Alla fine ha vinto l’esperienza. Gabriele Gravina, 62 anni, storico oppositore dell’ex numero uno Mario Macalli e legato a Giancarlo Abete, è il nuovo presidente della Lega Pro. Ha battuto con 31 preferenze, in un voto che si è rivelato meno combattuto del previsto, Raffaele Pagnozzi (13) e Paolo Marcheschi (fermo a 7 alla fine). Resterà in carica fino all’autunno 2016 quando ci sarà il rinnovo di tutte le cariche al termine del quadriennio olimpico. Compresa quella del presidente Figc, su cui potrebbe avere, in caso di riconferma, un ruolo decisivo. “Ora pensiamo a lavorare per rilanciare la Lega Pro, indipendente da certi poteri”, commenta a caldo al fattoquotidiano.it il nuovo presidente. “I primi obiettivi sono la modifica dello statuto, per avere regole più precise e trasparenti, e il ritorno al format a 60 squadre. Spero che adesso che la competizione è finita si possa ritrovare unità e superare le logiche di maggioranza e opposizione”.
Gravina, sconfitto da Macalli alle ultime elezioni del 2012, insieme all’ex direttore generale Francesco Ghirelli aveva guidato la fronda che ha portato nell’ultimo anno alla fine dell’era Macalli, con la mancata approvazione del bilancio, le dimissioni e infine il commissariamento di Miele. Nelle ultime settimane, però, proprio con Ghirelli si era consumata una separazione abbastanza clamorosa, con l’ex dg che aveva puntato su un cavallo nuovo (Marcheschi, uno dei tre sub-commissari, voluto dalle società toscane e con ottimi agganci in politica, a destra come nella sinistra renziana). Una rottura che aveva permesso l’inserimento del terzo incomodo, Raffaele Pagnozzi, ex segretario generale del Coni, sconfitto da Malagò nel 2013 alla corsa al Comitato olimpico, appoggiato dall’ala di governo che fa riferimento a Claudio Lotito. Proprio Pagnozzi, in virtù della divisione sull’altro fronte e di un curriculum importante alla spalle, sembrava il favorito di una volata molto tirata. Invece nell’urna le cose sono andate diversamente.
Pur scaricato da Ghirelli, Gravina era convinto di avere il sostegno delle “sue società” e ha deciso di andare avanti. Ha avuto ragione. È andato vicinissimo a spuntarla già al primo turno, quando ha raccolto 25 voti, sfiorando la maggioranza assoluta di 28. A quel punto è parso chiaro che i giochi erano fatti. E anche Claudio Lotito, attivissimo nella sede della Lega per tutta la giornata (ma fuori dall’assemblea, a cui non aveva titolo per partecipare), ha preferito andarsene. Dopo pochi minuti la conferma dell’urna, con altre sei società che hanno deciso di mollare Marcheschi: Gravina nuovo presidente della Lega Pro con 31 voti.
Classe ’53, pugliese e già consigliere Figc, Gravina è dirigente di lungo corso in Lega Pro e in Federazione, dopo essere diventato famoso negli Anni 90 come presidente del Castel di Sangro dei miracoli. Negli ultimi anni aveva rappresentato l’opposizione al governo di Mario Macalli. E nell’urna, probabilmente, ha raccolto soprattutto i frutti di un lavoro costante, mentre Pagnozzi ha pagato i demeriti dell’area che lo appoggiava (quella di Lotito, compromessa insieme alla precedente governance). Resta da capire quali saranno le conseguenze politiche del voto della Lega Pro, che pesa però per il 17% negli equilibri della Figc. Non la rivoluzione che avrebbe determinato l’ascesa di un homo novus come Marcheschi, ma neppure la conservazione dello status quo che avrebbe garantito Pagnozzi.
Con Gravina, che da consigliere federale aveva fatto opposizione, la Lega Pro non sarà più in maggioranza: “Di sicuro Tavecchio non avrà voti certi, dovrà guadagnarseli. E la mia linea politica non cambierà”, fa già sapere il diretto interessato. Per Tavecchio sarà più difficile governare, e soprattutto essere rieletto fra un anno (anche se Gravina dovrà prima meritarsi la conferma). Di certo, Giancarlo Abete, ex numero uno del pallone di nuovo attivo nei corridoi di via Allegri dopo un periodo di eclissi, guadagna voce (e voti: 3 consiglieri, uno potrebbe essere lasciato all’ “opposizione”) per farsi sentire ancora di più.