagli ultimi sondaggi emerge che l’attuale premier, il conservatore Mariano Rajoy, difficilmente otterrà una maggioranza tale da permettergli di governare da solo. Il leader del Partido Popular dovrà probabilmente stringere alleanze con altri partiti, primo fra tutti l’emergente Ciudadanos guidato da Albert Rivera. La rottura del bipartitismo, che ha caratterizzato la politica spagnola dalla fine della dittatura franchista, potrebbe aprire degli scenari imprevedibili facendo assumere alla questione catalana un peso del tutto nuovo.
Se il partito conservatore del premier Mariano Rajoy, fortemente centralista, non ha mai teso la mano alla Catalogna, altri tra cui Podemos si sono dimostrati più aperti a un dialogo.
Per Pablo Iglesias, ad esempio, la Spagna deve cambiare e riconoscere la propria natura plurinazionale. Anche se questo non ne fa un fautore dell’indipendenza, il numero uno di Podemos è tuttavia convinto che si possano creare spazi di maggiore autonomia.
I catalani però sono stanchi di ascoltare promesse. In molti avevano creduto alle parole dell’ex premier socialista Luis Zapatero, che aveva inizialmente appoggiato un nuovo statuto regionale che prevedeva competenze più estese, oltre al riconoscimento della “nazione” catalana. Speranze tradite quando nel 2010 il testo, approvato in Parlamento, venne poi cassato proprio nelle sue parti più importanti dalla Corte Costituzionale, nonostante fosse anch’essa a maggioranza socialista. Recentemente, complice la crisi economica, molti catalani hanno abbandonato il partito socialista diventando, anno dopo anno, sempre più orgogliosi della loro identità culturale. Rosa, impiegata all’Università di Barcellona, non sopporta più l’arroganza di Madrid: “Io non avrei mai pensato di volere l’indipendenza, ma ora non vedo alternative” dice.
I catalani vanno avanti nonostante il muro della Corte Costituzionle spagnola che impedisce loro di tenere un referendum sull’indipendenza. A sentire l’opinione della classe dirigente economica sembra che la strada verso l’indipendenza sia spianata. A farne le spese sarebbe solo Madrid che secondo Joan B. Casas, presidente del Collegio degli economisti della Catalogna, subirebbe uno shock se dovesse perdere questa ricca regione. La Catalogna con il suo Pil da 200 miliardi di euro vale il 20% del prodotto interno lordo spagnolo e contribuisce a oltre il 25% delle eportazioni nazionali.
Quello che da anni chiedono i catalani al governo centrale è una gestione diretta del gettito fiscale, come già avviene in un’altra comunità autonoma spagnola. “Madrid ha risolto l’annosa questione dei rapporti con i Paesi Baschi garantendo loro una maggiore autonomia per quanto riguarda la gestione della politica tributaria – spiega Daniel Faura, economista. Noi invece abbiamo ricevuto solo porte in faccia e ormai la cosa migliore è che ognuno vada per la propria strada”.
Il popolo catalano è però molto pragmatico. “I 72 deputati indipendentisti eletti a settembre al parlamento catalano vogliono aumentare il potere di negoziazione della Catalogna – spiega Ferran Pedret, deputato socialista (Psc) al Parlamento catalano – alzando la posta in gioco”. Dai dati diramati dal Collegio degli economisti della Catalogna risulta che, dalla rottura del legame con Madrid, Barcellona guadagnerebbe ben 16 miliardi di euro all’anno. Soldi che provengono dalle imposte pagate dai catalani ma che non rientrano in “patria”. Un patto fiscale considerato iniquo che ha contribuito, secondo molti economisti, ad ingrossare il debito della Generalitat che ammonta a circa 66 miliardi di euro.
Questo deficit fiscale ha inciso molto sull’economia catalana in termini di sviluppo e di welfare. “La Catalogna è stata costretta a tagliare sull’istruzione e sulla sanità” dice Oriol Amat, professore di economia finanziaria all’università Pompeu Fabra di Barcellona e deputato di Junt Pel Sì al parlamento catalano. “Oltretutto – continua Amat – siamo stati privati della possibilità di investire in opere infrastrutturali fondamentali per la nostra Nazione”. “È chiaro che se l’entrata fiscale fosse migliore, si potrebbe convivere tutti in modo migliore” dice ironico il president Joan B. Casas. Al di là delle strategie politiche, chi domenica vincerà le elezioni potrebbe avere l’ultima, anche se “costosa”, opportunità per risolvere una questione aperta fin dagli anni ‘70.
