Ciò che rimane incompiuto e fatiscente alla periferia occidentale di Crema, in località Cascina Valcarenga, è un vero e proprio monumento al fasto che fu. Quando Comunione e Liberazione nella cittadina lombarda aveva la possibilità di immaginare progetti ultramilionari. Oggi tutto questo è finito, ma qualcuno deve pagare. Stiamo parlando della cosiddetta ex scuola di Cl: il sogno della fondazione Charis da tirare su col contributo di soldi pubblici. Con un fondo attivo presso la Struttura parità e diritto allo Studio di Regione Lombardia, una cosa voluta e difesa fortemente dall’allora presidente Roberto Formigoni, che dava denari esclusivamente alle scuole non statali.
Da lì, nel 2008, arriva per il progetto ciellino un milione di euro, che però oggi Regione Lombardia, comunicato la settimana scorsa con una lettera a firma del presidente Roberto Maroni, vuole indietro, pretendendolo dal Comune di Crema, che però si rifiuta. E’ questo, infatti, l’ente capofila che allora (a guida centro-destra) si accollò l’onere della gestione dei finanziamenti per la megalitica scuola paritaria. I lavori iniziarono, ma tra 2010 e 2011 si fermarono e non procedettero più; tra l’estate del 2011 e la fine del 2012 viene avviata addirittura una liquidazione volontaria, per pagare i creditori che si erano spesi per il grande progetto: un investimento complessivo da circa 40 milioni di euro e che prevedeva, oltre alla realizzazione di un mega plesso scolastico, un auditorium da 1500 posti a sedere, naturalmente degli edifici ecclesiastici ma nessuna biblioteca.
I mesi in cui tutto si ferma e ai posteri sono lasciati in eredità grandi scheletri in cemento armato, coincidono con quelli in cui monsignor Mauro Inzoli, colui che fu da sempre la massima espressione di Cl a Crema, venne prima indagato e poi “messo a riposo” dalla Congregazione per la Dottrina della fede, perché sospettato di pedofilia. Don Mauro – la cui presenza fece scalpore al convegno in Regione Lombardia sulla famiglia nel 2014 – era presidente del Banco alimentare e “confessore” del “Celeste”, Formigoni.
Cl e Compagnia delle opere a Crema coincidono invece con la fondazione Charis, rappresentata legalmente negli anni dell’affare della cascina Valcarenga, da Claudio Cogorno. Questi faceva parte di un paio di società, la Icos – lo sponsor del Volley femminile Crema, che proprio sotto la presidenza di Cogorno arrivò a militare in serie A1, per poi fallire sempre in quel fatidico 2012 – e le Iuvans srl, citate nei suoi interrogatori da Pierangelo Daccò (il faccendiere finito assieme a Formigoni nell’inchiesta sulla sanità lombarda), ma senza che Cogorno fosse indagato.
In una lettera datata 2008, ripescata di recente dal deputato cremasco di Sel Franco Bordo (e pubblicata dal sito Cremaonline), fu Cogorno a far presente all’allora sindaco di Crema Bruno Bruttomesso, dell’esistenza di risorse a disposizione per le scuole non statali ed invitava il primo cittadino ad “attivare gli uffici competenti” per “accedere al fondo regionale sopra richiamato”. “Il 26 marzo 2008 – racconta il consigliere regionale del Pd Agostino Allori – il sindaco Bruttomesso invia un fax a Regione Lombardia; due giorni dopo la sua Giunta approva uno schema di protocollo con Fondazione Charis e Regione, per l’utilizzo di contributi a valere sulla legge regionale 1/2000; il Pirellone può così assicurare un finanziamento, ipotetico di 4 milioni e 500 mila euro (a titolo di compartecipazione alla spesa di euro 8.992.179,99 del primo lotto dei lavori) e un immediato versamento di un milione di euro”. L’assessore regionale alla partita è il cremasco Giovanni Rossoni, altro esponente ciellino.
