Il nuovo indice di Transparency International sulla corruzione colloca nuovamente l’Italia agli ultimi posti in Europa. Si registra un piccolo miglioramento, ma c’è da scommettere che non sarà sufficiente a sottrarre il rapporto al solito vespaio di polemiche. Probabilmente qualcuno si alzerà per contestare la validità di un indice fondato solo sulla percezione. Qualcun altro protesterà perché l’Italia figura in classifica al livello di paesi come Montenegro o Senegal. Altri rispolvereranno le accuse contro Transparency che, ogni anno, colloca i paesi leader dell’economia e della politica come Usa, Regno Unito, Germania, Svizzera o Lussemburgo, ai vertici della sua classifica.
Tutte critiche legittime e per certi versi anche condivisibili. Francamente è difficile pensare che l’Italia sia più corrotta di Grecia e Romania, come risulta invece dall’indice 2015. Sappiamo bene che il calcolo della corruzione resta una sfida aperta e che gli studiosi sono alla ricerca di metodi sempre più efficaci per misurarla. Resta il fatto che i risultati di Transparency raccontano una storia non dissimile da quella proposta da altre misurazioni e, soprattutto, che tra profezie che si autoavverano e circolarità delle fonti, la percezione della corruzione – che potrà anche fondarsi su esperienze più o meno dirette, sul sentito dire e persino sul pettegolezzo – non risulta però scollegata dalla realtà e, soprattutto, finisce per produrre effetti reali. Perciò siamo costretti a tenerne conto.
In assenza di solide alternative, l’indice di Transparency continua ad essere una delle misure più citate nei documenti istituzionali che orientano scelte politiche nazionali e internazionali. Basti qui ricordare, tra i più recenti, il report della Commissione Europea sulla corruzione del 2014, o il rapporto Ocse 2015 Curbing Corruption o, ancora, il report Doing Business della World Bank, che analizza tra 189 paesi al mondo le norme che favoriscono od ostacolano le attività di piccole e medie imprese. In Italia, le analisi della Corte dei Conti o di Confindustria. Tutti questi studi citano i dati della ong anticorruzione per fotografare l’esistente, prima di proporre a singoli Paesi e governi le ricette per modificarlo.
La pagella proposta ogni anno da Transparency è lo specchio della nostra reputazione nel mondo. Cattiva reputazione che diventa sempre più solida e duratura grazie a scandali e arresti, e che contribuisce a mantenere bassi i livelli di fiducia nei confronti del nostro Paese.
In tempi di “rating society”, dove interi nuovi mercati come quelli di Uber, Tripadvisor, Airbnb esistono solo grazie alle valutazioni dei clienti, in cui l’unica ragione per instaurare una relazione commerciale sembra dipendere dalle aspettative che si cristallizzano attorno al proprio interlocutore, avere una buona reputazione appare una risorsa quanto mai strategica.
Non è una novità, ma quanto la dimensione reputazionale stia diventando sempre più rilevante anche in Italia lo dimostra pure la riforma del sistema degli appalti approvata definitivamente in Senato lo scorso 14 gennaio, dove prevede per le imprese una valutazione in base ad un “rating di reputazione” che terrà conto del loro comportamento nei contratti precedenti. È in scenari come questo che possono affermarsi nuove imprese come la Mevaluate, progetto sostenuto dal ministero dell’Interno, attraverso il Comitato di sorveglianza sulle grandi opere (Ccasgo), Dia, Criminalpol e presidenza del Consiglio dei ministri, che promette di diventare una banca della reputazione per privati e imprese. Un progetto che, per farsi un’idea dei numeri, ha da poco pubblicato un bando per l’assunzione in Italia di 6mila consulenti reputazionali.