di Antonella Spinelli e Nicole Di Giulio
Mondo
Elezioni Spagna, Catalogna alza la testa: “Chi vince non potrà ignorarci, Madrid ci dia autonomia fiscale come Paesi Baschi”
REPORTAGE - Barcellona. In strada, sugli autobus, nei locali si parla delle elezioni politiche di domenica. I catalani sono divisi: c'è chi come Alba andrà a votare "perché l’astensione è sinonimo di indifferenza verso chi deciderà il nostro futuro" e chi come Christian non ci andrà "proprio perché sono catalano". Se il sindaco Ada Colau, di Podemos, dice che Madrid può tornare ad essere anche la capitale di tutti gli spagnoli, c'è chi propone una soluzione: "Madrid ha risolto la questione dei rapporti con i Paesi Baschi garantendo loro maggiore autonomia tributaria", spiega Daniel Faura, economista
Sull’autobus diretto alla Barceloneta c’è fermento. Si parla delle prossime elezioni. C’è anche la signora Ines. Cerca di convincere gli altri a non andare alle urne il 20 dicembre. Ha un ciondolo d’oro al collo, rappresenta la Catalogna. Lo mostra con orgoglio; lei non si riconosce nello Stato spagnolo e per questo non le interessa nulla di quello che accadrà a Madrid. Come lei molti altri si stanno ponendo il dilemma se partecipare o no alle prossime consultazioni elettorali. Un voto che divide anche le giovani coppie, come Cristian e Alba. Entrambi favorevoli all’indipendenza, non hanno però la stessa idea su come comportarsi domenica. Al tavolo di un ristorante discutono animatamente: “Io andrò a votare anche se non mi sento rappresentata dalla politica spagnola – dice Alba – perché l’astensione è sinonimo di indifferenza proprio nei confronti di chi, mio malgrado, deciderà anche del nostro futuro come catalani”. “Proprio perché sono catalano non ci vado”, ribatte Cristian.
Una questione sentita non solo per le strade, ma anche al Palau de la Generalitat de Catalunya, dove ha sede il governo catalano. Artur Mas, presidente ad interim e leader del partito pro-indipendenza Junt pel Sì, sta facendo una campagna a favore del voto. Secondo Mas nessun partito sarà in grado di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi e questa frammentazione può essere un buon asso nella manica per la Catalogna. Posizione confermata anche dal sindaco della capitale catalana Ada Colau Ballano, eletta nelle liste di Podemos, che proprio in questi giorni ha affermato che Madrid può tornare ad essere anche la capitale dei catalani. A loro avviso, più debolezza a Madrid vuol dire maggiore potere di negoziazione per Barcellona. Non la pensano allo stesso modo i rappresentanti del partito secessionista Cup (Candidatura d’Unitat Popular) che hanno un’idea chiara: boicottare le urne per lanciare un messaggio di sfida a tutti i partiti.
Una cosa è certa, chiunque vinca le elezioni non potrà ignorare le centinaia di “esteladas”, le bandiere che inneggiano all’indipendenza catalana, che sventolano ovunque a Barcellona.
Dagli ultimi sondaggi emerge che l’attuale premier, il conservatore Mariano Rajoy, difficilmente otterrà una maggioranza tale da permettergli di governare da solo. Il leader del Partido Popular dovrà probabilmente stringere alleanze con altri partiti, primo fra tutti l’emergente Ciudadanos guidato da Albert Rivera. La rottura del bipartitismo, che ha caratterizzato la politica spagnola dalla fine della dittatura franchista, potrebbe aprire degli scenari imprevedibili facendo assumere alla questione catalana un peso del tutto nuovo.
Se il partito conservatore del premier Mariano Rajoy, fortemente centralista, non ha mai teso la mano alla Catalogna, altri tra cui Podemos si sono dimostrati più aperti a un dialogo.
Per Pablo Iglesias, ad esempio, la Spagna deve cambiare e riconoscere la propria natura plurinazionale. Anche se questo non ne fa un fautore dell’indipendenza, il numero uno di Podemos è tuttavia convinto che si possano creare spazi di maggiore autonomia.
I catalani però sono stanchi di ascoltare promesse. In molti avevano creduto alle parole dell’ex premier socialista Luis Zapatero, che aveva inizialmente appoggiato un nuovo statuto regionale che prevedeva competenze più estese, oltre al riconoscimento della “nazione” catalana. Speranze tradite quando nel 2010 il testo, approvato in Parlamento, venne poi cassato proprio nelle sue parti più importanti dalla Corte Costituzionale, nonostante fosse anch’essa a maggioranza socialista. Recentemente, complice la crisi economica, molti catalani hanno abbandonato il partito socialista diventando, anno dopo anno, sempre più orgogliosi della loro identità culturale. Rosa, impiegata all’Università di Barcellona, non sopporta più l’arroganza di Madrid: “Io non avrei mai pensato di volere l’indipendenza, ma ora non vedo alternative” dice.
