Le attese, negative, di un nuovo giro ispettivo della Bce mirato alla situazione dei crediti deteriorati in pancia al sistema bancario europeo hanno mandato a picco Piazza Affari, mentre le borse del Vecchio Continente sono tornate a perdere terreno sotto il peso dei nuovi ribassi del prezzo del petrolio alla vigilia della diffusione delle nuove previsioni sul Pil cinese. E così anche la terza settimana del 2016 è partita male per Piazza Affari, ancora una volta maglia nera d’Europa con una perdita del 2,65 per cento che ha portato il listino principale di Milano sui minimi da gennaio 2015. A pesare sono state le indiscrezioni di stampa del weekend, confermate nella serata di lunedì, secondo le quali l’Eurotower sta avviando una nuova ricognizione sui crediti deteriorati di alcuni istituti europei, con l’invio di questionari alle banche per un esame dei non performing loans, in parallelo con l’attività ispettiva a verifica del livello delle coperture. Esercizio particolarmente delicato per quelli italiani che hanno in pancia 350 miliardi di esposizioni deteriorate di cui quasi 200 di sofferenze. Detto in altri termini le banche italiane hanno in bilancio sofferenze pari a circa il 20% del portafoglio prestiti complessivo.
Naturale che in questo contesto il titolo peggiore sia stato quello del Monte dei Paschi di Siena, che ha peso quasi il 15% toccando il nuovo minimo storico, 0,76 euro. A questo prezzo la banca, che solo la scorsa estate ha mandato in porto un aumento di capitale da 3 miliardi, ne vale 2,2. I piccoli azionisti riuniti nell’associazione Azione Mps hanno diffuso una nota in cui ringraziano ironicamente “le autorità di vigilanza, la Commissione Europea, i grandi azionisti e gli speculatori internazionali”, considerati corresponsabili del “crollo senza freni” del titolo che dall’ultima seduto del 2015 ha perso il 38 per cento. La Consob, si legge, è stata “spettatrice inerte di una speculazione selvaggia e senza controllo”, mentre la Banca d’Italia è “evidentemente disinteressata al destino del terzo gruppo bancario italiano” e “la Bce con le sue improprie raccomandazioni sulla ricerca di partnership ha di fatto avviato la svendita della Banca, certificandone al contempo il risanamento”.
Pesanti crolli, però, anche per Carige (-7,3%) la Popolare dell’Emilia Romagna, (-8,7%), Ubi Banca (-7,3%) e Banco Popolare (-6,7%). Male anche Unicredit (-5,4%) e Intesa Sanpaolo (-5%). Secondo gli analisti di Ig, se a Bruxelles, “non si dovesse arrivare a una soluzione concreta e rapida sulla Bad Bank, le banche italiane potrebbero risultare tra le più deboli nei prossimi stress test della Bce, con il rischio di nuovi aumenti di capitale all’orizzonte: e questo il mercato lo sa”. E ancora: “L’attacco che abbiamo visto in Borsa al settore – spiegano – non deve essere interpretato solo come una mossa speculativa, ma anche come una bocciatura per il tempo perso nei mesi scorsi”. In serata, su richiesta della Consob, alcuni istituti hanno ammesso di essere finiti sotto la lente di Francoforte: si tratta di Banco Popolare e Popolare di Milano, candidati alle prime nozze tra popolari, Popolare dell’Emilia Romagna, Mps e Carige. Oltre alla sistemica Unicredit. Non hanno invece ricevuto richieste Ubi, Intesa, Mediobanca, Credem e Popolare di Sondrio.
Gli istituti finiti nel mirino saranno soggetti, in questo mese e nel prossimo, ad attività di valutazione e indagini conoscitive su “strategia, governo, processi e metodologia adottati in ambito non performing loans” è la formula comune. Nel frattempo sul tema bad bank, invocata come soluzione per alleggerire il sistema bancario nazionale da 180 miliardi di sofferenze lorde e per rilanciare il credito, si sono confrontati i vertici di Cassa Depositi e Prestiti, Claudio Costamagna e Fabio Gallia, in una riunione a Palazzo Chigi col premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. La discussione, aperta con Bruxelles, riguarda in particolare la garanzie pubbliche a una o più bad bank proposte dall’Italia alla Ue.
Non si risolleva, intanto, il resto d’Europa dove continuano a pesare i prezzi del petrolio in caduta libera e i dubbi sulla crescita della Cina, che martedì diffonderà le nuove previsioni sul Pil. Le borse europee avevano aperto la seduta in lieve recupero, confortate dal rialzo degli indici cinesi con la sola eccezione di Hong Kong. Poi a mandarle in rosso ci ha pensato l’accelerazione della corsa al ribasso del greggio, con il Brent scivolato sotto i 28 dollari al barile e il Wti sotto i 30 dopo che l’Iran, fresco di revoca delle sanzioni, ha ufficializzato la decisione di aumentare la produzione. Francoforte, che nel corso del pomeriggio aveva azzerato le perdite, è poi tornata in negativo e ha archiviato la seduta a -0,25% soprattutto a causa del pesante ribasso del gruppo Henkel il cui amministratore delegato si è dimesso. Madrid dal canto suo ha ceduto lo 0,85% e Londra lo 0,42%. Si salva invece Wall Street che è rimasta chiusa per la festività del Martin Luther King Day.