Nel giugno 2013, dopo che la fondazione Charis fu messa in liquidazione volontaria, Regione Lombardia emana un Decreto dirigenziale e fa decadere il contributo elargito; è scritto nel provvedimento “che constatando la mancata messa in atto del plesso scolastico, il contributo viene revocato e ne viene richiesta la restituzione al Comune di Crema”. Ed ecco la missiva firmata da Maroni. Secondo l’attuale sindaco di centrosinistra Stefania Bonaldi era stato concordato che il Comune di Crema e Regione si sarebbero “insinuati” nella liquidazione del cantiere dell’ex fondazione Charis (proprietaria di beni immobili per milioni di euro) per evitare che il debito finisse sulle spalle dell’amministrazione cremasca, minacciandone il bilancio.
La Sindaca Bonaldi nel corso della seduta del Consiglio comunale dello scorso 18 gennaio è stata chiara: “Noi questo milione non lo dobbiamo”, aggiungendo che fu proprio l’assessore all’istruzione di Regione Lombardia, Valentina Aprea, a garantirglielo, confermando l’insinuarsi del proprio ente nel fallimento della fondazione Charis “escludendo quindi in toto – ha ribadito la sindaca – in un documento ufficiale di essere creditrice nei confronti del Comune”. E così Maroni o quel documento non l’ha letto o, probabilmente, preferisce non giocare coi santi.
Cronaca
Crema, ex scuola di Cl iniziata (coi soldi della Regione) e mai finita: ora Maroni vuole indietro i soldi dal Comune
Lo sfarzoso istituto è stato il sogno mai realizzato della fondazione Charis, che è stato finanziato con un fondo attivo presso la Struttura parità e diritto allo Studio del Pirellone. I lavori cominciarono nel 2010, ma si arrestarono presto. Adesso il governatore pretende la restituzione di un milione di euro dall’ente capofila che allora (a guida centro-destra) si accollò l’onere della gestione dei finanziamenti. Attuale sindaco: "Non dobbiamo niente"
Ciò che rimane incompiuto e fatiscente alla periferia occidentale di Crema, in località Cascina Valcarenga, è un vero e proprio monumento al fasto che fu. Quando Comunione e Liberazione nella cittadina lombarda aveva la possibilità di immaginare progetti ultramilionari. Oggi tutto questo è finito, ma qualcuno deve pagare. Stiamo parlando della cosiddetta ex scuola di Cl: il sogno della fondazione Charis da tirare su col contributo di soldi pubblici. Con un fondo attivo presso la Struttura parità e diritto allo Studio di Regione Lombardia, una cosa voluta e difesa fortemente dall’allora presidente Roberto Formigoni, che dava denari esclusivamente alle scuole non statali.
Da lì, nel 2008, arriva per il progetto ciellino un milione di euro, che però oggi Regione Lombardia, comunicato la settimana scorsa con una lettera a firma del presidente Roberto Maroni, vuole indietro, pretendendolo dal Comune di Crema, che però si rifiuta. E’ questo, infatti, l’ente capofila che allora (a guida centro-destra) si accollò l’onere della gestione dei finanziamenti per la megalitica scuola paritaria. I lavori iniziarono, ma tra 2010 e 2011 si fermarono e non procedettero più; tra l’estate del 2011 e la fine del 2012 viene avviata addirittura una liquidazione volontaria, per pagare i creditori che si erano spesi per il grande progetto: un investimento complessivo da circa 40 milioni di euro e che prevedeva, oltre alla realizzazione di un mega plesso scolastico, un auditorium da 1500 posti a sedere, naturalmente degli edifici ecclesiastici ma nessuna biblioteca.
I mesi in cui tutto si ferma e ai posteri sono lasciati in eredità grandi scheletri in cemento armato, coincidono con quelli in cui monsignor Mauro Inzoli, colui che fu da sempre la massima espressione di Cl a Crema, venne prima indagato e poi “messo a riposo” dalla Congregazione per la Dottrina della fede, perché sospettato di pedofilia. Don Mauro – la cui presenza fece scalpore al convegno in Regione Lombardia sulla famiglia nel 2014 – era presidente del Banco alimentare e “confessore” del “Celeste”, Formigoni.
