In un’epoca in cui si tende correttamente a demedicalizzare la salute (evitare gli interventi medici al minimo possibile e solo quando è utile) anche l’evento più fisiologico della nostra esistenza risente di questa rivalutazione. In Italia c’è un (lievissimo) ritorno del parto fuori dall’ospedale, in casa o in strutture non ospedaliere appositamente attrezzate (si chiamano “case da parto” o “centri nascita”). È ovvio che qualsiasi pratica che abbia a che fare con la salute debba garantire (per essere definita utile) due requisiti, la sicurezza, prima di tutto, e l’efficacia.

Nel caso del parto un’altra cosa ovvia, che nessuno può oggettivamente smentire, è che quando un parto si svolge in maniera fisiologica (e questo spesso segue una gravidanza altrettanto fisiologica) non è un evento pericoloso (intendiamoci, non esiste azione umana completamente esente da rischi, ma un rischio può essere talmente basso da essere considerato trascurabile), in questi casi non è necessario partorire in una struttura medica o con attrezzature particolari.
Diverso il discorso relativo a gravidanze o parti a rischio: patologie particolari, gravidanze con complicazioni, problemi materni o fetali, tutte condizioni che possono rendere un parto più rischioso e quindi è conveniente ospitarlo in strutture che garantiscano un’assistenza migliore. Ma fino a che punto è possibile partorire a casa con un rischio ragionevolmente basso? Ci sono delle condizioni abbastanza chiare, delineate sia da studi scientifici che da istituzioni mediche. Il parto in casa presenta pochi rischi in donne che rientrano in tutte queste categorie:
– Gravidanza a basso rischio (senza patologie, per esempio diabete, ipertensione o presentazione podalica del feto);
– Secondipare (donne che hanno già partorito);
– Con un reparto di ostetricia facilmente raggiungibile (massimo 20 minuti).
In questi casi il parto spontaneo in casa ha gli stessi (bassi) rischi del parto in ospedale ed anzi si differenzia da questo per una minore incidenza di interventi ostetrici non giustificati (dall’episiotomia a manovre ostetriche rischiose). In tutti gli altri casi, il parto in casa può essere molto più rischioso del parto in ospedale. Bisogna sottolineare che, per “parto in casa”, si intende un parto in ogni caso assistito da personale competente, al contrario, un parto non assistito, può aumentare di tanto il suo rischio in qualsiasi situazione.
La maggioranza delle complicanze riguardano il neonato; per esempio per la donna che non ha mai partorito il neonato corre un rischio di complicazioni quadruplo nel parto in casa e un rischio di morte dieci volte superiore al parto in ospedale. Uno studio recente, invece, parla di rischio doppio di complicanza o morte neonatale. Come si vede i numeri possono essere differenti, questo perché le statistiche non possono essere molto precise. I loro risultati possono dipendere dalla realtà nella quale sono state analizzate (per esempio negli Stati Uniti vi sono zone rurali molto isolate, cosa che è meno frequente nelle nostre città) ed i numeri possono essere condizionati da svariati fattori (ad esempio il fatto che il numero di cesarei sia più alto per chi sceglie il parto in ospedale può dipendere dal fatto che in ospedale vanno più donne con problemi della gravidanza).
La situazione però è abbastanza chiara: per una gravidanza e un parto a basso rischio il parto in casa è sufficientemente sicuro (ed ha alcuni benefici), in tutti gli altri casi il rischio è elevato. Per questo motivo credo sia fondamentale, lasciando sempre la libertà di scegliere ciò che si ritiene migliore, rivolgersi ad un esperto del settore che ha il sacrosanto dovere di informare correttamente, elencando rischi e benefici del parto scelto. Nonostante negli anni gli incidenti da parto si siano ridotti in maniera consistente (grazie ai farmaci ed al progresso medico), l’entusiasmo nei confronti della medicina (falsamente) onnipotente, rende difficile da accettare un ritorno “al passato” come questo ma, come spesso accade, non si deve parlare in maniera assoluta. Lo fa anche il Nice (servizio sanitario nazionale inglese), che raccomanda le condizioni che consentono un parto in casa sicuro ma nello stesso tempo mette in guardia su quelle situazioni che possano renderlo molto rischioso.
