Vittoria fragile di Mariano Rajoy. I socialisti guidati da Pedro Sanchez al secondo posto davanti a Podemos. Formazione del governo complicata, “morte” del bipartitismo dopo 40 anni, e irruzione nello scenario politico di due partiti anti-casta che fanno il loro esordio in parlamento con 109 deputati su 350. E’ questo l’esito delle elezioni politiche in Spagna. Dove il Partido Popular del premier va oltre il 28%. Il Psoe, dopo che i primi exit poll lo hanno dato come terza forza, si piazza al 22,1%, davanti al movimento guidato da Pablo Iglesias, che ottiene il 20%: un risultato già definito “storico”. Il leader “viola” è soddisfatto: “Oggi nasce una nuova Spagna”, e i suoi sostenitori festeggiano in piazza a Madrid. Quarto, il partito Ciudadanos di Albert Rivera, il “Podemos di destra”, con il 13,7%. L’affluenza è stata alta, oltre il 73%.
Popolari in vantaggio nei seggi. Socialisti davanti Podemos
Ai popolari vanno 122 deputati. Persa quindi la maggioranza assoluta di 186 deputati conquistata nel 2011. In un sistema elettorale che favorisce le piccole circoscrizioni dove i partiti tradizionali sono più presenti, i socialisti ottengono più seggi di Podemos, 91. Ne perdono 20 rispetto al 2011, ma riescono ad evitare il sorpasso umiliante, grazie soprattutto alla buona tenuta in Andalusia. Dopo una spettacolare rimonta negli ultimi giorni di campagna, registra un successo storico e sbarca in parlamento con 69 deputati, vincendo – a sorpresa per un partito nazionale – in Catalogna e nel Paese Basco, regioni a forte spinta indipendentista. Ciudadanos è quarto anche nei seggi, con 38 deputati. Questi risultati rendono difficile la formazione di alleanze: per avere la maggioranza assoluta sono necessari 176 seggi.
Rajoy: “Cercherò di formare governo stabile”
Ma Rajoy dice di volerci provare lo stesso. “Abbiamo vinto di nuovo le elezioni, più di sette milioni di elettori hanno rinnovato la fiducia nel partito, grazie, perché sappiamo che non era facile, e oggi abbiamo base solida per il futuro”, commenta il premier uscente, affermando che tenterà di formare un “governo stabile“. Rajoy avverte che “inizia una tappa non facile”: “sarà necessario parlare molto e raggiungere accordi”.
Iglesias: “Bipartitismo è morto. Nata nuova Spagna”
“Oggi è morto il bipartitismo. La Spagna ha deciso un cambio di sistema, siamo l’antidoto contro la corruzione e la diseguaglianza. La nostra più importante riforma sarà quella costituzionale, che è imprescindibile”. Questo il commento di Iglesias, primo tra i quattro leader a parlare. Il leader di Podemos, in conferenza stampa da Madrid, si sofferma anche sul risultato dei socialisti: il “peggiore dalla fine della dittatura franchista”. Diverso il giudizio del numero uno socialista Sanchez: “Oltre cinque milioni di spagnoli ci hanno votato”. Ora, dice, spetta al premier Rajoy tentare di formare il nuovo governo. Soddisfatto anche Rivera: “Oggi inizia una nuova tappa politica in Spagna, perché milioni di spagnoli hanno deciso che questo Paese deve cambiare. Basta rassegnazione, basta rosso e azzurro”, Ciudadanos “con 40 deputati cambierà” il paese.
Addio bipartitismo e governabilità difficile
La Spagna è costretta a rinunciare definitivamente al bipartitismo – tra Pp e Psoe – che ha governato il paese dal ritorno della democrazia 40 anni fa, ma anche alla sua stabilità politica. Perché non solo nessun partito ottiene la maggioranza assoluta. Ma anche le coalizioni ‘coerenti’ fra i partiti della ‘vecchia’ politica e quelli del ‘nuovo’, fra Pp e Ciudadanos o fra Psoe e Podemos, ipotizzate dagli analisti prima del voto resterebbero sotto la maggioranza assoluta di 176 seggi nel Congresso di Madrid. Il risultato del Pp rende difficile anche un governo minoritario di Rajoy. Una delle possibilità, anche se improbabile, è la nascita di un blocco di sinistra con socialisti, Podemos, Izquierda Unida e altri due gruppi regionali arriverebbe a 180 seggi: un numero comunque insufficiente per garantire una maggioranza solida.
Possibile governo “di larghe intese”
L’unica coalizione che matematicamente garantirebbe un esecutivo stabile è una grosse-koalition o un governo di larghe intese fra Pp e Psoe, già da tempo ipotizzata dall’ex-premier socialista Felipe Gonzalez. Lo stesso Rajoy venerdì per la prima volta non ha escluso categoricamente questa ipotesi. “Semmai ne parleremo lunedì” aveva detto a Bruxelles. Lo scenario è complesso, dunque. I risultati aprono la strada a colloqui che si prevedono lunghi per formare una coalizione, che potrebbero durare settimane perché un’alleanza appare difficile. La Costituzione spagnola non stabilisce una scadenza per la formazione del governo dopo il voto. Ed è per questo che potrebbe assumere sempre più importanza il ruolo del giovane re Felipe VI, che potrebbe dover mediare per evitare un ritorno anticipato alle urne, previsto dopo due mesi. Ipotesi che preoccupa gli ambienti finanziari, in un paese dove la situazione economica è ancora fragile.
Nuovo parlamento il 13 gennaio
Il nuovo parlamento spagnolo eletto si costituirà formalmente il 13 gennaio prossimo, 20 giorni dopo che i risultati delle elezioni saranno stati resi noti ufficialmente, cioè mercoledì prossimo. L’investitura del nuovo presidente del governo, designato dal re, tradizionalmente interviene circa due settimane dopo la formazione del Congresso e del Senato.