L’editore Mario Ciancio Sanfilippo non è colpevole di concorso esterno a Cosa nostra. È quello che ha deciso il gup di Catania Gaetana Bernabò Distefano ordinando il “non luogo a procedere” per il potentissimo editore etneo, accusato dalla procura di Catania. Secondo il gup, che era chiamato a decidere sull’eventuale rinvio a giudizio, le condotte imputate a Ciancio non sono previste dalla legge come reato: adesso, quindi, diventa fondamentale la lettura delle motivazioni. Classe 1932, ex vice direttore dell’Ansa ed ex presidente della Fieg, proprietario del quotidiano La Sicilia e di una serie di tv locali, azionista del Giornale di Sicilia, della Gazzetta del Mezzogiorno, della Gazzetta del Sud e del gruppo Espresso Repubblica, Ciancio è titolare del più potente impero editoriale del Sud Italia. Dal 2010 finisce iscritto nel registro degli indagati della procura di Catania per concorso esterno a Cosa nostra, un’inchiesta che produrrà negli anni migliaia di pagine di verbali, intercettazioni telefoniche, documenti sulle attività imprenditoriali del patron della Sicilia. I pm etnei accusano l’editore di aver fatto da sempre affari all’ombra di Cosa nostra: dal movimento terra alle maxi speculazioni, Ciancio avrebbe operato spesso in parallelo ai boss catanesi.
Una condotta messa nero su bianco dal gup Marina Rizza, nelle motivazioni della sentenza con la quale ha condannato l’ex governatore Raffaele Lombardo a sei anni e otto mesi di carcere in primo grado, sempre per concorso esterno. “Il modus operandi e la presenza di elementi vicini alla mafia palermitana fanno ritenere con un elevato coefficiente di probabilità che lo stesso Ciancio fosse soggetto assai vicino al detto sodalizio”, scrive il giudice , spiegando che i rapporti tra Ciancio e la mafia etnea sarebbero passati “attraverso i contatti con Cosa nostra di Palermo”: in quel modo l’editore “avrebbe quindi apportato un contributo concreto, effettivo e duraturo alla ‘famiglia’ catanese”.
Durante le indagini, i pm catanesi si sono imbattuti anche in 52 milioni di euro depositati in Svizzera dall’editore: denaro che non sarebbe giustificato dai redditi percepiti da Ciancio. Diciassette di quei milioni erano stati quindi sigillati dalla procura, dato che il legittimo proprietario aveva cercato di spostarli in altre banche. E in attesa di capire come finirà l’indagine patrimoniale, per l’editore più potente del Mezzogiorno è nel frattempo arrivata una provvidenziale assoluzione.