C’è un altro aspetto che molti sottovalutano e che invece dovrebbe essere centrale: il parto è un evento particolare che, oltre al nascituro, coinvolge due persone, i genitori. In particolare è la donna partoriente che deve gestire l’evento e quindi è lei che deve decidere (sempre assicurandosi informazioni corrette ed equilibrate, senza estremismi) dove si sente più sicura nell’affrontare la nascita del figlio. Perché proprio per evitare medicalizzazione, non si può ridurre tutto a numeri e dati ma bisogna anche considerare la scelta della donna, la sua serenità, la sua percezione di sicurezza. Oltre i numeri, quindi, c’è anche il desiderio della donna da mettere nel bilancio.
Motivo per cui non esiste il parto ideale, ma il parto più sicuro. In secondo luogo, di fronte ad una giusta richiesta di minori interventi inutili, bisogna evitare gli altrettanto inutili (e pericolosi) estremismi, in Italia ci sono addirittura associazioni che promuovono il parto in casa come panacea e a scopo ideologico descrivono il parto in ospedale come qualcosa di orrido e da evitare e questo è falso e pericoloso. Le complicanze da parto infatti (soprattutto quelle imprevedibili) possono comparire a casa come in ospedale, ma solo in ospedale si ha l’attrezzatura e la struttura per provare a risolverle, ritornare alla natura non deve significare ritornare alla preistoria.
Il problema è anche etico, come sottolinea Kaitlyn Arbour, esperta di bioetica della Columbia University: “La scelta del parto in ospedale o a casa, nelle gravidanze a basso rischio, dovrebbe essere una scelta personale di una madre correttamente informata”. Informare bene per scegliere bene. Perché ancora una volta si tende a dimenticare che non deve esserci qualcuno che decide per altri ma è chi partorisce che deve decidere liberamente e libertà significa anche informazione onesta e corretta, l’unica che serve a chi ne ha bisogno.
Salvo Di Grazia
Medico chirurgo specialista in ostetricia e ginecologia
Scienza - 24 Gennaio 2016
Parto in casa, quando è sicuro farlo?
In un’epoca in cui si tende correttamente a demedicalizzare la salute (evitare gli interventi medici al minimo possibile e solo quando è utile) anche l’evento più fisiologico della nostra esistenza risente di questa rivalutazione. In Italia c’è un (lievissimo) ritorno del parto fuori dall’ospedale, in casa o in strutture non ospedaliere appositamente attrezzate (si chiamano “case da parto” o “centri nascita”). È ovvio che qualsiasi pratica che abbia a che fare con la salute debba garantire (per essere definita utile) due requisiti, la sicurezza, prima di tutto, e l’efficacia.
Nel caso del parto un’altra cosa ovvia, che nessuno può oggettivamente smentire, è che quando un parto si svolge in maniera fisiologica (e questo spesso segue una gravidanza altrettanto fisiologica) non è un evento pericoloso (intendiamoci, non esiste azione umana completamente esente da rischi, ma un rischio può essere talmente basso da essere considerato trascurabile), in questi casi non è necessario partorire in una struttura medica o con attrezzature particolari.
Diverso il discorso relativo a gravidanze o parti a rischio: patologie particolari, gravidanze con complicazioni, problemi materni o fetali, tutte condizioni che possono rendere un parto più rischioso e quindi è conveniente ospitarlo in strutture che garantiscano un’assistenza migliore. Ma fino a che punto è possibile partorire a casa con un rischio ragionevolmente basso? Ci sono delle condizioni abbastanza chiare, delineate sia da studi scientifici che da istituzioni mediche. Il parto in casa presenta pochi rischi in donne che rientrano in tutte queste categorie:
– Gravidanza a basso rischio (senza patologie, per esempio diabete, ipertensione o presentazione podalica del feto);
– Secondipare (donne che hanno già partorito);
– Con un reparto di ostetricia facilmente raggiungibile (massimo 20 minuti).
In questi casi il parto spontaneo in casa ha gli stessi (bassi) rischi del parto in ospedale ed anzi si differenzia da questo per una minore incidenza di interventi ostetrici non giustificati (dall’episiotomia a manovre ostetriche rischiose). In tutti gli altri casi, il parto in casa può essere molto più rischioso del parto in ospedale. Bisogna sottolineare che, per “parto in casa”, si intende un parto in ogni caso assistito da personale competente, al contrario, un parto non assistito, può aumentare di tanto il suo rischio in qualsiasi situazione.
