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“I recenti episodi verificatisi in Europa, e più in generale nel mondo, hanno evidenziato l’innalzamento della minaccia terroristica che, presentandosi in forme spesso nuove e di inusitata violenza, costituisce una gravissima insidia per la sicurezza interna e internazionale, nonché un fattore di instabilità dell’intero quadro geo-politico. Tale contesto ha reso ormai improrogabile lo sviluppo di una capacità di risposta globale attraverso misure da adottare sia sul versante interno che su quello internazionale, anche per offrire una risposta strategicamente efficace […]Tra queste misure va senz’altro considerata la possibilità di consentire alle Forze di polizia l’utilizzo di nuovi programmi informatici che permettano l’accesso da remoto ai dati presenti in un sistema informatico al fine di contrastare preventivamente i reati di terrorismo commessi mediante l’uso di tecnologie informatiche o telematiche”.
Inizia così la Relazione con la quale l’On. Maria Gaetana Greco (Pd) lo scorso 2 dicembre – a una manciata di giorni, dunque, dalla strage di Parigi del Bataclan – ha presentato alla Camera dei Deputati il proprio disegno di legge con il quale torna a proporre di introdurre nel nostro ordinamento l’utilizzo, da parte di investigatori e forze dell’ordine, di software spia attivabili da remoto.
Si tratta dell’ormai famoso “Trojan di Stato”, un software destinato a trovar posto in smartphone, tablet e pc, e a consentire alle forze dell’ordine di intercettare, ascoltare, perquisire, captare ogni genere di dato e traccia informatica in transito per i dispositivi di chi si ritrova ad essere target ed obiettivo dell’investigazione.
Un’idea niente affatto nuova che aveva già fatto capolino nel disegno di legge governativo in materia di antiterrorismo varato da Palazzo Chigi a ridosso dell’attento francese nella redazione di Charlie Hebdo e poi, opportunatamente, stralciata in attesa di approfondimenti in ragione delle dure critiche sul versante della possibile violazione massiccia della privacy e della difficoltà di immaginare una disciplina sull’utilizzo di tali potentissimi strumenti di investigazione telematica da remoto davvero bilanciata tra esigenze investigative e tutela della riservatezza.
Ora, però, l’On. Greco sembra intenzionata a riprovarci e lo fa utilizzando le stesse identiche parole, una per una, attraverso le quali, all’epoca – era il febbraio del 2015 – si sarebbe già voluto far posto al trojan di Stato tra gli strumenti di indagine a disposizione di investigatori e forze dell’ordine.
Neppure una parola in più, neppure un principio, un paletto o un vincolo in più per scongiurare il rischio che la sacrosanta esigenza di dotare chi difende la sicurezza pubblica di efficaci strumenti di indagine scivoli in una violazione massiccia della privacy dei cittadini come, purtroppo, sta accadendo in mezza Europa proprio sulla scia dei drammatici fatti di Parigi che appaiono legati ad un rapporto di causa-effetto anche all’iniziativa dell’on. Greco.
E, infatti, il disegno di legge propone – proprio come l’emendamento al ddl terrorismo, suo antenato – di intervenire sulla norma del codice di procedura penale che già prevede, al ricorrere di talune condizioni e con talune garanzie, l’intercettazione telematica, aggiungendovi una manciata di caratteri attraverso i quali disporre che, a tali intercettazioni, possa procedersi “anche attraverso l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico”.
Tante le perplessità sull’iniziativa della Deputata del Partito democratico. La prima è che la formulazione della proposta tradisca le premesse e l’obiettivo dichiarato. Nonostante, infatti, l’idea dell’On. Greco sembra essere quella di garantire alle nostre forze dell’ordine strumenti di più efficacia risposta al fenomeno terroristico, i trojan di Stato, se il suo disegno di legge vedesse davvero la luce, potrebbero essere utilizzati indiscriminatamente, anche nelle investigazioni relative a ogni reato “commesso mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche”. Il che, nel 2016, nell’era di Internet, significa più o meno ogni reato.