I catalani vanno avanti nonostante il muro della Corte Costituzionle spagnola che impedisce loro di tenere un referendum sull’indipendenza. A sentire l’opinione della classe dirigente economica sembra che la strada verso l’indipendenza sia spianata. A farne le spese sarebbe solo Madrid che secondo Joan B. Casas, presidente del Collegio degli economisti della Catalogna, subirebbe uno shock se dovesse perdere questa ricca regione. La Catalogna con il suo Pil da 200 miliardi di euro vale il 20% del prodotto interno lordo spagnolo e contribuisce a oltre il 25% delle eportazioni nazionali.
Quello che da anni chiedono i catalani al governo centrale è una gestione diretta del gettito fiscale, come già avviene in un’altra comunità autonoma spagnola. “Madrid ha risolto l’annosa questione dei rapporti con i Paesi Baschi garantendo loro una maggiore autonomia per quanto riguarda la gestione della politica tributaria – spiega Daniel Faura, economista. Noi invece abbiamo ricevuto solo porte in faccia e ormai la cosa migliore è che ognuno vada per la propria strada”.
Il popolo catalano è però molto pragmatico. “I 72 deputati indipendentisti eletti a settembre al parlamento catalano vogliono aumentare il potere di negoziazione della Catalogna – spiega Ferran Pedret, deputato socialista (Psc) al Parlamento catalano – alzando la posta in gioco”. Dai dati diramati dal Collegio degli economisti della Catalogna risulta che, dalla rottura del legame con Madrid, Barcellona guadagnerebbe ben 16 miliardi di euro all’anno. Soldi che provengono dalle imposte pagate dai catalani ma che non rientrano in “patria”. Un patto fiscale considerato iniquo che ha contribuito, secondo molti economisti, ad ingrossare il debito della Generalitat che ammonta a circa 66 miliardi di euro.
Questo deficit fiscale ha inciso molto sull’economia catalana in termini di sviluppo e di welfare. “La Catalogna è stata costretta a tagliare sull’istruzione e sulla sanità” dice Oriol Amat, professore di economia finanziaria all’università Pompeu Fabra di Barcellona e deputato di Junt Pel Sì al parlamento catalano. “Oltretutto – continua Amat – siamo stati privati della possibilità di investire in opere infrastrutturali fondamentali per la nostra Nazione”. “È chiaro che se l’entrata fiscale fosse migliore, si potrebbe convivere tutti in modo migliore” dice ironico il president Joan B. Casas. Al di là delle strategie politiche, chi domenica vincerà le elezioni potrebbe avere l’ultima, anche se “costosa”, opportunità per risolvere una questione aperta fin dagli anni ‘70.
di Antonella Spinelli e Nicole Di Giulio
Articolo Precedente
Giappone, condanna a morte per la prima volta decisa da una giuria popolare
Articolo Successivo
Elezioni Spagna, sondaggio “vietato”: PP aumenta il vantaggio, Psoe e Podemos in lotta per 2° posto. Ciudadanos ancora giù
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Ambiente & Veleni
Allerta rossa in Toscana ed Emilia Romagna: Arno a rischio esondazione, frane e piani bassi evacuati. Allagamenti a Scandicci e a Sesto
Mondo
“Cautamente ottimisti per la pace in Ucraina”: Mosca apre alla tregua. Ecco tutte le condizioni di Putin. Dugin a MillenniuM: ‘Meloni ci ha traditi? Ditelo voi’
Politica
Il sottosegretario Delmastro boccia la riforma Nordio: “Mi piace solo il sorteggio. I pm? Così divoreranno i giudici”. Pd-M5s: “Se ne vada”
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Le scelte nello stile di vita possono avere un impatto significativo anche nella gestione della fibrillazione atriale, un disturbo del ritmo cardiaco che rischia di sviluppare 1 over 40 su 4 e che rappresenta una delle principali cause di ictus che colpisce milioni di donne e uomini in tutta Europa. Alcuni alimenti come alcol, caffeina o cibi piccanti possono scatenare un episodio di questa condizione cronica che spesso può passare inosservata: molti non ne sono consapevoli e non ricevono una diagnosi. Per aiutare le persone a comprendere meglio il legame tra alimentazione e fibrillazione atriale - riporta una nota - Daiichi Sankyo Europe ha ospitato a Milano oggi 'Beats and Bites', che gioca sul suono dei termini inglesi 'battiti e morsi'. All'evento, esperti di malattie cardiovascolari insieme alla European Nutrition for Health Alliance e Alice (Associazione per la lotta all'ictus cerebrale) Lombardia hanno affrontato le preoccupazioni comuni ed evidenziato le strategie di riduzione del rischio con la partecipazione dello chef italiano Ruben Bondì, che ha creato un menù di ricette semplici, gustose e salutari per il cuore.