Cl e Compagnia delle opere a Crema coincidono invece con la fondazione Charis, rappresentata legalmente negli anni dell’affare della cascina Valcarenga, da Claudio Cogorno. Questi faceva parte di un paio di società, la Icos – lo sponsor del Volley femminile Crema, che proprio sotto la presidenza di Cogorno arrivò a militare in serie A1, per poi fallire sempre in quel fatidico 2012 – e le Iuvans srl, citate nei suoi interrogatori da Pierangelo Daccò (il faccendiere finito assieme a Formigoni nell’inchiesta sulla sanità lombarda), ma senza che Cogorno fosse indagato.
In una lettera datata 2008, ripescata di recente dal deputato cremasco di Sel Franco Bordo (e pubblicata dal sito Cremaonline), fu Cogorno a far presente all’allora sindaco di Crema Bruno Bruttomesso, dell’esistenza di risorse a disposizione per le scuole non statali ed invitava il primo cittadino ad “attivare gli uffici competenti” per “accedere al fondo regionale sopra richiamato”. “Il 26 marzo 2008 – racconta il consigliere regionale del Pd Agostino Allori – il sindaco Bruttomesso invia un fax a Regione Lombardia; due giorni dopo la sua Giunta approva uno schema di protocollo con Fondazione Charis e Regione, per l’utilizzo di contributi a valere sulla legge regionale 1/2000; il Pirellone può così assicurare un finanziamento, ipotetico di 4 milioni e 500 mila euro (a titolo di compartecipazione alla spesa di euro 8.992.179,99 del primo lotto dei lavori) e un immediato versamento di un milione di euro”. L’assessore regionale alla partita è il cremasco Giovanni Rossoni, altro esponente ciellino.
Nel giugno 2013, dopo che la fondazione Charis fu messa in liquidazione volontaria, Regione Lombardia emana un Decreto dirigenziale e fa decadere il contributo elargito; è scritto nel provvedimento “che constatando la mancata messa in atto del plesso scolastico, il contributo viene revocato e ne viene richiesta la restituzione al Comune di Crema”. Ed ecco la missiva firmata da Maroni. Secondo l’attuale sindaco di centrosinistra Stefania Bonaldi era stato concordato che il Comune di Crema e Regione si sarebbero “insinuati” nella liquidazione del cantiere dell’ex fondazione Charis (proprietaria di beni immobili per milioni di euro) per evitare che il debito finisse sulle spalle dell’amministrazione cremasca, minacciandone il bilancio.
La Sindaca Bonaldi nel corso della seduta del Consiglio comunale dello scorso 18 gennaio è stata chiara: “Noi questo milione non lo dobbiamo”, aggiungendo che fu proprio l’assessore all’istruzione di Regione Lombardia, Valentina Aprea, a garantirglielo, confermando l’insinuarsi del proprio ente nel fallimento della fondazione Charis “escludendo quindi in toto – ha ribadito la sindaca – in un documento ufficiale di essere creditrice nei confronti del Comune”. E così Maroni o quel documento non l’ha letto o, probabilmente, preferisce non giocare coi santi.
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Giustizia & Impunità
Pioltello, una sola condanna per il disastro ferroviario. 8 assoluzioni, anche l’ex ad di Rfi: “Non sapevano del giunto ammalorato”
Politica
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Milano, 25 feb. (Adnkronos) - La sentenza di condanna a cinque anni e tre mesi per Marco Albanesi, nella sua qualità di capo Unità manutentiva di Rfi, per disastro ferroviario, omicidio colposo e lesioni colpose, è sancita dalla "colposa sottovalutazione del rischio, a lui noto, di rottura del giunto isolante incollato ammalorato, all'altezza del Km 13+400", nel comune di Pioltello, che causò il deragliamento di un treno regionale che il 25 gennaio 2018 uscì dai binari causando la morte di tre passeggeri e di un centinaio di feriti.