“Perplessità suscita anche l’emendamento che ammette le intercettazioni preventive (disposte dall’autorità di pubblica sicurezza nei confronti di meri sospettati), per i reati genericamente commessi on-line o comunque con strumenti informatici. Anche in tal caso l’equilibrio tra protezione dati ed esigenze investigative sembra sbilanciato verso queste ultime, che probabilmente non vengono neppure realmente garantite da strumenti investigativi privi della necessaria selettività”.
Così si era espresso Antonello Soro, Garante per la privacy, a proposito dell’emendamento al disegno di legge antiterrorismo poi stralciato dal governo ma, sostanzialmente, gemello rispetto a quello appena presentato da Greco. E le preoccupazioni del Garante di ieri sono, naturalmente, attuali ancora oggi davanti ad un testo identico.
Ma non basta. La seconda perplessità al disegno di legge presentato dall’on. Greco, l’aveva riassunta bene l’on. Quintarelli, Presidente del Comitato di Indirizzo dell’Agenzia per l’Italia digitale, a proposito del vecchio emendamento al DDL antiterrorismo, poi stralciato ma resta valida – proprio come i dubbi espressi dal Garante per la privacy – anche per la nuova proposta di legge:“L’uso di captatori informatici (trojan, keylogger, sniffer,…) quale mezzo di ricerca delle prove da parte delle Autorità Statali (giudiziarie o di sicurezza) è controverso in tutti i paesi democratici per una ragione tecnica: con quei sistemi viene compiuta una delle operazioni più invasive che lo Stato possa fare nei confronti dei cittadini, poiché quella metodologia è contestualmente una ispezione, una perquisizione, una intercettazione di comunicazioni, una acquisizione occulta di documenti e dati anche personali; tutte attività compiute in un luogo, i sistemi informatici privati, che equivalgono al domicilio. E tutte quelle attività vengono fatte al di fuori delle regole e dei limiti dettate per ognuna di esse dal Codice di Procedura Penale“.
E, infatti, una manciata di caratteri come quelli attraverso i quali l’On. Greco suggerirebbe di risolvere un problema di straordinaria complessità e delicatezza non bastano davvero per scongiurare il rischio che una volta entrati nell’ordinamento, i trojan di Stato, non travolgano la privacy dei singoli in nome di una semplice aspirazione a garantire alla collettività maggior sicurezza.
Guai a dire di no al rafforzamento degli strumenti investigativi, anche telematici, dei quali, in taluni casi tassativamente identificati dal legislatore, è ragionevole le forze dell’ordine – sempre sotto lo stretto controllo della magistratura – dispongano ma è indispensabile che il loro utilizzo sia governato da regole capaci di garantire, per davvero, un bilanciamento ponderato tra esigenze di sicurezza e tutela della privacy.
Se, infatti, da un lato le immagini di sangue rimbalzate da Parigi nei mesi scorsi hanno comprensibilmente lasciato un’impronta indelebile nella testa e nel cuore di tanti, non si può dimenticare che proprio l’Italia – sebbene la notizia sembri ormai esser scivolata via e destinata ad essere cancellata dalla storia – una manciata di mesi fa si è scoperta patria di una società – la Hacking Team – che vendeva software-spia, proprio come quelli che il disegno di legge dell’On. Greco vorrebbe ora “legalizzare” ai governi di mezzo mondo e, forse, anche a soggetti privati, perché intercettassero, spiassero e penetrassero smartphone, tablet, PC e, attraverso essi, ogni cortina di riservatezza di milioni e milioni di persone.