La maggioranza delle complicanze riguardano il neonato; per esempio per la donna che non ha mai partorito il neonato corre un rischio di complicazioni quadruplo nel parto in casa e un rischio di morte dieci volte superiore al parto in ospedale. Uno studio recente, invece, parla di rischio doppio di complicanza o morte neonatale. Come si vede i numeri possono essere differenti, questo perché le statistiche non possono essere molto precise. I loro risultati possono dipendere dalla realtà nella quale sono state analizzate (per esempio negli Stati Uniti vi sono zone rurali molto isolate, cosa che è meno frequente nelle nostre città) ed i numeri possono essere condizionati da svariati fattori (ad esempio il fatto che il numero di cesarei sia più alto per chi sceglie il parto in ospedale può dipendere dal fatto che in ospedale vanno più donne con problemi della gravidanza).
La situazione però è abbastanza chiara: per una gravidanza e un parto a basso rischio il parto in casa è sufficientemente sicuro (ed ha alcuni benefici), in tutti gli altri casi il rischio è elevato. Per questo motivo credo sia fondamentale, lasciando sempre la libertà di scegliere ciò che si ritiene migliore, rivolgersi ad un esperto del settore che ha il sacrosanto dovere di informare correttamente, elencando rischi e benefici del parto scelto. Nonostante negli anni gli incidenti da parto si siano ridotti in maniera consistente (grazie ai farmaci ed al progresso medico), l’entusiasmo nei confronti della medicina (falsamente) onnipotente, rende difficile da accettare un ritorno “al passato” come questo ma, come spesso accade, non si deve parlare in maniera assoluta. Lo fa anche il Nice (servizio sanitario nazionale inglese), che raccomanda le condizioni che consentono un parto in casa sicuro ma nello stesso tempo mette in guardia su quelle situazioni che possano renderlo molto rischioso.
C’è un altro aspetto che molti sottovalutano e che invece dovrebbe essere centrale: il parto è un evento particolare che, oltre al nascituro, coinvolge due persone, i genitori. In particolare è la donna partoriente che deve gestire l’evento e quindi è lei che deve decidere (sempre assicurandosi informazioni corrette ed equilibrate, senza estremismi) dove si sente più sicura nell’affrontare la nascita del figlio. Perché proprio per evitare medicalizzazione, non si può ridurre tutto a numeri e dati ma bisogna anche considerare la scelta della donna, la sua serenità, la sua percezione di sicurezza. Oltre i numeri, quindi, c’è anche il desiderio della donna da mettere nel bilancio.
Motivo per cui non esiste il parto ideale, ma il parto più sicuro. In secondo luogo, di fronte ad una giusta richiesta di minori interventi inutili, bisogna evitare gli altrettanto inutili (e pericolosi) estremismi, in Italia ci sono addirittura associazioni che promuovono il parto in casa come panacea e a scopo ideologico descrivono il parto in ospedale come qualcosa di orrido e da evitare e questo è falso e pericoloso. Le complicanze da parto infatti (soprattutto quelle imprevedibili) possono comparire a casa come in ospedale, ma solo in ospedale si ha l’attrezzatura e la struttura per provare a risolverle, ritornare alla natura non deve significare ritornare alla preistoria.
Il problema è anche etico, come sottolinea Kaitlyn Arbour, esperta di bioetica della Columbia University: “La scelta del parto in ospedale o a casa, nelle gravidanze a basso rischio, dovrebbe essere una scelta personale di una madre correttamente informata”. Informare bene per scegliere bene. Perché ancora una volta si tende a dimenticare che non deve esserci qualcuno che decide per altri ma è chi partorisce che deve decidere liberamente e libertà significa anche informazione onesta e corretta, l’unica che serve a chi ne ha bisogno.
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Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Si è conclusa oggi la terza edizione del Welfare day evento di riferimento per il mondo del welfare aziendale, organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Pluxee Italia, player globale leader nei benefit aziendali e nell’employee engagement. La giornata, ospitata presso Palazzo dell’Informazione in Roma e trasmessa in diretta su www.comunicazioneitaliana.tv, ha offerto spunti concreti su come le imprese possano integrare il welfare nelle proprie strategie, favorendo sostenibilità, engagement dei dipendenti e innovazione.