Nella nota del presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia - la risoluzione del Csm consente di spiegare le sentenze più complesse in attesa delle motivazioni - si evidenzia come il collegio presieduto dalla giudice Elisabetta Canevini ha assolto gli ex dirigenti - l'ex ad Maurizio Gentile e gli ex manager Umberto Lebruto, Vincenzo Macello e Andrea Guerini - "tutti per non aver commesso il fatto", data "l'assenza di prova in ordine alla realizzazione di condotte commissive od omissive ad essi rimproverabili, considerazione dei rispettivi ruoli ricoperti all'interno dell'assetto organizzativo di Rete ferroviaria italiana, nonché degli effettivi flussi informativi circa l'ammaloramento del giunto e l'inadeguatezza della manutenzione che ne ha determinato la rottura la mattina del 25 gennaio 2018, cagionando così il tragico disastro".
Il Tribunale - in coerenza con l'indirizzo interpretativo già accolto dalla Suprema Corte di Cassazione nella vicenda relativa al disastro ferroviario di Viareggio - "ha escluso che le norme cautelari astrattamente violate, il cui rispetto avrebbe evitato il verificarsi del disastro, avessero ad oggetto specifiche cautele antinfortunistiche, ritenendo che in realtà esse attenessero alla gestione di un rischio ontologicamente diverso, relativo alla sicurezza della circolazione ferroviaria e alla tutela della pubblica incolumità: e sulla base di questo inquadramento giuridico della vicenda ha vagliato la sussistenza, e l'osservanza in concreto delle posizioni di garanzia riferibili ai singoli". Le motivazioni del processo di primo grado saranno rese note tra 90 giorni.
(Adnkronos) - Quello spezzone che manca, circa 23 centimetri, sbalzato a "diversi metri di distanza" è per la procura la causa del deragliamento e grazie a una telecamera che punta sul tratto ferroviario emerge che "I problemi che stava dando quel giunto duravano da qualche giorno". Al passaggio del treno su quel tratto si generano scintille, le prime scintille già a partire dal 17 gennaio, proseguono e aumentano intensità e frequenza" con l'incremento dell'erosione.
Il giorno del deragliamento "le scintille sono contenute al passaggio delle prime carrozze, poi c'è quasi una fiammata" mentre il convoglio viaggia a "140 chilometri l'ora", infine "basta scintille" perché "il giunto è saltato" e le ultime carrozze non viaggiano più sui binari. "Possiamo dire con certezza che è la rottura del giunto che ha determinato lo svio del treno" è la sintesi dei pm Leonardo Lesti e Maura Ripamonti durante la requisitoria. "E' evidente che questa rottura determina l'evento e la morte di tre persone e il ferimento di circa 200" di cui deve rispondere "chi non ha provveduto alla corretta manutenzione del giunto" che si trovava "in condizioni di forte degrado" è la tesi della procura.
Su quella linea in cui passano circa 100 treni al giorno il malfunzionamento viene rilevato - secondo la tesi della procura fin dal febbraio 2017 o addirittura anche prima - ma la sostituzione dei giunto non arriva mai, la strategia di Rfi, per la pubblica accusa, sembra essere "il giunto si cambia se è rotto, se non è rotto si tira avanti". L’incidente mortale di Pioltello "non è un fatto occasionale, ma riconducibile alla colpa che arriva fino all'amministratore delegato Gentile". Il non aver riparato il giunto lungo i binari "è una sorta di scorrettezza nei confronti dello Stato" ma "anche una forma di slealtà" nei confronti di chi viaggiava: "c'erano 250 passeggeri, gente che andava a lavorare e si fidava del treno". Una tesi accusatoria che non ha convinto il tribunale.
(Adnkronos) - Lebruto e Macello, presenti in aula, si sono lasciati andare a qualche lacrima di commozione dopo l'assoluzione, mentre alcuni dei passeggeri che viaggiavano sul treno deragliato hanno lasciato l'aula in silenzio e con tutt'altro stato d'animo. Di fatto il tribunale ha condannato solo l'allora capo dell'Unità manutentiva di Rfi Marco Albanesi (la procura aveva chiesto 6 anni e 10 mesi) per disastro ferroviario colposo, omicidio e lesioni colpose, ritenendolo responsabile sul territorio del mancato controllo o meglio come "colposa sottovalutazione del rischio" come spiega lo stesso Tribunale. Lui, in solido con il responsabile civile Rfi, dovrà risarcire le parti civili (una cinquantina) con una provvisionale di 25mila per ciascuno dei passeggeri che si sono costituiti nel processo e di 50mila al sindacato Filt - Cgil Lombardia.