L’auspicio è che l’On. Greco ritiri il suo disegno di legge e che se i trojan di Stato sono davvero un’irrinunciabile strumento investigativo la loro introduzione nell’ordinamento sia governata da regole ben più rigorose e ponderate che ne limitino l’utilizzo solo alla lotta ai reati davvero più gravi e lo subordinino comunque alla circostanza che tali software rispondano a caratteristiche tecniche idonee a scongiurare ex ante qualsiasi rischio di deriva investigativa che minacci di rendere pubblico – anche ai soli investigatori – ciò che chiunque ha il sacrosanto diritto resti privato.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Media & Regime - 26 Gennaio 2016
Trojan di Stato, ci risiamo? Nuovo rischio Grande Fratello
“I recenti episodi verificatisi in Europa, e più in generale nel mondo, hanno evidenziato l’innalzamento della minaccia terroristica che, presentandosi in forme spesso nuove e di inusitata violenza, costituisce una gravissima insidia per la sicurezza interna e internazionale, nonché un fattore di instabilità dell’intero quadro geo-politico. Tale contesto ha reso ormai improrogabile lo sviluppo di una capacità di risposta globale attraverso misure da adottare sia sul versante interno che su quello internazionale, anche per offrire una risposta strategicamente efficace […]Tra queste misure va senz’altro considerata la possibilità di consentire alle Forze di polizia l’utilizzo di nuovi programmi informatici che permettano l’accesso da remoto ai dati presenti in un sistema informatico al fine di contrastare preventivamente i reati di terrorismo commessi mediante l’uso di tecnologie informatiche o telematiche”.
Inizia così la Relazione con la quale l’On. Maria Gaetana Greco (Pd) lo scorso 2 dicembre – a una manciata di giorni, dunque, dalla strage di Parigi del Bataclan – ha presentato alla Camera dei Deputati il proprio disegno di legge con il quale torna a proporre di introdurre nel nostro ordinamento l’utilizzo, da parte di investigatori e forze dell’ordine, di software spia attivabili da remoto.
Si tratta dell’ormai famoso “Trojan di Stato”, un software destinato a trovar posto in smartphone, tablet e pc, e a consentire alle forze dell’ordine di intercettare, ascoltare, perquisire, captare ogni genere di dato e traccia informatica in transito per i dispositivi di chi si ritrova ad essere target ed obiettivo dell’investigazione.
Un’idea niente affatto nuova che aveva già fatto capolino nel disegno di legge governativo in materia di antiterrorismo varato da Palazzo Chigi a ridosso dell’attento francese nella redazione di Charlie Hebdo e poi, opportunatamente, stralciata in attesa di approfondimenti in ragione delle dure critiche sul versante della possibile violazione massiccia della privacy e della difficoltà di immaginare una disciplina sull’utilizzo di tali potentissimi strumenti di investigazione telematica da remoto davvero bilanciata tra esigenze investigative e tutela della riservatezza.
Ora, però, l’On. Greco sembra intenzionata a riprovarci e lo fa utilizzando le stesse identiche parole, una per una, attraverso le quali, all’epoca – era il febbraio del 2015 – si sarebbe già voluto far posto al trojan di Stato tra gli strumenti di indagine a disposizione di investigatori e forze dell’ordine.
Neppure una parola in più, neppure un principio, un paletto o un vincolo in più per scongiurare il rischio che la sacrosanta esigenza di dotare chi difende la sicurezza pubblica di efficaci strumenti di indagine scivoli in una violazione massiccia della privacy dei cittadini come, purtroppo, sta accadendo in mezza Europa proprio sulla scia dei drammatici fatti di Parigi che appaiono legati ad un rapporto di causa-effetto anche all’iniziativa dell’on. Greco.
E, infatti, il disegno di legge propone – proprio come l’emendamento al ddl terrorismo, suo antenato – di intervenire sulla norma del codice di procedura penale che già prevede, al ricorrere di talune condizioni e con talune garanzie, l’intercettazione telematica, aggiungendovi una manciata di caratteri attraverso i quali disporre che, a tali intercettazioni, possa procedersi “anche attraverso l’impiego di strumenti o di programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico”.
Tante le perplessità sull’iniziativa della Deputata del Partito democratico. La prima è che la formulazione della proposta tradisca le premesse e l’obiettivo dichiarato. Nonostante, infatti, l’idea dell’On. Greco sembra essere quella di garantire alle nostre forze dell’ordine strumenti di più efficacia risposta al fenomeno terroristico, i trojan di Stato, se il suo disegno di legge vedesse davvero la luce, potrebbero essere utilizzati indiscriminatamente, anche nelle investigazioni relative a ogni reato “commesso mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche”. Il che, nel 2016, nell’era di Internet, significa più o meno ogni reato.
