In attesa dei risultati dell’inchiesta penale che non era stata archiviata, continuano le sentenze del Tribunale civile di Palermo per i familiari delle vittime della strage di Ustica. I ministeri della Difesa e dei Trasporti dovranno risarcire, per una cifra che sfiora complessivamente i 12 milioni di euro, altri 31 familiari delle 81 vittime del disastro del Dc-9 Itavia precipitato al largo di Ustica il 27 giugno 1980 mentre da Bologna andava a Palermo. Con tre distinte sentenze, emesse il 13 e il 19 gennaio, che si vanno ad aggiungere a quelle già emesse nel capoluogo siciliano, alcune delle quali confermate anche in appello, il tribunale civile di Palermo ha stabilito che lo Stato dovrà pagare. Era stata la Cassazione a stabilire la responsabilità dei ministeri facendo ripartire la battaglia legale per i risarcimenti. Per i supremi giudici il veivolo era stato abbattuto da un missile.
Secondo i giudici della terza sezione civile, Giuseppe Rini e Paolo Criscuoli, il disastro del volo Itavia fu causato con “elevata probabilità” da un missile o da una “quasi collisione” con un altro velivolo intruso, perciò da un evento esterno alla carlinga dell’aereo.
Rimangono confermate le conclusioni della sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore che nel 1999, dopo anni di indagini e analisi sui tracciati radar di Ciampino, affermò che il Dc-9 era stato abbattuto nel corso di una battaglia aerea e che la sua rotta era stata disturbata da caccia militari di diversi Paesi tuttora da identificare.
L’inchiesta penale, riaperta otto anni fa dai pm Amelio e Monteleone raccogliendo le dichiarazioni con le quali Francesco Cossiga tornò a tirare in ballo i francesi per l’abbattimento del nostro Dc-9, ipotizza il reato di strage, riprendendo appunto il filo dell’istruttoria di Priore che portò sul banco degli imputati gli allora vertici dell’Aeronautica militare italiana, con l’accusa di aver depistato e ostacolato la verità (poi tutti assolti in via definitiva). Priore non riuscì a contestare la strage ma solo a mettere a fuoco lo scenario di guerra di cui il Dc-9 rimase vittima. Colpito da un missile, lanciato da uno dei 21 aerei “senza nome” che quella notte erano in volo, o a causa di una “near collision”, una quasi collisione, con uno di essi.
Il tribunale di Palermo ha ribadito che proprio le indagini e le perizie condotte durante l’istruttoria Priore sono sufficienti per affermare che il Dc-9 fu abbattuto. Come nei precedenti pronunciamenti i dicasteri sono stati condannati a risarcire i familiari delle vittime a titolo di responsabilità per omesso controllo del traffico aereo, mentre la responsabilità per depistaggio, anche se accertata, è stata dichiarata prescritta.
Soddisfatti i legali dei familiari, Daniele Osnato e Alfredo Galasso. “Ringraziamo ancora una volta la magistratura – ha dichiarato Osnato – per il grande impegno profuso nella ricerca della verità e per averci ascoltato con attenzione in un dibattimento durato circa tre anni. È stato escluso il cedimento strutturale e, ancora una volta, è stata smentita in fatto l’ipotesi sostenuta dai ministeri circa la bomba nella toilette”.
Ora si guarda a Roma perché si faccia chiarezza sulla nazionalità dei caccia che quella notte, anche secondo la Nato, si trovavano inspiegabilmente troppo vicini al volo Itavia. “Ci rammarica – ha concluso l’avvocato Osnato – solo della intervenuta prescrizione del depistaggio, fatto comunque acclarato dal tribunale di Palermo, ma deplorevole e certamente gravemente scorretto. Depistaggio accertato, ancora una volta, soprattutto a carico degli allora vertici della nostra Aeronautica militare”.