Il 2015 è stato l’anno de “La Buona Scuola” (o Legge 107): la riforma di Matteo Renzi e Stefania Giannini è stata presentata, discussa, contestata e approvata. Per mesi la scuola è tornata al centro del dibattito, con molte rassicurazioni da parte del governo ma anche molte manifestazioni di piazza da parte di docenti e personale della scuola. Le famose assunzioni – alla fine 87mila, rispetto alle 150mila annunciate in origine – alla fine sono state fatte. Ma la riforma andrà veramente a regime soltanto nei prossimi mesi: autonomia, trasferimenti, chiamata diretta dei presidi attendono gli insegnanti di ruolo di tutto il Paese. Sul piano organizzativo, una prova non facile per il Miur. Mentre precari e aspiranti prof aspettano con ansia il concorsone e il nuovo ciclo di Tfa. Senza dimenticare le deleghe di sostegno, infanzia e formazione dei docenti, tutte da scrivere. L’agenda 2016 del mondo della scuola è fitta come non mai. Ed è il test della verità per verificare la tenuta dell’impianto della riforma. E quando sarà esaurita, il governo potrebbe passare all’università.
IL CONCORSONE (MA ANCHE PRESIDI E TFA)
Quando: in primavera.
Chi: i docenti precari abilitati, circa 200mila.
Perché: assumere altri 63mila insegnanti nel prossimo triennio.
Il primo appuntamento è quello del Concorsone. In realtà, parecchio in ritardo sulla tabella di marcia: la Legge 107 prevedeva il bando entro il 1° dicembre 2015, ma i problemi nell’approvazione delle nuovi classi di concorso hanno determinato uno slittamento più lungo del previsto. Adesso il termine è fissato a gennaio: per il momento si sa che il concorso, riservato agli abilitati, metterà in palio 63mila posti, 52.828 comuni, 5.766 di sostegno e 5.118 di potenziamento (altri 30mila sono per le GaE). Di fatto, sarà l’unica occasione di stabilizzazione fino al 2019 per tutti i precari della scuola esclusi dal piano straordinario. Per questo l’attesa (si prevede una platea di 200mila partecipanti) è febbrile. Un’eventuale preselezione (per infanzia e primaria) potrebbe svolgersi a marzo. Le prove scritte in primavera, gli orali a seguire. Comunque in tempo per avere le graduatorie in estate e le prime immissioni a settembre. Viste le esperienze del passato non sarà facile, si rischia una corsa contro il tempo. Non è tutto: il 2016 porterà altri due concorsi. Quello per dirigenti scolastici, rinviato dall’aprile 2015, che dovrebbe mettere in palio mille posti e prevedere diverse novità (sarà il primo gestito dal Miur e non più dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione). E quello per il 3° ciclo di Tirocinio Formativo Attivo (Tfa, unico canale d’abilitazione in attesa della riforma di formazione dei docenti), su cui non ci sono novità.
LA GRANDE MOBILITÀ E LA CHIAMATA DIRETTA
Quando: entro settembre.
Chi: i neoassunti del piano straordinario (circa 58mila) e del concorso, e chi farà richiesta di trasferimento.
Perché: realizzare l’autonomia scolastica.
È la vera, grande incognita dell’anno, il cardine de “La Buona scuola”. Entro il 30 giugno il Miur deve disegnare i nuovi ambiti territoriali in cui distribuire istituti, docenti e studenti. Sembra un cavillo tecnico ma non lo è: la riforma prevede che in futuro, già dal prossimo anno scolastico, gli insegnanti non siano più assegnati ad una scuola, ma a un distretto. E che all’interno di questo vengano scelti dai dirigenti scolastici in base al curriculum. È la famosa e discussa “chiamata diretta” dei presidi, con cui si dovrebbe realizzare l’autonomia scolastica, principio ispiratore della Legge 107. In quest’ottica uno step decisivo sarà la redazione del nuovo Piano Triennale dell’Offerta Formativa (Tpof già a gennaio: un documento innovativo che conterrà progetti, richieste di personale e obiettivi (da verificare e valutare) di ogni istituto nei prossimi tre anni. Poi a settembre è previsto un grande “rimescolamento di carte”, o meglio di docenti: una finestra di mobilità straordinaria, che riguarderà i neoassunti della Fase B e C del piano straordinario (sono circa 58mila) e i primi del Concorsone; ma anche qualsiasi docente di ruolo che farà richiesta di trasferimento (e in totale sono circa 800mila in Italia, la platea potenziale è sconfinata). I presidi proporranno agli insegnanti un contratto sulla base delle loro competenze e delle esigenze della scuola; ma la “chiamata diretta” sarà comunque mitigata dall’obbligo di attingere da precisi bacini (gli ambiti, appunto) a cui si arriverà per punteggio in graduatoria. Autonomia, poi, vuol dire anche valutazione: nel 2016 ci saranno i primi “voti” ai prof.
LE DELEGHE: SOSTEGNO, INFANZIA E FORMAZIONE
Quando: entro fine anno.
Chi: i docenti di sostegno (120mila circa), dell’infanzia (110mila circa) e tutti gli aspiranti docenti del futuro.
Perché: docenti di sostegno più specializzati; ciclo unico 0-6; corso-concorso per abilitazione e assunzione.
La Legge 107 contiene anche tre deleghe, ancora tutte da scrivere, che rivoluzioneranno il mondo della scuola quanto (e forse più) degli articoli già approvati. Ilfattoquotidiano.it ha anticipato a grandi linee le direzioni in cui il Ministero ha intenzione di muoversi. Per il sostegno, uno dei punti di forza del sistema di istruzione italiano, in cantiere separazione delle carriere, concorso ad hoc, e maggior specializzazione sulle patologie. C’è un progetto per realizzare un nuovo ciclo unico 0-6, con asilo nido e scuola dell’infanzia coordinati sotto l’egida del Miur. E poi una grande riforma del sistema di formazione e reclutamento, con un corso-concorso che abiliti e porti all’immissione in ruolo, dopo un periodo di “apprendistato” (ma questo più a lungo termine: nell’attesa ci saranno almeno due Tfa, il primo proprio nel 2016). La Legge 107 dà 18 mesi di tempo al governo per completare le deleghe: entro fine anno dovrà essere tutto nero su bianco.
L’ALTRA RIFORMA: “LA BUONA UNIVERSITÀ”
Quando: da definire.
Chi: ricercatori (21mila), professori associati (17.500) e ordinari (13mila).
Perché: rilanciare la ricerca, potenziare l’autonomia degli atenei, ridurre la burocrazia.
Sistemata la scuola, toccherà quindi all’università: Matteo Renzi vuole mettere mano agli atenei. Un proposito noto da tempo e rimandato dai problemi per l’approvazione della Legge 107: il 2016, però, potrebbe essere davvero l’anno costituente dell’università. Lo dicono anche i provvedimenti contenuti nell’ultima Legge di stabilità, che dopo anni ha sbloccato i contratti per ricercatori. Primi segnali, a cui dare continuità in futuro. Un tavolo per una vera riforma è stato già avviato, circolano alcune bozze a cui lavorano i parlamentari Pd più attivi nel settore istruzione. Le principali linee guida dovrebbero essere: più fondi alla ricerca, rimozione del blocco del turnover che da anni strozza gli atenei, semplificazione di vincoli e norme. Meno paletti e più autonomia, insomma. Ma siamo ancora davvero solo nel campo delle idee. E anche qui non mancheranno discussioni e polemiche.