“Perplessità suscita anche l’emendamento che ammette le intercettazioni preventive (disposte dall’autorità di pubblica sicurezza nei confronti di meri sospettati), per i reati genericamente commessi on-line o comunque con strumenti informatici. Anche in tal caso l’equilibrio tra protezione dati ed esigenze investigative sembra sbilanciato verso queste ultime, che probabilmente non vengono neppure realmente garantite da strumenti investigativi privi della necessaria selettività”.
Così si era espresso Antonello Soro, Garante per la privacy, a proposito dell’emendamento al disegno di legge antiterrorismo poi stralciato dal governo ma, sostanzialmente, gemello rispetto a quello appena presentato da Greco. E le preoccupazioni del Garante di ieri sono, naturalmente, attuali ancora oggi davanti ad un testo identico.
Ma non basta. La seconda perplessità al disegno di legge presentato dall’on. Greco, l’aveva riassunta bene l’on. Quintarelli, Presidente del Comitato di Indirizzo dell’Agenzia per l’Italia digitale, a proposito del vecchio emendamento al DDL antiterrorismo, poi stralciato ma resta valida – proprio come i dubbi espressi dal Garante per la privacy – anche per la nuova proposta di legge:“L’uso di captatori informatici (trojan, keylogger, sniffer,…) quale mezzo di ricerca delle prove da parte delle Autorità Statali (giudiziarie o di sicurezza) è controverso in tutti i paesi democratici per una ragione tecnica: con quei sistemi viene compiuta una delle operazioni più invasive che lo Stato possa fare nei confronti dei cittadini, poiché quella metodologia è contestualmente una ispezione, una perquisizione, una intercettazione di comunicazioni, una acquisizione occulta di documenti e dati anche personali; tutte attività compiute in un luogo, i sistemi informatici privati, che equivalgono al domicilio. E tutte quelle attività vengono fatte al di fuori delle regole e dei limiti dettate per ognuna di esse dal Codice di Procedura Penale“.
E, infatti, una manciata di caratteri come quelli attraverso i quali l’On. Greco suggerirebbe di risolvere un problema di straordinaria complessità e delicatezza non bastano davvero per scongiurare il rischio che una volta entrati nell’ordinamento, i trojan di Stato, non travolgano la privacy dei singoli in nome di una semplice aspirazione a garantire alla collettività maggior sicurezza.
Guai a dire di no al rafforzamento degli strumenti investigativi, anche telematici, dei quali, in taluni casi tassativamente identificati dal legislatore, è ragionevole le forze dell’ordine – sempre sotto lo stretto controllo della magistratura – dispongano ma è indispensabile che il loro utilizzo sia governato da regole capaci di garantire, per davvero, un bilanciamento ponderato tra esigenze di sicurezza e tutela della privacy.
Se, infatti, da un lato le immagini di sangue rimbalzate da Parigi nei mesi scorsi hanno comprensibilmente lasciato un’impronta indelebile nella testa e nel cuore di tanti, non si può dimenticare che proprio l’Italia – sebbene la notizia sembri ormai esser scivolata via e destinata ad essere cancellata dalla storia – una manciata di mesi fa si è scoperta patria di una società – la Hacking Team – che vendeva software-spia, proprio come quelli che il disegno di legge dell’On. Greco vorrebbe ora “legalizzare” ai governi di mezzo mondo e, forse, anche a soggetti privati, perché intercettassero, spiassero e penetrassero smartphone, tablet, PC e, attraverso essi, ogni cortina di riservatezza di milioni e milioni di persone.
L’auspicio è che l’On. Greco ritiri il suo disegno di legge e che se i trojan di Stato sono davvero un’irrinunciabile strumento investigativo la loro introduzione nell’ordinamento sia governata da regole ben più rigorose e ponderate che ne limitino l’utilizzo solo alla lotta ai reati davvero più gravi e lo subordinino comunque alla circostanza che tali software rispondano a caratteristiche tecniche idonee a scongiurare ex ante qualsiasi rischio di deriva investigativa che minacci di rendere pubblico – anche ai soli investigatori – ciò che chiunque ha il sacrosanto diritto resti privato.
