Dalle notti tutti insieme a presidiare le sedi del partito, alla vendita perché l’affitto costa troppo. William Orlandini, animatore del circolo Pd di via Marsala a Reggio Emilia, aveva 16 anni quando insieme ai compagni dormiva in sezione. Ora ne ha 61 e sa che tra pochi giorni quello stesso locale sarà venduto perché inutilmente grande. “Ero quasi un bambino”, spiega a ilfattoquotidiano.it, “ma ricordo in quelle notti del 1970, ai tempi del tentato golpe Borghese, che le tante sedi reggiane del Pci furono illuminate a giorno e il presidio fu continuo. Anche se la mattina dopo si andava a lavorare, si stava a dormire in sezione”. Il partito perde i pezzi anche nell’Emilia un tempo rossa e i militanti storici si ritrovano a fare i conti con una struttura che si attiva solo vicino alle elezioni e che non ha più bisogno di sale grosse ed economicamente difficili da mantenere. Ma non per questo William scarica tutte le colpe sul segretario presidente del Consiglio: “Gli iscritti si sono iniziati a perdere ben prima dell’avvento di Renzi”. Se a livello nazionale gli iscritti sono passati da 831mila nel 2009 a 366mila e 641 nel 2014, in provincia di Reggio Emilia nel 2013 erano 9mila e nel giro di due anni sono diventati 5mila. A diminuire sul territorio sono state di conseguenza anche le sezioni: nella città emiliana le decine di sedi degli anni ’70 si sono ridotte a 8 e di queste ad esempio, la zona di via De Gasperi che contava circa 2500 tessere annue, ora ne registra poco più di 300.
In Emilia, come in tutta Italia, a piangere sono le casse e per questo la Fondazione Tricolore, che ha in proprietà i beni che furono della federazione comunista provinciale, ha messo sul mercato diversi edifici che ospitano i circoli Pd. Che fanno fatica a stare dietro agli affitti (peraltro bassi) da pagare e così trovare locali più piccoli con costi inferiori è diventato un imperativo.
La sezione di via Marsala è certamente una delle più importanti tra quelle messe in vendita, perché custodisce un pezzo di storia della sinistra reggiana. William indica il simbolo della falce e martello intarsiato sul pavimento. È qui dal 1944, quando da queste parti c’era ancora l’occupazione nazifascista. “Le nuove generazioni non vengono più in sede a farsi dettare la linea politica. Con i nuovi mezzi di comunicazione la gente si informa a casa”. E così la dismissione dei locali non è una sorpresa: “La sede è sovradimensionata rispetto al numero degli iscritti. Facciamo fatica a tenerla aperta tutti i giorni. E i militanti si fanno vedere soprattutto quando ci sono le elezioni. Questo Partito democratico si avvicina sempre più a un comitato elettorale piuttosto che a un partito strutturato”. Per ora a frenare la vendita dell’immobile sembra essere stata solo la crisi immobiliare che tiene a distanza possibili acquirenti. Ma di questo passo è solo questione di tempo.
Gianni Prati, prima tessera Pci nel 1966, è tra i dirigenti del circolo al numero 5 di via De Gasperi, anche questo dato in affitto dalla Fondazione Tricolore. “Paghiamo 1800 euro l’anno e mi sembra un affitto basso. Se tutte le sezioni pagassero quanto devono, forse la Fondazione non avrebbe problemi”. Gianni non vuole fare un dramma della crisi della militanza ai tempi del renzismo. Del resto quella dove ci accoglie, nella zona sud della città, è una sede piccola, affittata pochi anni fa, e non è tra quelle che rischiano di essere vendute. È piccola e funzionale a un partito dove i volontari sono ormai decimati. “In questa zona avevamo cinque sezioni con 2500 iscritti, oggi siamo in 300, forse 400”. Il calo degli iscritti è legato anche a una questione strettamente anagrafica: “Negli ultimi anni sono venute a mancare persone che andavano casa per casa a fare tessere”.
Il tema non è nuovo e arriva da lontano. Già anni fa molti circoli furono accorpati e dalle decine degli anni Settanta si è passati agli otto attuali in tutta Reggio. “Il problema non è ridimensionarli per motivi organizzativi. L’importante è che questi spazi rimangano e che le persone continuino a frequentarli”, spiega Roberta Pavarini, consigliera comunale Pd con 25 anni di militanza. Oggi è responsabile del coordinamento dei circoli per la federazione di Reggio Emilia. Il suo circolo non è in vendita, ma solo perché non è di proprietà della Fondazione. Si trova in via Candelù dove c’è anche un palazzo che una volta veniva chiamato “Cremlino”. E la famiglia di Roberta aveva l’appartamento proprio là dentro: “Quando avevo 12 anni i nostri genitori d’estate ci mandavano in colonia nella Ddr, la Germania orientale comunista . Eravamo in tanti, persino l’attuale sindaco Pd Luca Vecchi c’era stato”.
Il circolo è di proprietà di una cooperativa di abitazione nata oltre 100 anni fa per dare una casa agli operai delle officine Reggiane che dopo la guerra erano ancora migliaia. Nella grande sala riunioni c’è un quadro del pittore Nello Leonardi che li celebra: hanno fatto la storia di Reggio e di tutta la sinistra italiana. Lavoravano alle Reggiane i nove massacrati all’indomani del 25 luglio 1943, pochi giorni dopo la caduta del fascismo. E lavoravano alle Reggiane i morti del 1960 uccisi dalla polizia ai tempi del governo Tambroni. In ogni circolo c’è almeno una loro foto in bianco e nero ingiallita dal tempo.
Erano operai delle Reggiane anche quelli che edificarono il circolo di via Marsala e che incassarono quella falce e martello sul pavimento. William la guarda quasi con un po’ di commozione: “Se questi locali saranno venduti voglio che la falce e martello venga incorniciata e portata nella nuova sede che sarà”. Nonostante la sua fedeltà al Pd, lui dice di non poter essere un renziano e che in questo partito non si sente “esattamente a suo agio”. E che il clima non sembra essere dei migliori per chi non è allineato: “Indubbiamente anche all’interno del Pci c’erano le mozioni, non è un problema. Come non è un problema stare in minoranza. L’importante è che ci sia una agibilità politica nel partito. Eppure – ammette William – Oggi qualche elemento di disagio c’è”.
Gianni Prati non ha voglia di lamentarsi. Piuttosto fa un appello a Renzi: “Se vuole ancora che ci sia un partito deve coinvolgere di più la base”. Non è molto diversa la richiesta di Roberta Pavarini: “Ci sono persone che mostrano segni di disaffezione e non si sentono a casa loro: questo allarme deve arrivare dritto al cuore del nostro segretario”.