Il processo di primo grado si era chiuso con l’assoluzione di quattro agenti. Il processo d’appello si apre con la decisione dei giudici di accogliere la richiesta dell’accusa per una nuova perizia medico-legale per stabilire le cause della morte di Michele Ferrulli. L’uomo era morto a Milano in via Varsavia nella notte del 30 giugno 2011 per un arresto cardiaco mentre veniva ammanettato da quattro poliziotti, imputati per omicidio preterintenzionale ma assolti.
L’approfondimento dovrà stabilire se un’infiltrazione emorragica rintracciata sulla testa di Ferrulli sia stata provocata da una indebita compressione del capo sul suolo, durante l’azione di contenimento della polizia per procedere al suo arresto. La nuova perizia, su un punto del corpo nel quale non era mai stata disposta, non necessiterà della riesumazione del cadavere ma si svolgerà sulla base della documentazione medica. L’incarico ai periti verrà conferito il prossimo 28 gennaio, quando riprenderà il giudizio.
È stata disposta dalla Corte anche una nuova visione in aula dei filmati che hanno ripreso le fasi dell’arresto, alla presenza dei consulenti di parte. L’analisi e la valutazione dei video dovrebbero aiutare i giudici a comprendere se l’azione di contenimento degli agenti sia stata esagerata rispetto alle necessità nel momento dell’arresto, così come aveva ipotizzato l’accusa in primo grado parlando di “violenza gratuita e ingiustificabile“. Il pm Gaetano Ruta aveva chiesto la condanna a 7 anni di carcere per gli imputati. La figlia della vittima, Domenica Ferrulli, aveva lasciato l’aula in lacrime dopo aver abbracciato Lucia Uva, la sorella di Giuseppe, morto nel giugno del 2008 in ospedale dopo essere stato portato alla caserma dei carabinieri a Varese.
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado i giudici avevano chiarito che gli agenti hanno tenuto una condotta di “contenimento”, che era “giustificata dalla legittimità dell’arresto” e hanno parlato di “dubbio” nella “efficacia causale sull’evento morte”, stante “la concomitanza di altri numerosi e rilevanti fattori ‘stressogeni’“. Tra i fattori causa di stress i giudici avevano elencato l’arrivo dei poliziotti, il contrasto insorto con il manovale e la conseguente caduta a terra, l’ammanettamento, la sua resistenza all’azione dei poliziotti, la sua ipertensione cronica e la sua ipertrofia cardiaca.
In quella sentenza vi sono anche passaggi che riguardano Domenica Ferrulli, la figlia di Michele che si è costituita parte civile nel processo (ora rappresentata dal professore Carlo Federico Grosso e dal legale Valentina Finamore) e che anche oggi era presente in aula, seduta una fila davanti ai quattro imputati. Secondo i giudici, la donna avrebbe influito negativamente su alcuni testimoni del procedimento. Un passaggio definito “offensivo e gratuito” dalla giovane che aveva ribattuto: “I filmati sono sotto gli occhi di tutti, mio padre è morto chiedendo aiuto e supplicando i poliziotti di smetterla”.