Insomma ci piaccia o meno, sia percepita o pretenda di essere oggettiva, la reputazione conta. E non lo si scopre oggi. Perciò per quanto impressionistica possa essere l’immagine dell’Italia offerta dall’indice di Transparency, non è possibile ignorarla o cercare migliorarla sparando sui risultati o i metodi utilizzati per raggiungerli. Per smaltirne una cattiva reputazione occorrono tempo e fatica. E, soprattutto, nessun passo falso.
Cronaca
Corruzione, la percezione conta. La cattiva reputazione italiana nei report internazionali e nelle scelte aziendali
Transparency ci colloca regolarmente agli ultimi posti in Europa, ma le sue classifiche sono contestate perché basate su opinioni e non su numeri. Però finiscono nei report di Commissione europea, World Bank, Ocse. E così condizionano gli investimenti esteri. Il "rating di reputazione" pesa sempre più nell'economia. Ed entra nel nuovo codice degli appalti
Il nuovo indice di Transparency International sulla corruzione colloca nuovamente l’Italia agli ultimi posti in Europa. Si registra un piccolo miglioramento, ma c’è da scommettere che non sarà sufficiente a sottrarre il rapporto al solito vespaio di polemiche. Probabilmente qualcuno si alzerà per contestare la validità di un indice fondato solo sulla percezione. Qualcun altro protesterà perché l’Italia figura in classifica al livello di paesi come Montenegro o Senegal. Altri rispolvereranno le accuse contro Transparency che, ogni anno, colloca i paesi leader dell’economia e della politica come Usa, Regno Unito, Germania, Svizzera o Lussemburgo, ai vertici della sua classifica.
Tutte critiche legittime e per certi versi anche condivisibili. Francamente è difficile pensare che l’Italia sia più corrotta di Grecia e Romania, come risulta invece dall’indice 2015. Sappiamo bene che il calcolo della corruzione resta una sfida aperta e che gli studiosi sono alla ricerca di metodi sempre più efficaci per misurarla. Resta il fatto che i risultati di Transparency raccontano una storia non dissimile da quella proposta da altre misurazioni e, soprattutto, che tra profezie che si autoavverano e circolarità delle fonti, la percezione della corruzione – che potrà anche fondarsi su esperienze più o meno dirette, sul sentito dire e persino sul pettegolezzo – non risulta però scollegata dalla realtà e, soprattutto, finisce per produrre effetti reali. Perciò siamo costretti a tenerne conto.
In assenza di solide alternative, l’indice di Transparency continua ad essere una delle misure più citate nei documenti istituzionali che orientano scelte politiche nazionali e internazionali. Basti qui ricordare, tra i più recenti, il report della Commissione Europea sulla corruzione del 2014, o il rapporto Ocse 2015 Curbing Corruption o, ancora, il report Doing Business della World Bank, che analizza tra 189 paesi al mondo le norme che favoriscono od ostacolano le attività di piccole e medie imprese. In Italia, le analisi della Corte dei Conti o di Confindustria. Tutti questi studi citano i dati della ong anticorruzione per fotografare l’esistente, prima di proporre a singoli Paesi e governi le ricette per modificarlo.
La pagella proposta ogni anno da Transparency è lo specchio della nostra reputazione nel mondo. Cattiva reputazione che diventa sempre più solida e duratura grazie a scandali e arresti, e che contribuisce a mantenere bassi i livelli di fiducia nei confronti del nostro Paese.
In tempi di “rating society”, dove interi nuovi mercati come quelli di Uber, Tripadvisor, Airbnb esistono solo grazie alle valutazioni dei clienti, in cui l’unica ragione per instaurare una relazione commerciale sembra dipendere dalle aspettative che si cristallizzano attorno al proprio interlocutore, avere una buona reputazione appare una risorsa quanto mai strategica.