Il potere dei segreti
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“Per il Papa una notte tranquilla” dopo il broncospasmo di venerdì. “Ha fatto colazione e letto i giornali. Ma il quadro resta complesso”
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Trump mette alla porta Zelensky. “Giochi con la terza guerra mondiale”. Lui: “Scusarmi? Voglio garanzie”. Rubio: “Deve farlo. Ci ha fatto perdere del tempo”
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Meloni: “Serve un vertice Usa-Ue-alleati”. Da Tusk a Macron, i leader europei schierati con Kiev
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Con l'attuale maggioranza ci sono distanze molto forti, che non prevedo si possano attenuare. Sul premierato, dico solo questo: nel mondo già girano troppi comandi solitari, che creano disordine e pericoli. I primi giorni di Trump, in questo senso, sono tremendi". Lo dice Goffredo Bettini, dirigente nazionale del Pd, all''Unione sarda' in occasione della partecipazione alla Scuola di formazione politica dei Riformatori Sardi.
"Sulla giustizia, ho una posizione molto personale. Sono figlio di un avvocato penalista repubblicano. Il garantismo e il rispetto umano delle persone, anche se colpevoli, mi scorre nel sangue. Detto questo, il clima generale che si è creato contro l'esercizio della legalità pare a me molto inquietante", aggiunge Bettini.
Roma, 28 feb. (Adnkronos) - "Il bullismo di Stato di Trump&Vance nei confronti di Zelensky rappresenta il punto più basso della storia degli Usa. Il mondo libero e l’Europa agiscano senza tentennamenti: non è più tempo di giocare a nascondino e anche per Giorgia Meloni è il momento di dire da che parte sta". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, sui social.
Roma, 28 feb. (Adnkronos) - “Dopo quanto di inaudito è accaduto oggi nello studio ovale della Casa Bianca e il trattamento profondamente ingiusto riservato da Trump e Vance nei confronti del Presidente Zelensky, occorre che la Ue e l’Italia, con misura ma con assoluta fermezza, ribadiscano il sostegno pieno e leale all’Ucraina che si difende dall’aggressione putiniana". Lo afferma il deputato di +Europa, Benedetto Della Vedova.
"Se Trump abdica al ruolo americano di difesa della democrazia e della libertà di una paese sovrano e democratico, forse pensando che l’Ucraina sia lontana dai confini americani, l’Europa non può sottrarsi. Ne va del nostro futuro, del futuro della nostra sovranità. A questo punto, però, la presidente Meloni non potrà sottrarsi dal confronto con il Parlamento per chiarire qual è la posizione del suo governo, visto che sostiene giustamente la resistenza ucraina, ma che contemporaneamente cerca di coltivare un rapporto privilegiato con Trump”.
Milano, 28 feb. (Adnkronos) - La denuncia presentata dalla difesa di Fares Bouzidi - l'amico alla guida dello scooter su cui è morto Ramy Elgaml - ha come conseguenza (come atto dovuto) l'apertura di un fascicolo 'parallelo' in procura a Milano che vede come indagati i due carabinieri alla guida dell'auto protagonista dell'inseguimento dello scorso 24 novembre lungo le strade del centro di Milano.
Da quanto si apprende il militare alla guida è indagato di lesioni e falso, solo di falso deve rispondere il collega che viaggiava sulla stessa gazzella. Entrambi hanno firmato il verbale in cui hanno dichiarato che non c'è stato nessun urto tra l'auto di servizio e lo scooter.
La procura - dopo la relazione cinematica che dovrà ricostruire le fasi dell'incidente attesa per la prossima settimana - dovrà quindi decidere quale strada percorrere: l'altro fascicolo vede indagati per omicidio stradale Fares e il carabiniere alla guida, una tesi (in contrasto con il fascicolo sulle lesioni) che ipotizza una responsabilità del ventiduenne nell'incidente avvenuto in zona Corvetto, all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta.