L'evento si è aperto con il Keynote Speech di Pluxee Italia, in cui Anna Maria Mazzini e Tommaso Palermo - rispettivamente Chief Growth Officer e Managing Director di Pluxee Italia - hanno evidenziato come il welfare aziendale stia evolvendo in una strategia collettiva, guidata dalla digitalizzazione e dalla crescente personalizzazione dei servizi. Attraverso dati e case study, è emerso come la tecnologia stia rivoluzionando la gestione del benessere dei dipendenti, rendendolo più accessibile ed efficace. Durante l’evento Pluxee ha presentato anche la nuova piattaforma welfare: un’innovazione che amplia l’offerta dei servizi offerti, basata su flessibilità, accessibilità e ampiezza del network.
Nel corso delle tre sessioni talk show, con la partecipazione di Chro, welfare manager e altre figure hr chiave di aziende del Paese, sono stati affrontati alcuni dei temi più rilevanti per il futuro del welfare. Nel primo, 'Welfare strategico: l’alleanza tra hr e business e la creazione di valore sostenibile', con la conduzione di Esther Intile di Enel Group, è stato approfondito il legame tra il welfare aziendale e la sostenibilità delle imprese. Tra i punti emersi, la necessità di un approccio integrato tra hr e business per massimizzare l’impatto positivo del welfare sulla produttività e sulla retention dei talenti.
Nel secondo panel, “Il ruolo dei benefit aziendali all'interno della strategia di welfare”, si è discusso di come i benefit siano passati da strumenti standardizzati a soluzioni sempre più personalizzate, grazie all’ascolto attivo delle esigenze dei dipendenti e all’uso di piattaforme digitali. Relatori e relatrici hanno sottolineato l'importanza di costruire un ecosistema aziendale basato sulla flessibilità e sull’inclusione, ma hanno anche posto l’accento su una criticità diffusa: troppi dipendenti non conoscono o non sfruttano i benefit a loro disposizione. Servono quindi strategie di comunicazione più efficaci per favorire un reale engagement.
Il terzo e ultimo talk show, “La centralità del welfare nelle strategie di attraction e retention”, ha posto l’attenzione sulla crescente importanza del welfare come strumento di attrazione e fidelizzazione dei talenti. Tra le best practice emerse, il rafforzamento di benefit legati alla salute, al sostegno alla genitorialità e al benessere psicologico, aspetti ormai fondamentali per le nuove generazioni di lavoratori.
La sfida è coniugare ascolto e personalizzazione, superando l’approccio one-size-fits-all e costruendo soluzioni di welfare sempre più dinamiche, scalabili e in linea con le nuove esigenze del mondo del lavoro. Un welfare aziendale davvero efficace non solo migliora il benessere di lavoratori e lavoratrici, ma genera un impatto positivo sull'intera organizzazione, contribuendo alla sostenibilità e alla crescita nel lungo periodo. Durante l’evento hanno condiviso la loro esperienza le seguenti aziende: Altergon Italia, Atac, Eidosmedia, Fater, Fedegroup, Fendi, Hewlett Packard Enterprise, Philip Morris International, Procter & Gamble, Rheinmetall Italia, Ria Money Transfer e Tim. L’evento potrà a breve essere riascoltato su www.comunicazione.tv. L’appuntamento con il Welfare day si rinnova per il 2026, con l’obiettivo di continuare a tracciare il futuro del welfare aziendale in Italia.
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Procederemo a tutelare la reputazione e l’onorabilità dello studio legale Giarda nelle opportune sedi competenti, come, del resto, già avvenuto in passato nei confronti dello stesso avvocato Massimo Lovati, confidando che questa vicenda possa finalmente trovare la giusta definizione, da tempo auspicata anche dal fondatore dello studio". Gli avvocati Fabio ed Enrico Giarda, ex difensori di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, replicano così alle affermazioni del difensore di Andrea Sempio, nuovamente indagato per il delitto di Garlasco, che ha sostenuto che "l'indagine del 2017 è stata frutto di una macchinazione".
Dichiarazioni ritenute dai fratelli Giarda "del tutto gratuite e gravemente lesive. L'avvocato Lovati evidentemente dimentica che la denuncia a suo tempo presentata nel 2017 da Andrea Sempio nei confronti dello studio legale Giarda e degli investigatori incaricati è stata archiviata nel 2020 dal gip di Milano, che nella sua ordinanza ha certificato l’assoluta correttezza dell’attività di raccolta e successiva estrazione dai reperti".