Non è una novità, ma quanto la dimensione reputazionale stia diventando sempre più rilevante anche in Italia lo dimostra pure la riforma del sistema degli appalti approvata definitivamente in Senato lo scorso 14 gennaio, dove prevede per le imprese una valutazione in base ad un “rating di reputazione” che terrà conto del loro comportamento nei contratti precedenti. È in scenari come questo che possono affermarsi nuove imprese come la Mevaluate, progetto sostenuto dal ministero dell’Interno, attraverso il Comitato di sorveglianza sulle grandi opere (Ccasgo), Dia, Criminalpol e presidenza del Consiglio dei ministri, che promette di diventare una banca della reputazione per privati e imprese. Un progetto che, per farsi un’idea dei numeri, ha da poco pubblicato un bando per l’assunzione in Italia di 6mila consulenti reputazionali.
Insomma ci piaccia o meno, sia percepita o pretenda di essere oggettiva, la reputazione conta. E non lo si scopre oggi. Perciò per quanto impressionistica possa essere l’immagine dell’Italia offerta dall’indice di Transparency, non è possibile ignorarla o cercare migliorarla sparando sui risultati o i metodi utilizzati per raggiungerli. Per smaltirne una cattiva reputazione occorrono tempo e fatica. E, soprattutto, nessun passo falso.
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Rapporto corruzione 2015, Transparency: “Italia penultima in Unione europea e 61esima al mondo”
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Statue coperte per Rohani, Franceschini: “Né io né Renzi sapevamo”. Ma Sovrintendenza: “Chiedete a Palazzo Chigi”
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Roma, 11 gen. (Adnkronos) - "Dialogo, rispetto, lungimiranza, solidarietà. Quante cose è stato David Sassoli e quante sue qualità ogni giorno ci mancano. A tre anni dalla sua scomparsa resta però chiaro e forte il suo lascito, e di conseguenza la nostra responsabilità per far proseguire il suo prezioso lavoro sui temi sociali, su quelli dei diritti e ancora le migrazioni, la cooperazione con i paesi africani e mediorientali, la lotta al cambiamento climatico, il sostegno alla cultura e alla ricerca e una politica estera di incontro e di pace". Così la segretaria del Pd Elly Schlein.
"Le sue parole, nell’ultimo messaggio, suonano ancora oggi come una strada tracciata sulla quale continuare a lavorare: 'Abbiamo lottato accanto a chi chiede più democrazia, più libertà, accanto alle donne che chiedono diritti e tutele. A chi chiede di proteggere il proprio pensiero. Accanto a coloro che continuano a chiedere un’informazione libera e indipendente. Abbiamo finalmente realizzato, dopo anni di crudele rigorismo, che la disuguaglianza non è né accettabile né tollerabile, che vivere nella precarietà non è umano'. Questi erano i suoi valori e, caro David, sono anche quelli che guidano anche oggi i nostri passi".
Roma, 11 gen. (Adnkronos) - “Tre anni fa ci lasciava David Sassoli. Il suo sorriso, la sua umanità, la sua passione europeista, il suo impegno a favore dei più fragili, è ogni giorno fonte di ispirazione politica ed ideale per tutti noi". Lo afferma Piero De Luca, capogruppo del Pd nella commissione Affari europei della Camera.
"Di fronte alle crisi del nostro tempo, è fondamentale rafforzare l'Europa, per difendere al meglio i nostri Stati e i nostri cittadini. Abbiamo bisogno -aggiunge- di un'Europa che non lasci nessuno indietro, che difenda i suoi valori fondanti di pace, democrazia e stato di diritto. Un'Europa sempre più sicura e autorevole a livello internazionale, sempre più sociale e solidale, sempre più autonoma da un punto di vista economico ed industriale, sempre più sostenibile ed avanzata rispetto alla duplice transizione ambientale e digitale. Abbiamo bisogno di eliminare veti e sconfiggere sovranismi deleteri, con l'obiettivo fondamentale di continuare a seguire il 'sogno pionieristico dei fondatori' e porre le basi per costruire davvero degli Stati Uniti d'Europa”.