Roma, 28 feb. (Adnkronos) - "Conosco bene la questione dell’energia nucleare, molti giornalisti mi stanno incalzando per avere un parere critico sul ddl approvato dal Consiglio dei ministri questa mattina. Ho sempre detto e pensato che nessuno può porre limiti alla ricerca sul nucleare sostenibile e questo provvedimento la garantisce. Sarà secondo me più difficile giungere al micro nucleare da fissione che più razionalmente alla fusione, che invece risolve più problemi di quanti ne crei. Ma non possiamo dare noi il verdetto, staremo a vedere cosa ci riserverà la scienza". E' quanto dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia.
"Il ddl è gravido di vincoli di sicurezza, è un testo completo e molto rispettoso della salute dei cittadini, cita perfino il rispetto dell’art. 9 della Costituzione sulla tutela del paesaggio. Se fosse stato applicato per parchi fotovoltaici ed eolici oggi non produrremmo un solo kw da queste fonti. Tutti auspichiamo che ci sia una strada possibile per avere energia pulita, sovrana, rinnovabile, programmabile, immediatamente disponibile, ad alto potenziale e a basso costo. E non è un sogno. Questa energia esiste ed è l’idroelettrico".
"Da un lato negoziando in Europa, per espungere la messa a gara della gestione dei nostri bacini idrici primari dalle condizionalità del Pnrr volute da Draghi, dall’altro recuperando almeno il 35% dell’acqua piovana (siamo al 4%), investendo sulla manutenzione dei grandi bacini idrici, sulla riattivazione di quelli dismessi nonché sullo sviluppo di un micro idroelettrico a conduzione forzata che appare molto più concreto e tempestivo degli Smr. L’acqua è pragmaticamente il presente, da cui possiamo trarre il 40% del nostro fabbisogno di energia prodotta, risorsa italiana e pulita con cui alimentare anche l’industria pesante, superando il gas e invertendo la tendenza. Sul futuro si vedrà, senza pregiudizi".
Roma, 28 feb. (Adnkronos/Labitalia) - Btm 2025 si conclude con una conferma del successo della manifestazione, che ha ribadito la sua centralità nel panorama turistico nazionale. Oltre 500 gli espositori, inclusi comuni, associazioni di categoria e aziende dei vari segmenti, su 16mila metri quadrati di area espositiva, la partecipazione di 80 buyer nazionali e internazionali, più di 100 eventi e 400 relatori hanno animato tre giorni intensi di incontri, approfondimenti e opportunità di business che hanno visto 49.950 ingressi alla Fiera del Levante di Bari, con numeri in leggero aumento rispetto al 2024.
Il tema di questa edizione, 'Il viaggio nel viaggio', ha riscosso grande interesse, portando alla luce nuove prospettive sul concetto stesso di viaggio e sulle trasformazioni che stanno investendo il settore. Mary Rossi, responsabile eventi Btm, ha sottolineato il valore di questa riflessione: "Da Btm 2025 ci portiamo a casa tante interessanti riflessioni. Uno degli aspetti chiave che volevamo far emergere con il tema 'Il viaggio nel viaggio' è il percorso verso la destinazione scelta, perché crediamo che sia proprio il cammino a generare emozioni, sensazioni e pensieri che ci fanno crescere. Abbiamo affrontato il tema in molteplici declinazioni, spingendoci anche oltre i confini terrestri con il turismo spaziale. Btm è stata un’occasione di confronto che ha arricchito operatori e professionisti con nuovi strumenti da applicare nel loro lavoro".
L’edizione 2025 ha messo al centro argomenti chiave come digitalizzazione, sostenibilità, intelligenza artificiale, turismo esperienziale, extralberghiero e wedding tourism. Tra i momenti più apprezzati, i panel su smart destination, big data per il turismo, nuove strategie di marketing e il ruolo della narrazione nella scelta delle destinazioni. Numerosi gli interventi istituzionali e dei principali protagonisti del settore. Il ministro del Turismo, Daniela Santanché, ha aperto la manifestazione con un intervento in streaming sulle strategie nazionali per la crescita del turismo, sottolineando l’importanza dell’innovazione e della sostenibilità per il futuro del settore. Tra i tanti interventi, l’onorevole Gianluca Caramanna, il senatore Gianmarco Centinaio, la presidente di Federturismo Confindustria, Marina Lalli, Alessandro Callari, Regional Manager di Booking.com, Antonio Laveneziana,Territory Manager Italy di Airbnb, Valentina Sumini, Architetta dello spazio e Roberta Milano, marketing strategist.