Gli ex manager per cui la procura aveva chiesto la condanna sono invece stati assolti dall'accusa di disastro ferroviario colposo e omicidio e lesioni colpose "per non aver commesso il fatto" e "perché il fatto non sussiste" rispetto all'accusa di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. I giudici hanno anche assolto - come chiesto dalla stessa procura - Moreno Bucciantini, allora capo reparto Programmazione e controllo dell’Unità territoriale linee Sud di Rfi, Ivo Rebai, ai tempi responsabile della Struttura operativa Ingegneria della Dtp e Marco Gallini, allora dirigente della Struttura organizzativa di Rfi.
Sono le 7.01 del 25 gennaio 2018 quando il treno 10452 esce dai binari e tre delle sei carrozze, dopo il deragliamento, si ribaltano. Tra le lamiere della carrozza numero 3 muoiono Pierangela Tadini, 51 anni, Giuseppina Pirri, 39 anni, e Ida Maddalena Milanesi, 61, dottoressa dell'ospedale neurologico Carlo Besta di Milano. Dall'ispezione della sede ferroviaria "viene accertato sul binario una rottura della superficie della rotaia" che diventerà il 'punto zero' per l'inchiesta.
(segue)
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Luca Attanasio, "convinto che la sua missione istituzionale non potesse prescindere dall'impegno sociale, è sempre rimasto a fianco degli ultimi, esprimendo l'ideale del diplomatico dal volto umano, nella certezza che nessuno, in qualsiasi parte del mondo, dovesse essere lasciato indietro". Lo ha affermato il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ricordando in Aula l'ambasciatore Attanasio, ucciso insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo in un agguato nella Repubblica democratica del Congo il 22 febbraio di quattro anni fa.
"Oggi rendiamo omaggio alla memoria di un uomo -ha aggiunto il presidente della Camera- che ha dedicato la propria esistenza al servizio del Paese e a sostegno della cooperazione internazionale. Ma non possiamo non ricordare il coraggio e l’alto senso del dovere dimostrati dal carabiniere scelto Iacovacci che, nel tentativo di proteggere l’ambasciatore, non ha esitato a fargli da scudo con il proprio corpo. Un gesto nobile e generoso che gli è valso il conferimento alla memoria della Medaglia d’oro al valor militare e che riflette i valori più autentici che contraddistinguono le donne e gli uomini dell’Arma".
"Un ringraziamento va anche a tutto il personale civile e militare che, spesso esponendosi a pericoli estremi, svolge un ruolo cruciale nella promozione della pace e dell’assistenza alle popolazioni più vulnerabili in zone di crisi e contesti ad alto rischio. A loro esprimo la mia profonda gratitudine e riconoscenza. Ai familiari dell’ambasciatore Luca Attanasio e di Vittorio Iacovacci, oggi qui presenti, desidero rinnovare la vicinanza mia personale e della Camera dei deputati. Il loro -ha concluso Fontana- è il dolore dell’Italia intera, che non può e non deve dimenticare il sacrificio di chi l’ha servita con onore e disciplina". L'Aula ha quindi osservato un minuto di silenzio.
Kinshasa, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan, è arrivato nella Repubblica Democratica del Congo. Lo ha comunicato il suo ufficio, mentre è in atto una recrudescenza dei combattimenti nella parte orientale del Paese. Nelle ultime settimane, l'M23, sostenuto dal Ruanda, ha conquistato due importanti città nella Repubblica Democratica del Congo orientale, rafforzando così il suo potere nella regione da quando ha ripreso le armi alla fine del 2021.
"Siamo estremamente preoccupati per i recenti sviluppi in Congo, sappiamo che la situazione è grave, soprattutto nella parte orientale", ha detto Khan ai giornalisti al suo arrivo nella capitale Kinshasa. "Il messaggio deve essere trasmesso in modo molto chiaro: nessun gruppo armato, nessuna forza armata, nessun alleato di gruppi armati o forze armate ha un assegno in bianco. Devono rispettare il diritto umanitario internazionale".
Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, l'M23 è supportato da circa 4.000 soldati ruandesi. Sin dalla sua rinascita, gli scontri tra il gruppo e le forze armate congolesi hanno provocato una crisi umanitaria in una regione flagellata da tre decenni di guerre. "Questo è il momento in cui vedremo se il diritto penale internazionale può soddisfare le richieste avanzate dal popolo della Repubblica Democratica del Congo, ovvero l'applicazione equa della legge", ha affermato Khan. "Il popolo della Rdc è prezioso quanto il popolo dell'Ucraina, il popolo di Israele o della Palestina, le ragazze o le donne dell'Afghanistan", ha aggiunto.
Khan incontrerà il presidente Felix Tshisekedi, alcuni ministri, il rappresentante nazionale del Segretario generale delle Nazioni Unite Bintou Keita, nonché le vittime del conflitto e membri della società civile. La prima indagine avviata dalla Cpi nella Repubblica Democratica del Congo risale al 2002. Da allora, il tribunale ha condannato tre persone per crimini commessi nel Paese. Nel 2023, la procura della Cpi ha inoltre avviato un'indagine sulle accuse di crimini commessi a partire da gennaio 2022 nella provincia del Nord Kivu, nella parte orientale della nazione. L'ufficio di Khan, che ha visitato il Paese nel maggio 2023, ha dichiarato all'inizio di questo mese che l'attuale situazione nella Rdc orientale "fa oggetto di un'indagine che è in corso".
Roma, 25 feb. (Adnkronos Salute) - "L'impegno di Danone per far conoscere alle persone l'importanza di un microbiota in salute nasce 35 anni fa, quando lanciammo Activia, un prodotto che ha la vocazione di migliorare il benessere intestinale di tutti gli italiani. Oggi diamo un'accelerazione a questo impegno grazie alla nuova campagna con la quale lanciamo un nuovo strumento: un questionario online molto semplice, creato su basi scientifiche e in grado di dare un risultato, una specie di assessment, sullo stato di salute del microbiota intestinale dei rispondenti". Così Yoann Steri, digital & data director di Danone Italia, in occasione dell'evento 'Innovazione e benessere: il microbiota al centro', organizzato dall'azienda, illustra l'iniziativa del questionario online validato scientificamente da Giovanni Barbara, tra i massimi esperti di microbiota, che analizza lo stato del microbiota intestinale e consente, in modo semplice, di indicare come le abitudini alimentari e, in generale, lo stile di vita influenzano lo stato del microbiota.
"Attraverso il questionario, il rispondente può avere indicazioni e risultati che gli permettono di migliorare il suo stato di salute attraverso l'analisi di diversi fattori, come lo stress, l'attività fisica, la qualità del sonno e la nutrizione, in cui Activia ha un ruolo molto importante", conclude.
Roma, 25 feb (Adnkronos) - "A due anni dalla tragedia di Cutro, parteciperò questa notte alla veglia sulla spiaggia di Steccato di Cutro e alle varie iniziative promosse dalle associazioni della società civile che ringrazio per l’impegno quotidiano". Lo dice il deputato Paolo Ciani, segretario di Democrazia solidale e vicecapogruppo del Pd-Idp, sull’anniversario della tragedia di Cutro.
"Ricordare le oltre cento persone che andavano protette e invece sono morte sulle nostre coste è un dovere, anche perché ancora devono avere giustizia; così come è un dovere denunciare le politiche sulle migrazioni messe in campo da questo governo, che osteggiano il soccorso in mare e di fatto considerano la vita dei migranti, vite di scarto", prosegue Ciani.
"Gli inutili e costosi centri in Albania sono il monumento eretto con le tasse degli italiani per mostrare questa logica. Noi vogliamo contrastare in ogni ambito la “cultura dello scarto” e non ci rassegniamo alla logica e alla narrazione del “migrante invasore”. Proponiamo l’implementazione di ingressi legali, accoglienza diffusa, investimenti sull’integrazione, corridoi umanitari per situazioni di vulnerabilità, tutela dei diritti umani. Le persone migranti non sono nemici; il dieci per cento della nostra popolazione non ha cittadinanza italiana: basta dipingerli come “il nemico'", conclude.