Roma, 11 gen. (Adnkronos) - “Ritardi e cancellazioni anche oggi. Trenitalia suggerisce di evitare spostamenti. E intanto l’unico spostamento che interessa al ministro Salvini è il suo, al ministero degli Interni". Lo afferma la segretaria del Pd, Elly Schlein.
"Il peggior ministro dei Trasporti della storia -aggiunge- che si preoccupa solo di come passare da una poltrona all’altra mentre l’Italia non riesce a muoversi per viaggiare, andare a lavorare o a studiare. Un disastro".
Roma, 10 gen. (Adnkronos) - Che il governo abbia impugnato la legge campana per il terzo mandato, "non cambia nulla" per Vincenzo De Luca. In una affollata conferenza stampa a Napoli, il governatore mette in chiaro che non si dimetterà, andrà avanti e promette battaglia. Una battaglia "di civiltà" contro una norma ad personam e che, annuncia, porterà "in tutta Italia". Sta pensando a un nuovo partito? Dalle parti del Pd in molti l'hanno intesa così. "Oggi non ha parlato alla Campania, ma al Paese. Vuole farsi un partito personale". E a chi dal centrodestra sollecita a espellere De Luca, la risposta è netta: "Espellerlo? Non gli faremo questo favore, si è messo fuori da solo".
I dem, al contrario di De Luca, scommettono che la Consulta darà ragione al governo, che il governatore non potrà ricandidarsi e che saranno in pochi a seguirlo nella sua avventura. Almeno questo è l'auspicio. Intanto oggi alla conferenza stampa a Napoli erano presenti quasi al completo tutti i suoi consiglieri in regione. Ma da Roma si ribadisce che la linea non cambia: "La posizione del Pd - dice in tv Igor Taruffi della segreteria Schlein - è molto chiara sul terzo mandato ed è che non ci possono essere terzi mandati per chi ricopre incarichi monocratici come presidente di Regione o sindaci di città italiane. Noi riteniamo che anche in Campania sia normale e fisiologico trovare un ricambio".
Che questo 'ricambio' possa essere fatto con De Luca al tavolo ad oggi è storia superata. Osserva Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli: "Si poteva evitare di arrivare a questo. La soluzione si poteva trovare per via politica, come avvenuto in altre Regioni, trovando una composizione in cui tutti i protagonisti in campo, a partire dal presidente De Luca, avessero un ruolo nella scelta di rinnovamento".
Le cose non sono andate così. E ora il Pd guarda oltre e prepara le prossime regionali. Anche i 5 Stelle si stanno muovendo: siamo "pronti a lavorare con tutte le forze politiche del fronte progressista", dicono oggi in una nota. E' attesa la convocazione di un tavolo regionale. Perimetro della coalizione, programma e candidato presidente, i prossimi passaggi. Roberto Fico, lo stesso Manfredi sono già nel toto nomi, mentre c'è chi ipotizza un civico che metta d'accordo tutti. Sarà tema delle prossime settimane.
Da parte sua De Luca ne ha per tutti. Per la destra della premier Giorgia Meloni che lo teme: la decisione del governo di impugnare la legge campana è "dettata dalla paura, la paura degli elettori e forse anche di De Luca". Il governatore ne ha anche per il Pd. Non dice nulla su Schlein, benché sollecitato in conferenza stampa, ma lancia un affondo contro Stefano Bonaccini che, tra l'altro, è il punto di riferimento di Energia Popolare, l'area di cui il figlio del governatore, il deputato Piero De Luca, è uno dei coordinatori. "Mi stanno facendo notare che l'ex presidente dell'Emilia-Romagna sta parlando molto in questo periodo, trasmettendo l'idea che ha rinunciato con un atto di grande generosità. Lui, diversamente da chi parla. In Emilia-Romagna il presidente uscente non si poteva ricandidare perché la legge elettorale è diversa".