Tra le novità più apprezzate di questa edizione, il focus sul turismo extralberghiero, che ha visto una grande partecipazione da parte di operatori e property manager, e il T-Trade, ampliato con un’area business dedicata al turismo organizzato e alle destinazioni internazionali che ha visto ampia vivacità durante i tre giorni grazie alla presenza di espositori di spicco come Msc Crociere, Azemar, Croazia, Malta, Polonia, Seychelles, Visit Brussels e Repubblica Ceca. Confermata l’ottima accoglienza per le sezioni Btm Gusto, che ha valorizzato il turismo enogastronomico, e Btm Say Yes, dedicato al wedding tourism, con un proprio programma buyer. Grande fermento anche per l’Apulia Tourism Investment, che ha ospitato il Forum della Tornanza, un momento di confronto sulle nuove opportunità di investimento e sviluppo per il turismo in Puglia.
Nevio D’Arpa, Ceo & founder di Btm, ha espresso soddisfazione per il successo dell’evento e ha voluto ringraziare le istituzioni: "Un plauso particolare va all’assessore al Turismo, Gianfranco Lopane, per il supporto che ha dato alla manifestazione e per la visione strategica sul futuro del turismo in Puglia. La differenza che rende Btm unica è il nostro investimento nei contenuti: qui non ci limitiamo a mettere in mostra prodotti e destinazioni, ma costruiamo un dibattito di qualità che aiuta gli operatori a comprendere e anticipare i cambiamenti del settore. Il Comitato scientifico di Btm ha lavorato con grande attenzione per costruire un programma ricco di spunti e soluzioni. I numeri ci vedono in una leggera ma costante crescita, segno che il format funziona e che BtmM continua a rappresentare un punto di riferimento per il turismo del Sud Italia".
Gaetano Frulli, presidente della Fiera del Levante, ha sottolineato il valore strategico dell’evento: "La grande partecipazione e l’alta qualità degli operatori presenti hanno ribadito l’importanza di questa manifestazione".
L’assessore al turismo di Regione Puglia, Gianfranco Lopane, ha aggiunto: “I progressi fatti da Btm negli anni sono sotto gli occhi di tutti, già oggi è uno dei più importanti eventi fieristici del turismo e ci auguriamo che questa crescita prosegua in futuro per il bene del turismo e della Puglia”
Luca Scandale, direttore generale di Pugliapromozione, ha evidenziato il valore della collaborazione tra pubblico e privato per lo sviluppo turistico della regione: "La proficua sinergia tra gli operatori del turismo realizzata a Btm, in collaborazione con il Buy Puglia Meet & Connect a cura di Pugliapromozione, rappresenta una solida base per la crescita qualitativa del turismo in Puglia. E per questo motivo la collaborazione tra pubblico e privato resta essenziale".
Dopo il successo di questa edizione, l’organizzazione di Btm è già al lavoro per l’edizione 2026, con l’obiettivo di ampliare ulteriormente l’evento e offrire nuovi spunti di riflessione sul turismo del futuro.
Roma, 28 feb. (Adnkronos) - “Nello studio ovale è andata in scena la rappresentazione plastica del bullismo diplomatico con cui la nuova amministrazione americana intenderebbe governare il mondo. Trump bullizza e umilia Zelensky e attraverso di lui il popolo ucraino che da tre anni resiste alla violenta aggressione russa, difendendo i confini e con essi i valori dell’Europa. Cosa ne pensa Meloni dell’atteggiamento indegno del suo amico Trump verso Zelensky? La premier condannerà l’atteggiamento del presidente americano o fuggirà anche stavolta facendo finta di nulla?”. Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.