Venerdì le borse europee hanno continuato a recuperare terreno in scia alle promesse del governatore della Bce Mario Draghi, al rialzo dei listini asiatici, con Tokyo che ha guadagnato il 5,8% e Shanghai in progresso dell’1,25% e al recupero del petrolio, che dopo i tonfi degli ultimi giorni si è riportato sopra i 30 dollari al barile. Ha chiuso ancora positiva anche Piazza Affari, che ha però messo a segno un modesto +1,63% contro il +3,3% di Madrid, il +3,1% di Parigi e il +1,99% di Francoforte. A pesare sono state le indiscrezioni su un prossimo accordo al ribasso tra Roma e Bruxelles sulla bad bank. Lo strumento che dovrebbe aiutare gli istituti a sgravarsi dei 200 miliardi di sofferenze che hanno in portafoglio, stando alle anticipazioni, sarà molto meno conveniente per il sistema bancario rispetto alle ipotesi iniziali. Tanto che l’agenzia Bloomberg parla di una “pillola amara” da mandare giù e Credit Suisse calcola in 37 miliardi gli accantonamenti aggiuntivi che le banche dovranno mettere in conto se lo schema andrà in porto con queste caratteristiche. Intanto anche la delegazione del Fondo monetario internazionale in missione in Italia in questi giorni sta raccogliendo informazioni su sofferenze e incagli.

Si spiega così la seduta in altalena dell’osservato speciale degli ultimi cinque giorni, il Monte dei Paschi di Siena, che ha chiuso le contrattazioni a +2,74% dopo un avvio con il botto a +17 per cento. Il titolo vale ora 0,75 euro contro gli 0,5 euro toccati durante la drammatica seduta di mercoledì, a cui giovedì era seguito un rimbalzo del 43 per cento. A mercati chiusi fonti finanziarie hanno diffuso l’indiscrezione che il dossier Mps è sul tavolo di Ubi Banca ma anche degli spagnoli del Santander (da cui Siena nel 2007 comprò Antonveneta alla stratosferica cifra di 9 miliardi) e dei francesi di Bnp Paribas che stanno valutando la possibilità di un’acquisizione.

Peggio è andata a Carige, Banco Popolare, Ubi Banca e Bper, che avevano aperto in positivo ma hanno virato in rosso nella seconda parte della giornata lasciando sul terreno rispettivamente il 6,62, il 5, il 4,7 e l’1,12 per cento. Non sono evidentemente bastate le rassicurazioni di Draghi sul fatto che l’Eurotower non farà “richieste inattese di nuovi accantonamenti” agli istituti italiani a cui nelle scorse settimane ha inviato un questionario sulla gestione dei non performing loans. E nemmeno il fatto che venerdì mattina Draghi, parlando durante il Forum economico mondiale di Davos, abbia ribadito che “in Italia c’è stata un’errata interpretazione della lettera inviata dalla Bce su come i Paesi stanno gestendo i crediti in sofferenza” perché “non vi era nulla di più che conoscere le diverse pratiche nazionali in merito”.

Al posto della bad bank in arrivo società di cartolarizzazione che potranno comprare la garanzia pubblica – Il problema è che secondo le ultime indiscrezioni il piano di bad bank presentato la settimana scorsa dal Tesoro e di cui martedì prossimo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan discuterà a Bruxelles con la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, è una versione molto sbiadita rispetto all’ipotesi iniziale di un veicolo ad hoc partecipato da Cassa depositi e prestiti. Dopo oltre un anno di negoziati e diverse proposte rispedite al mittente dalla Commissione perché si configurava l’aiuto di Stato, il nuovo schema, sempre secondo le indiscrezioni, prevederebbe una garanzia pubblica che le banche potranno attivare, a pagamento e a prezzo di mercato, su titoli cartolarizzati con dentro una quota di sofferenze. Titoli che saranno emessi da società di cartolarizzazione create dagli istituti stessi e a cui verranno ceduti i prestiti difficili da recuperare. La garanzia pubblica farebbe sì che il rating di questi strumenti sia sufficientemente alto da consentire che li possano comprare non solo fondi speculativi specializzati, ma anche investitori istituzionali come le assicurazioni e i fondi comuni.

Per Bloomberg l’operazione farà emergere “miliardi di euro di perdite” – Resta il nodo del prezzo a cui i 200 miliardi di sofferenze verranno venduti. Secondo un rapporto di Credit Suisse se sarà pari a circa il 20-30% del loro valore nominale il sistema dovrà accantonare 37 miliardi aggiuntivi. Numeri indicativi perché gli analisti della banca d’affari si aspettano che non tutte le banche scelgano di aderire a questo schema: quelle con rapporti molto elevati tra crediti non performing e crediti totali, come Mps, “saranno più pressate per scaricare alcuni dei loro asset, mentre gruppi come Intesa Sanpaolo potrebbero non partecipare”. Per Bloomberg, le garanzie statali saranno inferiori a 40 miliardi di euro e l’operazione potrebbe rappresentare una “pillola amara” per le banche in quanto dovranno “far emergere miliardi di euro di perdite se le cessioni saranno effettuate a prezzi inferiori al valore a cui i crediti sono iscritti a bilancio”.

Boston Consulting: “Da bad bank effetto positivo sul Pil ma solo se ambiziosa” – Non è detto quindi che uno schema del genere sia ritenuto sufficiente dai mercati, che dopo l’entrata in vigore del bail in hanno messo nel mirino i titoli delle banche più appesantite dalle sofferenze. Secondo un’analisi di Boston Consulting Group il varo di una bad bank per riportare sotto controllo le sofferenze bancarie potrebbe avere un impatto positivo sul Pil dell’Italia nell’ordine dell’1,5%-2%, ma solo nel caso in cui si tratti di un piano “ambizioso” capace di dimezzare lo stock di crediti deteriorati portandoli a 100 miliardi, sui livelli pre-crisi. Nel frattempo anche il Fondo monetario internazionale, in missione in Italia, si sta concentrando sulla gestione delle sofferenze bancarie. La delegazione, guidata dal nuovo capo missione Rishi Goyal, ha incontrato a Milano i vertici di alcune banche e consulenti finanziari, chiedendo aggiornamenti sull’andamento del mercato dei crediti deteriorati. Giovedì i funzionari sono stati al ministero dell’Economia e venerdì in Banca d’Italia.

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