Una "insopportabile ipocrisia", attacca De Luca. Se la prende anche con il collega di partito Andrea Orlando: "Qualche mese fa si è candidato alla presidenza della Liguria un esponente politico del Pd che ha 5 mandati parlamentari e per tre volte è stato ministro: nessuno ha detto niente". E cita pure il presidente Sergio Mattarella: "In Italia non hanno limite al mandato i deputati, i senatori, i ministri, i sottosegretari, i viceministri, il presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica, che alla fine del nuovo mandato sarà stato presidente della Repubblica per 14 anni. Dunque, non c'è nessun vincolo temporale per nessuno, tranne che per uno".
De Luca scommette che la Consulta gli darà ragione: "Abbiamo la sensazione che finirà come con la legge sull’autonomia che è stata smantellata”. E quindi annuncia "una grande campagna di iniziativa politica. Sfideremo a un dibattito pubblico quelli che hanno assunto la decisione di contestare la nostra legge. Faremo qui e in tutta Italia una battaglia di civiltà e di libertà. Utilizzeremo i mesi che abbiamo davanti per promuovere una grande esperienza democratica nel nostro Paese. Saranno mesi di impegno civile, di battaglia democratica". Dice che può essere considerato uno di quelli che "Ignazio Silone chiamava cristiani assurdi, quelli per i quali il Vangelo non è una scrittura ma una testimonianza di vita". E garantisce: "Ci muoveremo, dunque, da cristiani assurdi e faremo appello, con grande umiltà, ai nostri concittadini di andare avanti e chiederemo loro di essere protagonisti del loro futuro".
(Adnkronos) - Cambiano di nuovo le pagelle alla scuola primaria. Novità anche alle medie. Alle elementari tornano i giudizi sintetici, mentre per quanto riguarda le medie il voto in condotta si esprimerà in decimi con un peso sulla promozione di fine anno. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha firmato l'ordinanza che definisce le modalità di valutazione periodica e finale degli apprendimenti degli studenti della Scuola primaria e del comportamento degli studenti della Scuola secondaria di primo grado.
A decorrere dall’anno scolastico 2024/2025, nella scuola primaria dunque la valutazione sarà espressa attraverso giudizi sintetici, da 'Ottimo' a 'Non sufficiente', correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento raggiunti per ciascuna disciplina, compreso l’insegnamento dell’educazione civica. Per la scuola secondaria di primo grado, la valutazione della condotta degli studenti sarà espressa in decimi: coloro che otterranno un punteggio inferiore a 6/10 non saranno ammessi alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo.
“Questa riforma segna un passo importante verso un sistema educativo più chiaro e trasparente, volto alla crescita formativa degli studenti - ha dichiarato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara - L’introduzione dei giudizi sintetici nelle Scuole primarie, molto più comprensibili dei precedenti livelli, permette infatti di tracciare con maggiore chiarezza il percorso formativo degli alunni, migliorando la comunicazione con le famiglie e al tempo stesso l’efficacia della valutazione. Il voto di condotta nella Scuola secondaria di primo grado mira a rafforzare la responsabilità individuale e il rispetto delle regole. Un'attenzione particolare sarà riservata alla valutazione degli studenti con disabilità e con disturbi specifici dell'apprendimento, assicurando così un approccio inclusivo e personalizzato alle necessità di ogni singolo alunno”. Le scuole avranno tempo fino all'ultimo periodo dell'anno scolastico in corso per adattarsi alle nuove disposizioni e assicurarsi che le famiglie siano pienamente informate.
"L'annuncio del ministro Valditara della pubblicazione dell'ordinanza ministeriale sul nuovo sistema di valutazione non coglie di sorpresa ma indigna profondamente la scuola italiana. Nonostante l'allarme espresso negli ultimi mesi da autorevoli esponenti del mondo della pedagogia democratica, le critiche delle organizzazioni sindacali e delle associazioni professionali, il ministro dell’Istruzione e del Merito ha finalizzato un provvedimento di stampo sanzionatorio e punitivo, dimostrando di non credere nel potenziale dell'educazione e dell'istruzione come strumenti di prevenzione del disagio e dell'insuccesso scolastico". Lo si legge in una nota della Flc Cgil.