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Il mercato domestico è in leggera crescita, sia a volume che a valore. Noi siamo cresciuti un po’ più del mercato, abbiamo guadagnato un +2,6 contro il 2% del mercato". Lo afferma Renato Roca, country manager di Findus Italia, all’evento ‘100%: il nostro percorso di sostenibilità’, organizzato oggi a Milano da Findus per celebrare il traguardo del 100% di prodotti ittici certificati Msc e Asc.
“L'Italia non è un Paese da grandissime crescite nel food nel largo consumo - spiega Roca - però è un mercato che sta continuando a dare una buona soddisfazione da quando siamo usciti dai periodi un po’ tesi della grande morsa inflattiva del 2022 e 2023. Dal 2024 il mercato si è normalizzato, anche grazie a iniziative, come la nostra, di comunicazione, di riposizionamento prezzi, che hanno un po’ smosso le acque. Siamo quindi molto fiduciosi”.
Come sottolineato anche all’incontro con la stampa organizzato oggi all'Acquario civico di Milano, quello del surgelato è un settore che “intercetta una serie di trend, come quello dell'anti spreco ma anche dell’attenzione alle abitudini alimentari. Il nostro portafoglio prodotti è composto all'80% da pesce e vegetali e adesso abbiamo anche il pollo - conclude il country manager di Findus Italia - Quello che è confortante come dato è che il mercato ha riacquistato l'1% delle famiglie che erano uscite, noi abbiamo riacquisito 2 punti di penetrazione tra le famiglie acquirenti e il pesce, in particolare, ne ha acquisiti 4”.
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Il mercato domestico è in leggera crescita, sia a volume che a valore. Noi siamo cresciuti un po’ più del mercato, abbiamo guadagnato un +2,6 contro il 2% del mercato". Lo afferma Renato Roca, country manager di Findus Italia, all’evento ‘100%: il nostro percorso di sostenibilità’, organizzato oggi a Milano da Findus per celebrare il traguardo del 100% di prodotti ittici certificati Msc e Asc.
“L'Italia non è un Paese da grandissime crescite nel food nel largo consumo - spiega Roca - però è un mercato che sta continuando a dare una buona soddisfazione da quando siamo usciti dai periodi un po’ tesi della grande morsa inflattiva del 2022 e 2023. Dal 2024 il mercato si è normalizzato, anche grazie a iniziative, come la nostra, di comunicazione, di riposizionamento prezzi, che hanno un po’ smosso le acque. Siamo quindi molto fiduciosi”.
Come sottolineato anche all’incontro con la stampa organizzato oggi all'Acquario civico di Milano, quello del surgelato è un settore che “intercetta una serie di trend, come quello dell'anti spreco ma anche dell’attenzione alle abitudini alimentari. Il nostro portafoglio prodotti è composto all'80% da pesce e vegetali e adesso abbiamo anche il pollo - conclude il country manager di Findus Italia - Quello che è confortante come dato è che il mercato ha riacquistato l'1% delle famiglie che erano uscite, noi abbiamo riacquisito 2 punti di penetrazione tra le famiglie acquirenti e il pesce, in particolare, ne ha acquisiti 4”.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Quella di oggi, per il governatore Francesco Rocca, è “una bella giornata, che ci ricorda da un lato quanto è bello vivere e rappresentare questa regione, ma soprattutto l’importanza di essere accompagnati in questo viaggio e in questo anno particolare, che è un’occasione che non possiamo perdere, fra Giubileo e l’Expo di Osaka. Sono grato al Niaf per la capacità di custodire l’elemento valoriale con la necessità di andare oltre ai confini. Questa è la conseguenza naturale di valori che non si è mai persa: la comunità italoamericana non deve perdere le sue radici, la consapevolezza, e l’orgoglio di essere italiani”.
