Arrivano gli animatori digitali. Nelle scuole italiane dal 2016 esiste una nuova figura di docente, che dovrà organizzare le attività informatiche degli istituti: corsi sperimentali, metodologie didattiche innovatie, laboratori. Si tratta di uno dei cardini del Piano Nazionale Scuola Digitale da un miliardo di euro lanciato in autunno dal ministro Stefania Giannini per rinnovare l’istruzione italiana, ferma al palo rispetto al resto d’Europa. Ma la loro avventura parte fra mille incognite: dai criteri di scelta poco trasparenti alla retribuzione non specificata, passando per le carenze strutturali delle scuole, dove pc e tablet sono ancora una rarità.
LA CARICA DEGLI OTTOMILA – Gli animatori sono docenti di ruolo che si occuperanno di innovazione. Sono 8.303 in totale, praticamente uno per ogni scuola: la maggior parte in Lombardia (1.123), seguita da Campania (1.008) e Sicilia (863). Età media 45 anni, in prevalenza donne (4.594 le animatrici, 3.709 gli uomini), due su quattro provengono da area scientifica. Il Miur ha stanziato 8,5 milioni di euro, in modo da distribuire una dotazione di mille euro per istituto. In più, ci saranno 850mila euro per garantire la loro formazione annuale. Dovranno dedicarsi ad attività anche molto diverse fra loro: in scuole dove il livello di digitalizzazione è basso, dovranno partire quasi da zero con attività di monitoraggio e alfabetizzazione informatica; in altre, più avanzate, potranno mettere a punto progetti sperimentali.
NOMINE DISCREZIONALI – La novità, però, ha subito posto un problema: quello della nomina. Il decreto la rimette nelle mani dei presidi, lasciando autonomia ad ogni istituto. C’è chi ha scelto di conferire l’incarico a insegnanti che già svolgevano attività informatiche, chi ha fatto presentare delle candidature, chi ha delegato la scelta al collegio dei docenti. “Da noi il dirigente ha deciso senza alcuna consultazione”, scrive invece Antonella su uno dei tanti gruppi Facebook che sono nati in concomitanza con l’avvio del progetto. “Ecco, un altro potere del superpreside“, aggiunge Antonio. “Anche qui si sono visti i soliti favoritismi…”. Il Ministero non ha fissato criteri e per questo la nomina, totalmente discrezionale, in certi casi ha creato situazioni di tensione, specie quando c’erano più candidature. In altri, invece, a farsi avanti sono stati in pochi o addirittura nessuno. “Nel mio istituto non è stato nominato: lo hanno proposto a me, ma ho rifiutato ringraziando e motivando le mie ragioni”, spiega Alessandro.
LAVORO GRATIS? – Colpa, forse, è anche dell’incertezza sulla retribuzione. Le indicazioni del Miur sono poco chiare: i mille euro destinati ad ogni scuola non sono un compenso, ma un finanziamento alla scuola che può essere impiegato anche per l’animatore. Di fatto, tanti hanno dovuto accettare la nomina senza avere alcuna idea di se e quanto saranno pagati. “Ma voi siete disposti a fare questo bellissimo e immenso lavoro gratis?”, chiede Raffaella Di Gregorio. “L’aspetto del compenso va chiarito quanto prima, è scandaloso”, aggiunge Elisabetta Lombardo. La situazione, comunque, varierà di scuola in scuola: “Ed è giusto che sia così, perché gli animatori avranno incarichi molto differenti”, spiega Laura Biancato, preside dell’Istituto Mussolente in provincia di Vicenza, che ha collaborato alla stesura del Piano. “Io, per esempio, al mio animatore ho riservato come compenso circa il 50% della dotazione, oltre alle ore di funzione strumentale retribuite con il Fondo di istituto”. Altrove, però, tutto è ancora nebuloso.
SCUOLE POCO DIGITALI – Comunque siano stati scelti e pagati, gli animatori digitali sono al lavoro: devono presentare un piano triennale (fino al 2018) e mettersi all’opera per realizzarlo. Sul web c’è grande entusiasmo: i docenti si confrontano per trovare le idee migliori. Ma non mancano i dubbi. Gianluca Pirro di Napoli è pessimista: “I piani sono scopiazzati. Il mio l’ho ridotto ai pochi obiettivi realizzabili, il 70% dei docenti non sa usare il pc”. L’interazione con gli insegnanti curriculari potrebbe essere faticosa: c’è chi teme un sovraccarico di lavoro e confusione sulla didattica. E poi c’è il vero problema: le carenze strutturali delle scuole, ancora molto indietro sulla digitalizzazione secondo un recente rapporto della Corte dei Conti. “Inutile nascondersi, tutto gira intorno alle risorse”, conferma la preside Biancato. Il Miur ha previsto un miliardo di euro fino al 2020 (oltre la metà fondi europei). “Se le promesse saranno mantenute, arriveranno soldi e strumenti, si potrà fare tanto, altrimenti molto poco”. La situazione attuale, però, resta deficitaria, specie in alcune zone. “Si parla di progetti tecnici ma io sono in imbarazzo: da noi neanche internet funziona”, racconta Fabio Bosco da Agrigento. “La linea cade spesso e il dirigente ha deciso di mettere dei limiti alla navigazione”. Altro che animazione digitale.