"Gli operatori sanitari oggi devono fornire ai pazienti le giuste informazioni per comprendere il loro rischio di fibrillazione atriale e adottare misure proattive di prevenzione - spiega Daniele Andreini, direttore della Divisione di Cardiologia universitaria e Imaging cardiaco dell'Irccs ospedale Galeazzi Sant'Ambrogio di Milano - I cambiamenti nello stile di vita, come il movimento regolare e l'alimentazione equilibrata, svolgono un ruolo cruciale nel migliorare la salute del cuore". Tra le strategie alimentari da adottare, gli esperti consigliano: consumare 2 porzioni di pesce ricco di omega-3 alla settimana per gli adulti e ridurre il sale a meno di 5 g al giorno; fare attenzione alle dimensioni delle porzioni e gestire i livelli di stress e di sonno, che potrebbero portare all'obesità e complicare i problemi cardiovascolari se non gestiti correttamente. Infine, fare circa 2 ore di esercizio fisico di intensità moderata alla settimana - passeggiare, fare le scale o ballare - oltre ad un allenamento di resistenza, 2 giorni alla settimana.
"Eventi come 'Beats and Bites' forniscono un utile supporto, offrendo consigli pratici e mostrando l'impatto che semplici cambiamenti nella dieta e nel movimento possono avere nel ridurre il rischio di fibrillazione atriale - rimarca Giacomo Falzi, vicepresidente Alice Lombardia - E' incoraggiante vedere al centro dell'attenzione il benessere dei pazienti, con esperti e sostenitori che si uniscono per dare a individui e famiglie la possibilità di assumere il controllo della propria salute cardiovascolare".
Le lacune nella conoscenza e nella gestione della fibrillazione atriale lasciano molti pazienti senza le informazioni e il supporto di cui hanno bisogno. "Daiichi Sankyo Europa aspira ad arricchire la qualità della vita delle persone in tutto il mondo - afferma Ilaria Leggeri, direttore del Patient Engagement della farmaceutica - Per questo è necessario andare oltre la malattia, guardare alle persone che convivono con la patologia, alla loro qualità della vita, alle loro scelte di vita e ai risultati che contano per loro". L'evento 'Beats and Bites' fa parte della più ampia iniziativa dell'azienda 'Il tuo cuore, nelle tue mani: fibrillazione atriale', dedicata all'educazione e alla responsabilizzazione delle persone, affinché diano priorità alla loro salute cardiovascolare.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - In occasione della Giornata dell'Unità nazionale e del Tricolore, che ricorre lunedì prossimo, 17 marzo, sulla facciata di Montecitorio verrà proiettata la bandiera nazionale, dalla mezzanotte e nelle successive ore serali e notturne.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Ho apprezzato molto la posizione di Elly Schlein quando ha detto no al piano di riarmo. Una buona premessa per impostare un progetto di alternativa a questo governo". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Se ci dobbiamo ritrovare con una alternativa che segue la Meloni e sottoscrive la politica estera disastrosa della Meloni è un disastro, che alternativa puoi presentare agli italiani se ti trovi a votare con la Meloni per l'escalation militare? Per non parlare di Gaza", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Il problema è che il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale, lo dico con una battuta. Ci sono dei momenti di sintesi e quando il tuo leader prende una posizione così chiara, qualche chiarimento adesso andrebbe operato. Ma il problema non riguarda me ma un'altra forza politica". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
Roma, 14 mag (Adnkronos) - "Oggi scopriamo che ci sono i proprietari delle reti che vogliono dettare le condizioni, vogliono utilizzare gli algoritmi per condizionare il dibattito, usare gli algoritmi per condizionare le elezioni. Ci dobbiamo svegliare". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Il problema vero è che sono monopolisti, come Starlink per i satelliti a bassa quota. Che garanzia di sicurezza abbiamo che domani, come per l'Ucraina, Musk non si svegli e dica chiudo l'interruttore? L'Europa è l'unico contesto sovranazionale che cerca di dettare regole su questo fronte. E' un problema serio da affrontare", ha spiegato il leader del M5s.