“I 20 milioni di italoamericani sono i migliori ambasciatori dell’Italia nel mondo - afferma il presidente Niaf Robert Allegrini - e nel nostro 50mo anniversario non potevamo che scegliere il Lazio: abbiamo voluto condividere l’occasione con la regione che ospita la capitale d’Italia, non potevamo fare altrimenti, per dimostrare che il Lazio non è solo il Colosseo e la Fontana di Trevi ma che è una Regione che guarda al futuro”. Un legame quello con il Lazio che si fa anche con il cibo ma non solo. Un piatto su tutti: le Fettuccine alla Alfredo: “Poter portare a Washington Mario Mozzetti del ristorante Alfredo alla Scrofa, uno dei più grandi ambasciatori del Lazio negli Stati Uniti e di avere l'opportunità qua a Roma di andare al ristorante dove è nato questo piatto iconico per me è un motivo di grande soddisfazione”. Per Mario Mozzetti, “è un vero sogno andare alla convention Niaf di Washington e portare le fettuccine alla Alfredo. Portare questo piatto è un orgoglio anche a livello storico: portare Alfredo alla Scrofa negli Stati Uniti significa raccontare la storia che collega idealmente, ma non solo, l’Italia e gli Stati Uniti”.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Lazio è “Regione d’Onore Niaf 2025”. Un evento che ricade nel 50mo anniversario della National Italian American foundation, la più grande associazione di italoamericani. Lo slogan è chiaro: “All you need is Lazio”, fra sapori autentici, la storia incisa nella pietra, meraviglie naturali, benessere e relax, arte e artigianato, la magia del cinema, innovazione e aerospazio, eccellenza accademica e un patrimonio culturale unico. “È un grande riconoscimento - afferma Roberta Angelilli, vicepresidente e assessore a Sviluppo economico, Commercio, Artigianato, Industria, Internazionalizzazione della Regione Lazio - in cui saremo protagonisti a 360 gradi. Saranno coinvolte 20 startup e pmi innovative oltre a 18 grandi imprese che saranno attori protagonisti. Non è solo un grande evento ma è una vera missione di sistema. Ma non ci saranno solo le imprese: saranno coinvolte anche università e centri di ricerca. Startup. Gli obiettivi, netti e chiari - prosegue Angelilli - sono un piano di networking per una forte connessione con le imprese. L’altra sfida è l’ attrazione degli investimenti”. Per Amedeo Teti, capo Dipartimento per il Mercato del Mimit, “la Regione Lazio merita questa posizione di Regione d’onore. Il Lazio è da sempre attrattore di grandi investimenti. Secondo il Financial Times poi solo nel 2024 l’Italia ha attratto 35,5 miliardi di investimenti e ha creato 36mila posti di lavoro”.
Roma, 13 mar. (Labitalia) - "La vostra fiera pone la sostenibilità al centro del confronto tra tutti voi e tra tutti noi e non potrebbe essere altrimenti". Così il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto in un videomessaggio in occasione di LetExpo 2025, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere (11-14 marzo).
"La logistica è il sistema circolatorio delle nostre società. Attraverso la via della distribuzione riceviamo e inviamo ciò che consumiamo e ciò che produciamo. Quello che compriamo viene spesso da molto lontano e le nostre aziende esportano in ogni continente - continua - Se tutto questo ha creato ricchezza e opportunità ha anche creato pesanti effetti sull'ambiente. Per questo è molto importante che puntiate alla sostenibilità ambientale, naturalmente conciliata con la sostenibilità economica e sociale perché con l'ambientalismo dogmatico non si fa un favore né alla natura né alle persone. Anzi, se non consideriamo il tema socio-economico, le politiche ambientali saranno automaticamente respinte. Su questo tema non abbiamo mai fatto un passo indietro".
"La voce più chiara e determinata è stata quella dell'Italia a ogni tavolo negoziale europeo. Non mettiamo in discussione gli obiettivi finali, gli obiettivi climatici, ma chiediamo misure adatte al nostro Paese - spiega - Se il risultato delle politiche ambientali è la desertificazione industriale, perdiamo tutti. Con la neutralità tecnologica ognuno sceglie la propria strada verso una meta che resta comunque la meta che dobbiamo raggiungere".
"La vostra iniziativa punta ad accrescere la consapevolezza ecologica del settore dei trasporti, lo fa mettendo a confronto istituzioni, imprese, con il mondo della ricerca e delle professioni. Non si ragiona per compartimenti stagni. E' in questo modo che si passa dall'ideologia alla concretezza, alla realtà, dal dogma alla soluzione della questione. Insieme sapremo fare squadra", conclude.