"Secondo la logica ministeriale, ispirata coerentemente alla nota pedagogia del merito e dell'umiliazione, i giudizi sintetici nella scuola primaria sanciscono difficoltà e carenze, privando la valutazione della funzione di miglioramento dei processi di insegnamento e apprendimento. - continua la nota - Si decreta, inoltre, che la scuola, nella fase delicata della pre-adolescenza, non ha strumenti per educare al rispetto delle regole e del bene comune se non ricorrendo a votacci e bocciature".
"Come Flc Cgil, siamo certi che la scuola, nel suo complesso, abbia molte più risorse educative di quanto Valditara creda e che saprà reagire a questo suo ennesimo svilimento, mettendo in campo e potenziando le buone pratiche che consentono di agire in un'ottica formativa e non punitiva. II Ministro se ne faccia una ragione e pensi piuttosto a trovare le risorse per il rinnovo del contratto 2022/2024 e per riconoscere e valorizzare le professionalità, oltre che per investimenti nella scuola statale che mettano nelle condizioni di lavorare al meglio nell'interesse delle nuove generazioni e del Paese", conclude la nota di Flc Cgil.
Roma, 10 gen. (Adnkronos) - Pareggio tra Lazio e Como allo Stadio Olimpico 1-1. Nell'anticipo valido per la 20esima giornata del campionato di Serie A a segnare per i biancocelesti è stato Boulaye Dia al 34esimo minuto del primo tempo. Nel secondo tempo, con una Lazio ridotta in dieci, è arrivato il gol del pareggio di Patrick Cutrone al 72esimo minuto. Per la Lazio al 58esimo minuto è stato espulso Loum Tchaouna.
Con questo pareggio la Lazio conferma il quarto posto in classifica con 36 punti allungando temporaneamente sulla Juventus che conta però due partite da giocare. Il Como, invece, aggancia con 19 punti al quattordicesimo posto il Parma e il Verona.
Roma, 10 gen. (Adnkronos) - "Io voglio incontrare Oseghale ma a certe condizioni e con la garanzia che non abbia sconti di pena". Così Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne romana che si allontanò da una comunità di Corridonia (Macerata) e i resti della quale furono ritrovati chiusi in due trolley il 30 gennaio 2018. "Avevamo iniziato un percorso per arrivare a un incontro" con lui, spiega la donna, ma "la notizia del ricorso straordinario presentato dai suoi avvocati è stata per me una pugnalata, un tradimento".
"Spero che i giudici si mettano una mano sulla coscienzae rigettino questo ricorso", ha quindi affermato all'Adnkronos Alessandra Verni in vista della nuova udienza in Cassazione, giovedì 16 gennaio, in seguito a un ricorso straordinario presentato dalla difesa di Innocent Oseghale, condannato in via definitiva, perché venga rimessa in discussione l'accusa di violenza sessuale e sia revocata quindi la pena dell'ergastolo.
La mamma di Pamela, intervenuta alla presentazione del libro di Francesca Totolo 'Le vite delle donne contano - Lola, Pamela e Desirée: quando l'immigrazione uccide', ha precisato: "Io non ho mai parlato di perdono. Ho chiesto un incontro con Oseghale perché ho bisogno di guardarlo e dirgli tutto ciò che ha causato e provocato a me, alla mia famiglia". "Ho chiesto un incontro sperando si potesse pentire e dire la verità rispetto a quello che è successo", ha aggiunto.
Giovedì all'udienza davanti alla Cassazione "ci saranno persone a sostenere la causa di Pamela e di tutte le vittime perché se per un caso così efferato si riesce ad arrivare a una terza Cassazione, figuriamoci per altri casi". Per questo ha invitato tutti, anche nelle altre città, a chiedere giustizia per la figlia: "Facciamo rumore anche per Pamela", chiede.